Turchia: due insegnanti e la repressione di stato

Continua la tragica odissea legale di Nuriye Gülmen e Semih Özakça, i due insegnanti in carcere da maggio e in sciopero della fame da più di sei mesi. Chiedono solo indietro il loro posto di lavoro

18/09/2017, Dimitri Bettoni - Istanbul

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Nuriye Gülmen e Semih Özakça

Nessuna libertà per Nuriye Gülmen e Semih Özakça, due insegnanti in carcere dal 23 maggio scorso dopo aver condotto mesi di proteste per riottenere il posto di lavoro. I giudici hanno deciso che persiste il rischio di fuga, nonostante i due siano gravemente provati da uno sciopero della fame lungo 191 giorni iniziato l’11 marzo scorso, due giorni dopo il loro primo arresto. I medici vicini ai due insegnanti – dopo averli visitati – hanno riferito di condizioni di salute ormai critiche. Gli appelli di avvocati e società civile per la loro scarcerazione continuano tuttavia a cadere nel vuoto.

Così era accaduto anche l’agosto scorso, quando la Corte europea dei diritti umani aveva, con una decisione sorprendente, rigettato il ricorso presentato dai legali perché a suo avviso non vi sarebbe stato un pericolo tangibile ed immediato per la vita dei due. “Una decisione che un giorno verrà ricordata con vergogna”, era stato il commento a caldo degli avvocati.

La prima udienza del processo si è tenuta giovedì scorso presso la 19a corte penale di Ankara. Le accuse che pendono sul capo dei due docenti sono tanto pesanti quanto consuete nella Turchia di oggi: associazione t[]istica, propaganda in favore del t[]ismo, infrazione della legge su dimostrazioni di piazza e assemblee. Secondo la procura i due avrebbero legami con il DHKP-C, un gruppo militante armato di sinistra.

Nuovo scandalo è stato gettato sul caso anche dalla decisione della gendarmeria di non portare Semih e Nuriye in aula di tribunale. La polizia avrebbe citato ragioni di carenza di personale, anche secondo quanto testimoniato da uno dei parlamentari presenti all’udienza, Barış Yarkadaş del partito repubblicano CHP. È lui a riportare le parole della gendarmeria: “Non abbiamo abbastanza uomini, se li conducessimo qui, li lasceremmo fuggire”.

Questo nonostante le condizioni di salute dei prigionieri, che molti ritengono la corte non abbia voluto mostrare in pubblico. I due docenti avevano manifestato la loro volontà di essere presenti davanti ai giudici lo scorso 4 settembre, attraverso un comunicato sui social media. In aula c’erano anche altri parlamentari dei partiti d’opposizione CHP e HDP.

L’arresto dei legali

Assenti all’udienza, come Semih e Nuriye, erano però anche dieci dei legali che li avrebbero dovuto rappresentare. A due giorni dal processo una retata della polizia li ha condotti in carcere, mentre venivano perquisite anche le sedi dell’Ufficio Legale Popolare (Halkin Hukuk Burosu, HHK), associazione di cui fanno parte. L’HHK ha rilasciato immediatamente un duro comunicato stampa, denunciando che le autorità “…vogliono lasciare Nuriye e Semih senza difesa legale”,

Ma ad Ankara il mondo dell’avvocatura ha cercato di dare una risposta: giovedì scorso oltre mille avvocati si sono presentati al palazzo di giustizia: tra questi, duecento sarebbero riusciti a presenziare all’udienza, ma fuori e dentro il palazzo si sono registrati momenti di tensione e scontri, quando il giudice che presiedeva l’udienza ha rifiutato l’ingresso ad alcuni di essi e la polizia ha sgomberato la zona immediatamente all’esterno dall’aula del processo.

Scontri anche fuori dal palazzo di giustizia, con la polizia che è ricorsa all’uso di gas lacrimogeni per disperdere i manifestanti che si erano raccolti per sostenere Nuriye e Semih. La polizia avrebbe anche arrestato alcuni di loro. Su internet circolano immagini e foto di manganellate e persone allontanate di peso.

Nel frattempo è arrivata una nuova decisione dei giudici, che hanno negato il rilascio dei due docenti e fissato una nuova udienza per il 28 settembre nel campo di detenzione di Sincan.

La battaglia di Semih e Nuriye

Semih e Nuriye conducono la loro battaglia dall’anno scorso, quando furono allontanati dal loro posto di lavoro in seguito al tentato golpe di luglio. Accademica dell’università Selcuk di Eskisehir lei ed insegnante di letteratura della scuola elementare di Mazidagi a Mardin lui, a partire da novembre avevano iniziato un sit-in di protesta ad Ankara, accanto ad un monumento dedicato ai diritti umani. L’area era diventata meta di persone e movimenti solidali con i due docenti, che hanno fatto del reintegro sul posto di lavoro per sé e per le migliaia di persone coinvolte nelle purghe la propria lotta.

Le autorità avevano sgomberato più volte la zona, incarcerando e rilasciando Semih e Nuriye frequentemente, fino all’arresto definitivo il 23 maggio scorso. A gennaio due decreti d’urgenza legati allo Stato di Emergenza avevano nel frattempo sancito il loro licenziamento, e con esso la sordità delle istituzioni al loro appello, confermata dalla decisione dei giudici di ieri. 

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