Opere d’arte rubate: il saccheggio della Bosnia Erzegovina
Durante la guerra 1992-95 migliaia di opere d’arte sono state rubate in Bosnia Erzegovina. Ma solo 27 ad oggi risultano nella lista bosniaca dell’Interpol
(Pubblicato originariamente da Le Courrier des Balkans il 18 marzo 2018)
È una battaglia di lunga data. Da molti anni il Centro contro il traffico di opere d’arte (CPKU), associazione con sede a Tuzla, si batte affinché l’ufficio bosniaco dell’Interpol mappi le opere d’arte rubate nel paese, condizione essenziale affinché vengano poi ricercate anche all’estero. Piccola vittoria: recentemente l’Interpol ha aggiunto alla lista esistente 13 nuove tele, disegni e sculture.
Sino ad oggi il database locale dell’Interpol non contava che 14 opere. Una cifra ben lontana dal numero di opere rubate o sparite durante la guerra dalla Bosnia Erzegovina, in particolare durante gli anni del conflitto dal 1992 al 1995, stimato attorno a parecchie migliaia.
In ogni caso una delle condizioni essenziali per l’inserimento nell’archivio è una fotografia di buona qualità che documenti l’opera.
Opere ricercate, esposte in Serbia
Nel 2021 Novi Sad, capoluogo della Vojvodina, sarà capitale europea della cultura. È la prima volta per una città situata al di fuori dell’Unione europea. In previsione di questo evento la città sta già promuovendo numerose manifestazioni culturali, tra le quali delle mostre in grado di valorizzare il suo ricco patrimonio.
In merito il sito ufficiale www.digitalizacija.rs ha pubblicato un assaggio delle mostre previste, tra le quali quella della collezione di Đuro Popović, all’interno della quale vi sono alcune opere nella lista dell’Interpol… Provengono dalla collezione di Damirka ed Enver Mulabdić e sono classificate come patrimonio nazionale della Bosnia Erzegovina. I titoli di queste opere sono stati modificati, un tentativo maldestro di nasconderne l’origine.
Đuro Popović è stato vicino al criminale di guerra serbo Željko Ražnatović detto Arkan, conosciuto per essere stato a capo del gruppo paramilitare delle Tigri, resosi colpevole di numerose uccisioni contro le popolazioni civili di Croazia e Bosnia Erzegovina. Popović in passato aveva legami stretti anche con Mihajl Kerteš, ex direttore delle dogane della Repubblica federale di Jugoslavia. Uomo di fiducia di Slobodan Milošević, Mihajl Kerteš è stato coinvolto in più casi legati al crimine organizzato e traeva vantaggio della sua posizione a capo delle dogane per appropriarsi di fondi pubblici.
Grazie al sostegno di Mihajl Kerteš, Đuro Popović avrebbe beneficiato di numerosi aiuti per una somma stimata in molteplici milioni di dinari. Ed avrebbe utilizzato queste risorse per l’acquisto di opere d’arte. È ormai una personalità molto influente in Serbia ed uno dei maggiori collezionisti del paese, possedendo più di 1200 opere di grande valore, di cui però alcune hanno origini sospette.
Saccheggio dell’identità bosniaca
Il proprietario bosniaco di queste opere rubate – il collezionista Enver Mulabdić – ha recentemente inviato una lettera ai membri della Presidenza della Bosnia Erzegovina titolata “Il saccheggio dell’identità bosniaca”, per informarli della questione.
Sino ad oggi le istituzioni della Bosnia Erzegovina non si sono mai mostrate molto interessate alla restituzione dei beni culturali rubati di cui è attestata la presenza nei paesi vicini.
Ciononostante esisterebbero buone pratiche in questo campo come la creazione di una Commissione per la restituzione di beni culturali di valore tra Serbia e Croazia o la recente iniziativa della Slovenia per ottenere dalla Serbia la restituzione di 313 opere d’arte.
Il CPKU sottolinea che continuerà le sue attività in modo da sensibilizzare i cittadini bosniaci e i dirigenti del paese sull’importanza della protezione dei beni culturali e della restituzione delle opere d’arte rubate.
Con il sostegno dell’ambasciata francese a Sarajevo il CPKU ha pubblicato un manuale destinato a magistrati e funzionari di polizia per facilitare il loro lavoro ed i suoi esperti intervengono nei procedimenti che riguardano i beni culturali. Il CPKU ha inoltre messo a disposizione vari strumenti per i proprietari, pubblici o privati, di beni culturali in un’ottica di prevenire eventuali furti. Infine forma regolarmente magistrati, poliziotti e realtà museali nella lotta contro questo tipo di criminalità.