Nenad Veličković: ridere per vincere il nazionalismo
Scrittore e docente bosniaco, Nenad Veličković ha fatto della satira letteraria una vera e propria arma di difesa contro la degenerazione nazionalistica. Riceviamo e volentieri pubblichiamo
Lo shock vissuto dalla Jugoslavia vent’anni fa dovuto al crollo identitario legato al sentimento di appartenenza ad un paese che cessa di esistere e al passaggio violento ad un altro sistema geopolitico è l’argomento centrale delle poesie satiriche dello scrittore e professore bosniaco Nenad Veličković. Quest’ultimo si è trovato ad annotare con lucidità e sensibilità tutte le fasi della turbolenta modernità di un paese così eccezionale quanto emblematico come la Bosnia Erzegovina.
Veličković è autore di "Diario di Maja, un’adolescenza a Sarajevo", "Il padre di mia figlia", "Sahib", romanzi da cui emerge chiara e impattante la carica di violenza che tanto ha influito sulla vita dell’autore e della Bosnia: parliamo della guerra, dell’assedio di Sarajevo, della colonizzazione del paese da parte dell’occidente. Opere inevitabilmente permeate da cinismo e depressione in cui tuttavia domina il lieto fine in un crescendo di commozione legata alla consapevolezza che nemmeno le condizioni più disumane e atroci sono sufficienti ad impedire la vita e l’umano e naturale attaccamento ad essa.
Meno note dei romanzi sono le sue sperimentazioni poetiche, raccolte in Izdržite još malo nećete još dugo. Poezija remontizma (Resistete ancora un po’, non lo farete ancora per molto. Poesia del remonticismo.). Si tratta di un’opera interessantissima non solo perché si indaga sulla reazione della Bosnia alla sua transizione e sulla condizione attuale di chi cerca di far fronte a tutto ciò che è stato ma si trova bloccato in meccanismi più grandi spesso insormontabili – come l’assetto politico e istituzionale tripartito su base etnica, l’isteria religiosa e nazionalista per riempire il vuoto identitario, le privatizzazioni – ma anche e soprattutto per il processo letterario seguito per rappresentare tale situazione di stallo. A cominciare dal concetto di remontizam che compare nel titolo e che traduciamo con il termine remonticismo.
In bosniaco remontizam è una parola che deriva dalla radice remont che letteralmente significa ripristino, riparo; il concetto è proprio quello di aggiustare e sistemare le parole che hanno dato vita a ideologie malate e sbagliate come quelle nazionaliste. Così Romantizam (il Romanticismo) che ha dato libera espressione per la prima volta a tale forte sentimento di appartenenza ad una nazione, diventa con il cambiamento di una sola vocale Remontizam (Remonticismo). Si tratta di un gesto forte e degno di essere osservato, il tentativo di distruggere la piaga del nazionalismo a colpi di lettere e sillabe, attraverso l’abile utilizzo di espedienti narrativi e giochi di parole. La prima volta tale tecnica fu usata da Predrag Lucić, Viktor Ivančić e Boris Dežulović durante gli anni della guerra quando nel 1993 a Spalato fu ideato il settimanale satirico Feral Tribune per contrastare il nazionalismo dilagante, la xenofobia e il razzismo che l’indipendenza croata aveva portato con sé.
La scoperta di tale raccolta poco nota diventa la scusa per annoverare Veličković tra i rappresentanti di quella che possiamo definire come la generazione ingannata degli scrittori nati nel periodo d’oro della Jugoslavia, gli anni Sessanta e Settanta, traditi sia dagli ideali di fratellanza e uguaglianza socialisti, sia da quelli democratico-capitalisti. La raccolta poetica dell’autore sembra nascere dalla necessità di far arrivare alla propria generazione e alla società cui appartiene l’urgenza di reagire al ristagno dovuto ad una modernizzazione forzata, ad un sistema che si rivela sempre più impossibile da migliorare.
Abbiamo intervistato l’autore proprio su questa raccolta idi poesie, a distanza di quattordici anni dalla sua pubblicazione.
Crede che la sua opera “Resistete ancora un po’, non lo farete ancora per molto. Poesia del remonticismo” sia un buon esempio di reazione al ristagno di un sistema bloccato nell’impossibilità del progresso, come il sistema capitalista?
Si tratta di un libro non sufficientemente voluminoso per poter essere considerato esempio di una critica così seria. Assieme ad altre opere di altri autori, soprattutto quelle di Predrag Lucić, è esempio di come la parodia e la satira possono reagire ai numerosi risultati negativi della transizione.
Com’è arrivato alla scelta di dare proprio questa forma alle sue parole? Come ha scelto il “remonticismo”? Quali sono state le reazioni?
L’idea non è nuova, hanno fatto la stessa cosa i satiristi anche in passato, Vinaver è l’esempio migliore anche se la sua Pantologija non era impegnata nello stesso modo. Non c’è stata reazione, a parte durante le letture dal vivo, dove al pubblico generalmente è piaciuto. Alcuni testi sono stati presi da alcuni musicisti conosciuti e tali canzoni sono diventate delle hit per un certo periodo.
Ora, dopo quattordici anni dalla pubblicazione di “Poezija remontizma” l’immagine della sua terra è sempre quella che si legge nelle sue parole di allora? Cos’è cambiato?
Mi sembra che non sia cambiato nulla, si conferma solo ciò che è stato scritto prima. Questo è normale, perché la transizione dal socialismo al capitalismo non è finita. Forse alcune cose ora sono solo più chiare ed evidenti.
Per chi come lei è riuscito a trovare la risposta nelle parole cosa significa essere scrittore? Qual è il compito della letteratura?
Sono sicuro che la letteratura abbia più di un compito, anche se questa parola – compito – non è adeguata in tutti i casi. La letteratura che scrivo io “ha il compito” di fissare la realtà (che cambia in continuazione) e di provare a rivelare ciò che sono io in questa realtà. Questa è la domanda che pongo a me stesso, e a cui la letteratura mi aiuta a rispondere. La letteratura è il mezzo con cui penso a me stesso nel mondo. Ovviamente cerco che tale IO sia sufficientemente astratto perché in esso possa riconoscersi anche il lettore.