Bulgaria: “whistleblower”, il fenomeno esotico

I whistleblower in Bulgaria sono rari perché vi è un basso livello di fiducia nelle istituzioni da parte non solo dei cittadini, ma anche di coloro che vi lavorano, come evidenziano anche i dati sociologici

15/01/2018, Mediapool -

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(Originariamente pubblicato da Mediapool , nostro media partner nel progetto ECPMF )

In Bulgaria non ci sono whistleblower nel senso classico del termine. Non è possibile che chi lavora per determinate istituzioni denunci abusi, mancando la fiducia nel fatto che la denuncia venga raccolta e che la persona che l’ha presentata sia protetta. Questo è quanto ha spiegato a Mediapool Nikolai Staikov, cofondatore e membro del consiglio di amministrazione del Fondo anticorruzione.

Un "whistleblower" è una persona che denuncia una presunta azione illegale, anti-etica o irregolare da parte di un governo o di un’organizzazione pubblica o privata.

Un’irregolarità può essere definita in molti modi: una violazione di una legge, di norme interne, di una regolamentazione o una minaccia diretta all’interesse pubblico o alla sicurezza nazionale, nonché un episodio di frode o corruzione.

In Occidente, i whistleblower sono spesso membri delle organizzazioni che denunciano. In Bulgaria, tuttavia, tali casi sono quasi inesistenti. "Se qualcuno, diciamo all’interno del sistema, decide di denunciare il sistema, allora quasi sempre lui/lei ha deciso, in un modo o nell’altro, di lasciare il sistema stesso", spiega Staikov.

Questo è il motivo per cui il Fondo anticorruzione, di cui è co-fondatore, ha lanciato un progetto pilota per formare alla prevenzione di corruzione e frodi. Secondo Staikov, le istituzioni stesse devono imparare a proteggersi dai reati. E quando sarà chiaro come farlo, allora i dipendenti stessi potranno farsi coraggio e segnalare le irregolarità. Al momento, questo viene fatto da singoli cittadini e organizzazioni non governative.

In Bulgaria non esiste alcuna protezione legale per i whistleblower

La Bulgaria è tra i paesi europei in cui non esistono tutele legali per chi segnala irregolarità e casi di corruzione. Il 24 ottobre 2017 il Parlamento europeo ha votato un’importante, sebbene non vincolante, mozione sulla necessità di un quadro giuridico UE per la protezione degli informatori. La necessità di tali regolamenti europei si è fatta più evidente in seguito a diversi scandali su larga scala, in particolare i “Luxembourg leaks” del 2014 in merito alle frodi fiscali di oltre 350 aziende in tutto il mondo, i "Panama Papers" del 2016 che hanno rivelato i conti off-shore di politici e personaggi famosi di tutto il mondo, lo scandalo doping in Russia prima dei Giochi olimpici del 2016 e i "Paradise Papers" pubblicati nel novembre 2017, che hanno rivelato altri paradisi fiscali di funzionari e società di alto livello.

Nonostante tali denunce siano riconosciute come importanti strumenti contro corruzione e frode, le persone che osano presentarle vanno incontro a gravi rischi professionali e personali. Questo vale soprattutto per paesi come la Bulgaria, dove le istituzioni incaricate di tutelare l’interesse pubblico sono in realtà al servizio di interessi privati, politici o commerciali.

Per questo motivo non sorprende che molte indagini nei media bulgari siano limitate a reati, scorrettezze e corruzione a bassi livelli, nonostante le principali critiche UE alla Bulgaria riguardino l’impunità della corruzione ad alti livelli. Quasi tutte le inchieste dei media che effettivamente denunciano la corruzione ad alto livello si basano su segnalazioni da parte di un’istituzione statale, quindi l’effetto positivo delle rivelazioni è oscurato dalla natura politica e strumentale della denuncia.

Un’altra tendenza evidente è che i media si astengono da un approccio critico al potere corporativo e sono ancora meno inclini a condurre indagini su episodi di negligenza e frode, tranne nei casi di grandi scandali o di coinvolgimento di politici. Ciò vale soprattutto per i grandi canali televisivi nazionali, i cui introiti pubblicitari dipendono fortemente dagli operatori mobili, ad esempio, le cui pratiche spesso causano danni ai consumatori.

Le denunce

Nei sei mesi dalla sua costituzione, il Fondo anticorruzione ha affrontato oltre 600 casi raccolti sulla base del monitoraggio dei media e delle segnalazioni ricevute, di cui circa 120 sono stati presi in carico dall’ufficio legale. Da giugno a novembre sono state inviate 80 petizioni in base alla legge sull’accesso alle informazioni (ZDOI) e 11 casi hanno ricevuto un parere legale con dati e fatti che destano sospetti per pratiche di corruzione relative a un totale di 19 istituzioni: la Procura, la Commissione per la prevenzione e accertamento del conflitto di interessi (KPUKI), l’Agenzia per il controllo statale e finanziario (ADFI), organismi di controllo sui programmi europei, ecc.

"Fino ad ora abbiamo 200.000 lev di sanzioni imposte dopo nostre segnalazioni su 10 appalti pubblici (o, per usare l’espressione di Bruxelles, "correzioni finanziarie"). Tra le figure coinvolte vi sono quattro sindaci, un ministro, una banca statale, un membro del parlamento russo e il suo consigliere", afferma Nikolai Staikov.

L’organizzazione non ha rivelato l’identità degli informatori.

Il Fondo anticorruzione riduce in una certa misura i rischi per coloro che sono inclini a segnalare azioni illegali, ma si astengono dal farlo da soli. Inoltre, l’organizzazione, sebbene piccola e con risorse modeste, ha competenze ed esperienza nella determinazione dei fatti. Ciò rende le cose più facili e facilita i media disposti a investigare i casi affrontati dal Fondo anticorruzione.

Il caso Protest Network contro Peevski, Tsvetanov e Barekov

Uno degli esempi più eclatanti di ciò che accade in Bulgaria a chi segnala attività illegali è il caso dell’organizzazione informale di cittadini Protest Network, istituita dopo le proteste contro la gestione occulta dello stato, nota come modello "CHI" (KOI) da uno scandalo del 2013-2014.

Nel febbraio 2014, quattro attivisti del gruppo hanno denunciato alla Procura il parlamentare MRF Deljan Peevski, il proprietario della CCB (Corporative Commercial Bank) Tsvetan Vasilev e l’ex presentatore di TV7 e attuale eurodeputato Nikolai Barekov. La segnalazione era basata su articoli che denunciavano gravi discrepanze fra le dichiarazioni dei redditi ufficiali di Peevski e il suo reale patrimonio. Per quanto riguarda Vasilev, la segnalazione era legata alla concessione di prestiti non garantiti da parte di CCB a società collegate. A quel tempo, Barekov era uno dei boss di TV7, finanziata da Tsvetan Vasilev.

Nel giugno 2014, CCB – la quarta banca bulgara – è crollata a causa del drenaggio di 4 miliardi di lev [oltre 2 miliardi di euro]. La denuncia di Protest Network si è trasformata in un mega-caso per il drenaggio di CCB, principale accusato il proprietario della banca Tsvetan Vasilev.

Tuttavia, la denuncia contro il suo ex socio Deljan Peevski e sua madre Irena Krasteva non ha portato a nulla, nonostante l’accertamento di imposte non pagate da Krasteva pari a circa 300.000 lev [153.000 euro]. Il procuratore Borjana Betsova ha chiuso l’inchiesta dichiarando l’innocenza di Peevski e sua madre. Un anno dopo, Peevski ha iniziato a presentare dichiarazioni di proprietà per milioni, senza chiarire da dove provenissero i soldi.

Nel novembre 2014, un editore di un sito vicino a Peevski ha presentato una contro-denuncia nei confronti dei membri di Protest Network, chiedendo un controllo del loro reddito. Questo è accaduto proprio nel giorno in cui Protest Network ha preso parte alla manifestazione contro il tentativo del pubblico ministero di insabbiare i guai legali del politico Peevski (la falsificazione delle iniziali "DP", fatte apparire come "10") nel taccuino dell’ex capo della Commissione per la prevenzione e l’accertamento del conflitto di interessi (KPUKI) Philip Zlatanov.

L’accusa ha agito immediatamente contro gli attivisti e ha ordinato una verifica fiscale completa sugli autori della segnalazione contro Deljan Peevski. Le cose non si sono fermate qui, perché le autorità fiscali hanno avviato una verifica dell’intero gruppo Iconomedia (uno degli obiettivi preferiti di Peevski), con la motivazione che Nikolai Staikov di Protest Network aveva lavorato anni fa per una delle pubblicazioni del gruppo. Il procuratore per questa indagine era di nuovo Borjana Betsova. Nel 2015, anche questa indagine è stata chiusa senza alcuna prova di reato da parte delle persone e società indagate.

L’accusa, tuttavia, ha utilizzato il caso per rendere pubblici tutti i pagamenti che i membri di Protest Network hanno ricevuto nel corso degli ultimi quattro anni nell’ambito di diversi progetti.

Il caso "Protest Network vs. Peevski" è uno dei più solidi esempi di come le segnalazioni di attività illegali si ritorcano contro gli autori.

"La via sicura"

Al di fuori del settore non governativo, i partiti politici sono praticamente le uniche sedi per denunciare le pratiche di corruzione in Bulgaria.

Questo articolo è parte di un dossier tematico realizzato dalla rete dei mediapartner di OBCT: 14 testate giornalistiche con sede in altrettanti paesi. Il dossier completo è disponibile qui.

Negli ultimi mesi, il BSP si è dato l’obiettivo di portare alla luce la cosiddetta "shurobadjanashtina" (nomina di parenti stretti) nel governo di GERB. I socialisti affermano di ricevere costantemente segnalazioni per nomine di parenti o episodi di corruzione, in particolare a Haskovo, Gabrovo e Radnevo.

Fonti Mediapool nel BSP ci dicono che il partito riceve le informazioni dai suoi sostenitori che lavorano nelle strutture statali e municipali delle rispettive città: "Con ogni partito al potere, l’opposizione ha informazioni simili a propria disposizione, perché i suoi sostenitori riportano di ogni sorta e tipo di corruzione".

Alla domanda sul perché i cittadini non si rivolgano direttamente agli organi competenti (gli ispettorati presso le istituzioni, la polizia o la Procura), i rappresentanti del BSP hanno spiegato: "Quando lavori nel comune di una piccola città, denunciare è difficile o a volte impossibile, perché non esiste un criterio istituzionale per la protezione. La persona che denuncia viene sempre licenziata. Quindi è semplice: le persone non vogliono perdere il lavoro". Secondo il BSP, per ora, i soli che possono denunciare sono funzionari anonimi del partito, che possono informare il loro quartier generale.

Denunciare attraverso un grande partito è la via più sicura, ma è anche dubbia dal punto di vista dell’interesse pubblico, poiché ogni partito è incline a scremare le informazioni secondo i propri obiettivi politici.

Il caso "Lyubomir Talev"

La Bulgaria ha registrato il caso di un alto funzionario dell’amministrazione statale che ha "osato" denunciare i propri superiori.

Lo scandalo è scoppiato nella primavera 2017, durante il mandato del governo provvisorio nominato dal presidente Rumen Radev, quando il ministero della Giustizia ha pubblicato un progetto di legge contenente la proposta anticostituzionale di introdurre una residenza ininterrotta di tre mesi obbligatoria nella rispettiva circoscrizione elettorale per consentire a ciascun cittadino di votare alle elezioni presidenziali e parlamentari. Questo, in pratica, avrebbe escluso dalla partecipazione alle elezioni la maggior parte dei cittadini bulgari residenti all’estero.

Il ministero ha scaricato la responsabilità su Lyubomir Talev, direttore del Consiglio legislativo presso il ministero, che avrebbe incluso il testo dello scandalo nel progetto di legge all’insaputa dell’ex ministra ad interim Maria Pavlova. Talev, immediatamente licenziato, ha dichiarato ai media che la proposta contestata era stata suggerita di nascosto dal presidente Radev, e che i testi stessi erano stati scritti da Emilia Drumeva, Segretaria del Presidente per le questioni legali. Il funzionario licenziato ha rivelato che la ministra Pavlova era presente ai dibattiti sul progetto di legge in discussione alla presidenza e che la versione pubblicata dal ministero era stata concordata con lei. In seguito, il presidente ha ammesso con riluttanza che la residenza ininterrotta di tre mesi era stata davvero un’idea sua e non ha negato che il suo desiderio fosse chiaro al ministro ad interim.

Per fortuna di Talev, il GERB (al governo al tempo della sua nomina al ministero) è tornato al potere e lo ha riportato alla precedente posizione.

La situazione in Bulgaria può essere sintetizzata come segue: il timore di essere schiacciati dal sistema e i dubbi, fondati, sui reali interessi delle istituzioni rendono quasi impossibile la denuncia di attività illegali da parte dei cittadini.

Chi sono i whistleblower?

Chi sono i whistleblower? Perché un lavoratore può decidere di diventarlo? E se agisce nell’interesse pubblico chi lo protegge? Per un quadro esaustivo sul dibattito europeo in corso leggi il nostro dossier e naviga il nostro Resource Centre   sulla libertà dei media

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Questa pubblicazione è stata prodotta nell’ambito del progetto European Centre for Press and Media Freedom, cofinanziato dalla Commissione europea. La responsabilità sui contenuti di questa pubblicazione è di Osservatorio Balcani e Caucaso e non riflette in alcun modo l’opinione dell’Unione Europea. Vai alla pagina del progetto

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