Croazia: tolleranza per il saluto fascista

“Per la patria pronti” è un saluto del periodo ustascia e negli anni passati è stato definito dalla Corte costituzionale croata incostituzionale. Ora una Commissione ad hoc voluta dal premier Plenković ne ha però sdoganato in parte l’uso

09/03/2018, Sven Milekić - Zagabria

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I membri della Commissione con il primo ministro Andrej Plenković (foto Governo croato)

A quasi un anno dalla sua istituzione, la Commissione per il confronto con le conseguenze dei regimi non democratici ha prodotto un documento che dovrebbe aiutare il governo croato a regolamentare l’uso pubblico dei simboli dei due regimi non democratici esistiti nel XX secolo sul territorio dell’attuale Croazia: il regime fascista dello Stato Indipendente della Croazia (NDH) e il regime socialista jugoslavo, retto dalla Lega dei comunisti della Jugoslavia.

La Commissione è stata creata ad hoc, per volere del primo ministro Andrej Plenković, per risolvere la questione della targa contenente il motto ustascia “Za dom spremni” (Per la patria pronti), apposta su un edificio nel centro della cittadina di Jasenovac, a poca distanza dal più grande campo di concentramento nei Balcani, dove persero la vita, per mano degli ustascia, oltre 83mila tra serbi, rom, ebrei, antifascisti e altri oppositori del regime dell’NDH (di cui oltre 20mila bambini).

Nel dicembre 2016, il portale Novosti ha riportato la notizia che alcune settimane prima l’associazione dei veterani dell’HOS (Forze di difesa croate, ala paramilitare del Partito croato dei diritti durante la guerra degli anni Novanta) aveva inaugurato nella cittadina di Jasenovac una targa in memoria di alcuni membri dell’HOS caduti in combattimento, con impresso lo stemma dell’associazione contenente il motto “Per la patria pronti”. Il problema dell’uso di questo stemma si trascina da anni e, come molti osservatori hanno fatto notare, la sua apposizione a Jasenovac non era altro che una provocazione (nel frattempo è infatti emerso che alcuni dei membri dell’HOS i cui nomi sono apparsi sulla targa non erano stati uccisi nell’area di Jasenovac, come invece sostenuto dall’associazione).

Contesto storico

La formazione paramilitare HOS fu costituita nel 1991, all’inizio della guerra in Croazia, e fin da subito fece propria l’intera iconografia ustascia: il summenzionato saluto, uniformi militari nere, repliche dei cappelli ustascia, stemmi, intitolazione delle proprie brigate ai comandanti ustascia, ecc. Anche lo stesso Franjo Tuđman, il primo presidente della Croazia indipendente, prese le distanze dall’HOS, temendo che potesse danneggiare l’immagine della Croazia sul piano internazionale.

Nonostante si tenda a negarlo, i membri dell’HOS commisero numerosi crimini di guerra in Croazia e in Bosnia Erzegovina, un fatto confermato da svariate sentenze giudiziarie. Inoltre, c’è una leggenda urbana, molto radicata, secondo cui “Per la patria pronti” sarebbe un antico saluto croato che gli ustascia avevano “soltanto” utilizzato. Nonostante persino l’attuale presidente della Croazia Kolinda Grabar Kitarović ritenga verosimile questa ipotesi, non vi è alcuna prova storica a suo sostegno, e lo stesso leader del movimento ustascia Ante Pavelić sosteneva di essere stato lui l’autore del controverso motto.

L’associazione dei veterani dell’HOS, il cui stemma e sigillo ufficiale contengono il motto ustascia, è stata registrata nel 1998, e tutti i governi di sinistra succedutisi nel frattempo hanno tollerato questo esplicito richiamo all’iconografia ustascia, ignorando ogni domanda in merito sollevata dai giornalisti. Così è rimasto irrisolto il problema di come impedire l’uso dei simboli ustascia da parte dei veterani dell’HOS, che non hanno mai esitato, e non esitano nemmeno oggi, a ricorrere al revisionismo storico.

La commissione

La Commissione per il confronto con le conseguenze dei regimi non democratici è composta da diversi giuristi, storici, politologi e operatori culturali, la maggior parte dei quali, tuttavia, non sono esperti in materie direttamente connesse all’attività della commissione, quali la storia dell’NDH e della Jugoslavia, il diritto penale, ecc. Per di più, alla guida della commissione è stato scelto il presidente dell’Accademia croata delle scienze e delle arti (HAZU) Zvonko Kusić, un medico di professione che non dispone delle conoscenze di base necessarie per affrontare la problematica in questione.

Nonostante la controversa targa sia stata spostata da Jasenovac nella vicina cittadina di Novska già nel settembre del 2017, la commissione ha proseguito il suo lavoro, finalizzato alla formulazione di alcune precise indicazioni di natura giuridica, e non solo, su come regolamentare la questione dell’uso del saluto ustascia. Tuttavia, già in occasione della presentazione del rapporto intitolato “Documento del dialogo”, tenutasi il 28 febbraio scorso, è diventato chiaro che la commissione non ha assunto alcuna chiara presa di posizione, prolungando l’attuale situazione di stallo.

Durante la presentazione del rapporto, il presidente della commissione Zvonko Kusić, ha spiegato che il motto “Per la patria pronti” potrà essere usato in determinate situazioni, per commemorare i membri dell’HOS uccisi in combattimento, e questo nonostante la commissione abbia ribadito che il motto ustascia è incostituzionale di per sé (la Corte costituzionale si è infatti già pronunciata in merito). Quindi, abbiamo assistito ancora una volta al tentativo di regolamentare una cosa già dichiarata incostituzionale, arrivando – come ha fatto notare anche uno dei più noti costituzionalisti croati Branko Smerdel – alla situazione paradossale per cui una stessa pratica risulta essere contemporaneamente lecita e incostituzionale.

Revisionismo storico

Nonostante nel corso della conferenza stampa di cui sopra nulla lo abbia lasciato intendere, il rapporto finale della commissione, così come il suo intero lavoro, traspira un forte revisionismo storico di destra, che tende a mettere sullo stesso piano nazifascismo e comunismo, ossia, nel caso croato, socialismo. La vecchia tesi dei due totalitarismi permea l’intero documento, anche se due membri della commissione hanno espresso opinioni dissenzienti, chiedendo che venisse esplicitamente vietato l’uso della stella rossa, a causa dei crimini commessi dai comunisti durante la Seconda guerra mondiale, ma anche per via del ruolo svolto dall’Esercito popolare jugoslavo (JNA) nel conflitto degli anni Novanta.

Nonostante la commissione abbia dovuto occuparsi delle conseguenze dei “regimi non democratici” – un’espressione usata per indicare la presunta intenzione di non voler mettere sullo stesso piano l’NDH e la Jugoslavia (come regimi totalitari) – , è risultato chiaro fin dall’inizio che il suo scopo principale era quello di equiparare i due regimi, tant’è che persino il premier Andrej Plenković l’ha definita una “commissione per i regimi totalitari”.

Come spiega Eric Gordy, professore presso lo University College di Londra, in un suo articolo apparso su Balkan Insight , il rapporto della commissione mira a dimostrare come il carattere non democratico e repressivo del Regno di Jugoslavia abbia fatto nascere sia il movimento ustascia sia quello comunista. Gordy inoltre fa notare come la commissione abbia più volte sottolineato che “i crimini comunisti non sono stati sufficientemente indagati” e che gli odierni sostenitori dell’antifascismo, “quegli agitatori neocomunisti e filojugoslavi”, usano l’antifascismo per giustificare i crimini del regime comunista. In questo modo – spiega Gordy – la commissione ha cercato di screditare la Jugoslavia come un progetto criminale e l’antifascismo come un movimento finalizzato esclusivamente a legittimare i crimini.

Questo ragionamento rivela una perfetta sintonia tra la teoria dei due totalitarismi e le idee dell’estrema destra. Il documento etichetta le persone che cercano di dimostrare le vere dimensioni del fascismo croato, nonché l’importanza della lotta antifascista, come coloro che vogliono screditare la Croazia e la guerra degli anni Novanta.

Inoltre, come sottolinea Gordy, la commissione ha basato la sua valutazione della legittimità dell’uso del motto “Per la patria pronti” su un criterio molto discutibile, giungendo alla conclusione che l’utilizzo del motto ustascia per commemorare i membri dell’HOS caduti nella guerra degli anni Novanta può essere tollerato in quanto si tratta di una tradizione vecchia di oltre vent’anni.

Anche molti altri intellettuali di spicco sono concordi nel criticare il contenuto del “Documento del dialogo” e l’operato della commissione. Dejan Jović, professore ordinario presso la Facoltà di Scienze Politiche dell’Università di Zagabria, ha definito il rapporto “da dilettanti”, imperniato sulla controversa teoria dei due totalitarismi.

Un altro aspetto problematico del rapporto della commissione, oltre al fatto di aver fallito nel risolvere la questione dell’uso del saluto “Per la patria pronti”, è che praticamente apre la strada all’introduzione del divieto al motto “Morte al fascismo, libertà al popolo”, affermando che si tratta di uno slogan usato dai comunisti mentre compivano i loro crimini. Si potrebbe aggiungere che questo documento pone il revisionismo ustascia, incentrato sulla questione dell’uso del saluto ustascia da parte dei veterani dell’HOS, in una posizione offensiva rispetto all’antifasciamo e all’eredità jugoslava, ripiegati su posizioni difensive.

Infine, questo documento è servito per accrescere l’esaltazione della cosiddetta Guerra patriottica degli anni Novanta. Proprio la Guerra patriottica viene considerata il momento della nascita della nazione e dello stato croato, un’impresa di indiscutibile valore, nei confronti della quale, secondo la commissione, l’antifascismo rappresenta un’offesa. Il documento parzialmente tollera l’uso del saluto “Per la patria pronti” e parzialmente condanna l’uso della stella rossa. La morte di un essere umano, anche quando si tratta di un apologeta del fascismo, fa da catalizzatore morale. La guerra patriottica è così diventata una perversa macchina di rielaborazione della memoria: la si usa per ripulire il passato fascista e per infangare quello antifascista.

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