Silenzio elettorale
L’esordio nel poliziesco di Drago Hedl, uno dei più grandi giornalisti investigativi dei Balcani. Una recensione
Drago Hedl, uno tra i più noti giornalisti investigativi croati e corrispondente di guerra, oltre che dell’Osservatorio dei Balcani e del Caucaso, anche di grandi testate internazionali come il Guardian e il Times, esordisce come scrittore di gialli con “Silenzio elettorale” (Izborna šutnja), edito in Italia da Marsilio nella bella traduzione della spalatina Estera Miočić.
Il romanzo di Hedl s’inserisce nella già vivace produzione di gialli in Croazia, dove fin dagli anni Cinquanta erano apparse opere appartenenti a questo genere letterario, e più ancora in quello dei gialli che, oltre a rispettare i canoni dell’indagine e del mistero intorno a uno o più omicidi, affrontano i temi della corruzione e del malessere sociale.
Con “Silenzio elettorale”, ambientato ad Osijek, la bella città della Slavonia cresciuta sulle sponde del fiume Drava (e non lontano da Danubio), siamo alla vigilia delle elezioni politiche in Croazia. Il racconto s’incentra su tre personaggi principali, un uomo politico, Ivan Horvatić, così in crescita di consensi che, in caso di vittoria del suo partito, si dà per candidato a ricoprire la carica di ministro dell’Interno; Vladimir Kovać, un ispettore di polizia poco ortodosso nei metodi tanto più ora che il suo umore è guastato dalla richiesta di divorzio da parte della moglie che, innamoratasi di un altro uomo, non vuole più saperne di lui; e Stribor Kralj, un giovane cronista investigativo, felicemente sposato, bravo e apprezzato collaboratore del quotidiano di Osijek, ma con un rapporto contrattuale così precario da non renderlo per niente sereno economicamente nella prospettiva del figlio che gli sta per nascere.
Una mattina accade che un pescatore trovi sulle rive della Drava il corpo di una ragazzina, al momento della scoperta e per alcuni giorni sconosciuta finché, grazie alla testimonianza della sua migliore amica Sanja, che ha visto la foto sul giornale, non si saprà essere Ivana Borovac di 14 anni, una orfana del locale orfanotrofio che aveva l’abitudine di sparire per qualche giorno per poi tornare all’ovile. La morte, che in un primo momento era stata rubricata come suicidio, si scoprirà invece essere un omicidio: un’ipotesi che poco dopo verrà avvalorata anche da due fatti, il primo che la ragazza era una nuotatrice provetta e il secondo che, all’analisi autoptica, la ragazzina risulterà essere incinta.
Come non pensare che sia quello il movente di chi l’ha fatta fuori? E’ una pista che ben presto sia Stribor Kralj, che è stato incaricato del caso da parte del giornale, che l’ispettore Kovać, fanno propria e che entrambi perseguono, trovandosi a fianco idealmente, e non solo. Il giornalista infatti, diffidente della polizia che vorrebbe chiudere prima possibile e in qualunque modo il caso, si rapporta solo con lui, passandogli tra l’altro un elemento molto prezioso: il telefonino della vittima che Stribor ostinatamente si era messo a cercare lungo la riva della Drava nei pressi in cui la ragazzina era stata trovata. Intanto, nei suoi comizi, Ivan Horvatić tuona contro la lentezza della polizia nelle indagini, prendendosela con il capo della questura di Osijek e promettendo una nuova nomina al suo posto, quando sarà ministro dell’interno. Una posizione, la sua, che diventerà ancora più critica quando una seconda morte, quella di Sanja, la migliore amica di Ivana, seguirà alla sua. Anche in questo caso si è fatto in modo di mascherare la morte della ragazzina come causata da un’overdose di droga. Ma Kralj e Kovać sono ormai troppo prevenuti e scafati per crederci. Così si mettono a cercare nella vita delle due ragazzine. Cosa facevano quando prendevano il largo dall’orfanotrofio? Dove andavano? Chi incontravano? Le indagini porteranno l’ispettore e il giornalista a un condominio, un grattacielo, con tantissimi appartamenti, dove i frequentatori molto spesso neppure si conoscono. Ivana e Sanja arrivavano lì in taxi e prendevano l’ascensore per recarsi a uno degli appartamenti. Una prima pista, che si rivelerà essere falsa, ma indicativa della natura ingenua quanto maliziosa delle ragazze, sarà quella dell’istitutore dell’orfanotrofio guardone che aveva lì una garçonnière amava fotografarle nude mentre si facevano la doccia. Ben presto però si intuirà che lui non c’entrava niente. Kovać comincia così a dannarsi per capire quale fosse il vero appartamento interessato. E lo scopre. Ed è a questo punto che il la tensione narrativa cresce, anche perché i due investigatori, da quel momento, non solo trovano sulla loro strada un mare di ostacoli, ma Kovać, rischia di essere ucciso a sua volta.
Se è nostro dovere non rivelare il seguito, è giusto però sottolineare la capacità di Drago Hedl di indirizzare (o, se si vuole, fuorviare) il lettore alzando via via la pressione della suspense fino al sorprendente finale che suona come una denuncia al malaffare, ai vizi e alla corruzione del Paese. Un sistema che in Croazia non meno che da noi ha i suoi adepti anche tra coloro che a parole sono bravi, ma che nei fatti si rivelano essere all’opposto.