Bosilegrad, se l’accoglienza rafforza la coesione sociale
Una cittadina al confine tra Serbia e Bulgaria dove è stato installato un centro di accoglienza di rifugiati. Che non ha trovato l’opposizione della comunità locale, tutt’altro
Bosilegrad è una cittadina al confine sud-orientale della Serbia, con una forte maggioranza bulgara fra i suoi abitanti (di cui avevamo parlato qui). Ultimamente si è trovata al centro dell’attenzione perché la popolazione locale ha dimostrato un atteggiamento di apertura verso i migranti redistribuiti sul territorio serbo dopo la chiusura della "rotta balcanica". Qui infatti è stato da poco istituito un Centro di Accoglienza che ospita circa settanta fra rifugiati e richiedenti asilo e il sindaco Vladimir Zaharijev ha dichiarato che la comunità è pronta a ricevere anche un maggior numero di persone, se necessario.
Abbiamo parlato con il primo cittadino e con Milka Ðurdević, la rappresentante della ONG tedesca Help (coinvolta nei lavori di ristrutturazione del centro di accoglienza) per capire meglio come si sia generata un’esperienza così significativa all’interno di un contesto che invece vede spesso frizioni e controversie, nel panorama politico e non da ultimo fra la popolazione locale.
Bosilegrad sembra essere una cittadina molto attiva nell’accoglienza. Ci potete raccontare come si è arrivati a questa fase e come nasce il centro che oggi ospita circa una quarantina di rifugiati e richiedenti asilo?
Ivan Zaharijev: La proposta di ristrutturazione di spazi d’accoglienza per rifugiati e richiedenti asilo nasce direttamente da me e dall’amministrazione cittadina di Bosilegrad. Si tratta di un ex-ospedale ormai inutilizzato. Nell’autunno scorso ci siamo incontrati a Belgrado con alcuni rappresentanti del governo e dell’UNHCR per discutere di come rendere nuovamente agibili gli spazi e utilizzarli per gestire l’accoglienza. Oggi sono presenti 70 persone, fra cui 17 minori. Si tratta di persone che hanno fatto domanda di asilo in Serbia e che vengono distribuite sul territorio dall’UNHCR.
È chiaro che per Bosilegrad un tale processo rappresenti anche un’occasione di sviluppo: innanzitutto ci consente di rimettere in funzionamento infrastrutture inattive sul territorio, con tutto il corollario dei servizi ad esse legati, dalla manutenzione e potenziamento della rete idrica a un miglioramento della gestione dei rifiuti. Ma soprattutto è una straordinaria opportunità di progresso sociale: la sfida è quella dell’integrazione, per la quale ci siamo mossi organizzando eventi di incontro fra la cittadinanza e i rifugiati, come è il caso di feste folkloristiche che vedono inviti e partecipazione da tutta la regione balcanica, e cercando possibilità di inserimento in attività già esistenti, come per un giovane giocatore di calcio afghano che ora milita nella squadra locale.
Milka Ðurdević: Fin dalle prime fasi della “crisi migratoria” in Serbia, iniziata durante l’estate del 2015, un’enorme massa di persone si trovava ad attraversare il confine con la Bulgaria nel sud-est della Serbia, passando solo temporaneamente da Bosilegrad. Nell’area, tuttavia, si presentavano numerose criticità: Bosilegrad è una cittadina di frontiera con un pochi servizi e poche infrastrutture, in cui addirittura la stazione della polizia era senza un sistema di riscaldamento funzionante.
Per questo, a novembre dello stesso anno, sono state prese delle misure volte a migliorare le condizioni dei migranti nella zona e noi, in qualità di ONG, abbiamo ricevuto alcuni finanziamenti dall’Unione Europea per collaborare col governo serbo e implementare tali misure. Così a gennaio 2016 abbiamo iniziato a Bosilegrad i lavori per ristrutturare il Centro di Transito della città, in cui i migranti diretti verso ovest si fermavano due o tre giorni, e la stazione di polizia, dove venivano completate le procedure di registrazione. Con la chiusura della rotta balcanica, il numero delle persone che attraversavano la frontiera è drasticamente diminuito e la situazione si è modificata: il Centro di Transito è diventato ora un vero e proprio Centro di Accoglienza e il governo ha intrapreso una redistribuzione di migranti e richiedenti asilo su tutto il territorio nazionale.
Oltre a essere molto piccola, Bosilegrad si trova in una posizione periferica. Questo genera difficoltà nella gestione dell’accoglienza? Le amministrazioni locali dovrebbero avere maggiori poteri a riguardo?
Milka Ðurdević: Ci siamo occupati di analoghi interventi di ristrutturazione anche in altre zone della Serbia e devo dire che nel caso di Bosilegrad la collaborazione con l’amministrazione cittadina si è svolta nel migliore dei modi. Abbiamo chiuso tutte le procedure burocratiche e ottenuto tutti permessi per i lavori nell’arco di una settimana, una tempistica sorprendentemente breve per il contesto serbo. Lo stesso sindaco Vladimir Zaharijev ha partecipato attivamente al processo e ci ha supportati costantemente.
È interessante notare come si possano osservare reazioni e atteggiamenti molto simili nelle comunità composte principalmente da minoranze, come possono essere i bulgari di Bosilegrad o i bosgnacchi. In queste comunità, infatti, non solo i rapporti con le autorità cittadine sono sempre stati ottimali, ma anche gli abitanti si sono dimostrati aperti e collaborativi. Anche sulla scorta di una tale attitudine della popolazione, a Bosilegrad esistono numerose iniziative di integrazione che coinvolgono sia locali che rifugiati e richiedenti. In altre zone si sono verificati piccoli conflitti e tensioni. Va comunque detto che si tratta di quantità esigue: Bosilegrad ospita attualmente circa 70 persone e la metà di queste intende uscire dalla Serbia.
Ivan Zaharijev: Certamente potrebbe essere utile che i centri locali avessero un maggiore potere nel gestire l’accoglienza, soprattutto in termini di risorse. Noi siamo sempre alla ricerca di donatori e finanziamenti con cui portare a termine nel più breve tempo possibile i lavori di rimessa a nuovo e potenziamento delle infrastrutture. Va comunque detto che riceviamo un supporto totale da parte del governo centrale e che c’è dunque uno sforzo condiviso per garantire un’accoglienza dignitosa a tutti. Riceviamo regolarmente visite da funzionari governativi e anche il Ministro della Difesa Vulin è venuto nella cittadina, dichiarandosi veramente soddisfatto di come si sta svolgendo la ricezione.
Non da ultimo esiste già una discreta rete di ONG operanti da anni nell’area di Bosilegrad, in particolar modo nel settore dell’agricoltura, che costituiscono un notevole tessuto di supporto all’accoglienza.
Grazie a questo insieme di collaborazioni è stato possibile organizzare prontamente corsi di lingua per rifugiati e richiedenti asilo, nonché numerose attività ricreative in particolar modo rivolte ai minori.
Una tale attenzione potrebbe ingenerare processi di sviluppo più ampio per l’area di Bosilegrad?
Milka Ðurdević: Quella di Bosilegrad è un’area povera, che si trova ad affrontare grossi problemi di disoccupazione e spopolamento. L’accoglienza dei migranti è dunque vista come un’opportunità per lo sviluppo: è innegabile che ora la zona stia ricevendo un’attenzione maggiore che in passato e questo può certamente portare degli effettivi collaterali positivi per la società e l’economia locali.
Ciò detto, è comunque presto per poter fare delle previsioni. Come spiegato in precedenza, metà delle persone accolte è intenzionata a lasciare la Serbia e i numeri sono in diminuzione su tutto il territorio nazionale. Non è perciò da escludere che il Centro possa essere chiuso, se le spese arrivano a eccedere i benefici del servizio offerto. Ecco anche perché concentrarsi sull’accoglienza di una maggiore quantità persone e sul processo di integrazione si rivela importante al momento, per non perdere un’esperienza che possa fungere da propulsore dello sviluppo.
Non tutti sono però favorevoli a questo tipo di dinamiche…
Ivan Zaharijev: Il mio punto di vista è questo: se c’è qualcuno che ha bisogno di aiuto, dobbiamo essere pronti a fornirlo. Non penso in alcun modo che accogliere rifugiati e richiedenti asilo cambierà in negativo la struttura della comunità di Bosilegrad, al contrario ne rafforzerà la coesione.
È vero, esistono alcune persone e alcuni politici che si oppongono all’immigrazione e ai progetti che riguardano l’accoglienza solo per un proprio tornaconto. Ma la popolazione di Bosilegrad e tutta la giunta comunale sono unite nell’essere solidali con chi oggi chiede di essere accolto. Sono fiero di ritrovarmi a capo di questa comunità in un momento così particolare, quando vado in visita al centro di permanenza provo un senso di fratellanza che mi accomuna alle persone che vi sono ospitate.