Trento e Cannes: sguardi sul cinema del sud-est

Inaugura oggi a Trento la 66ma edizione del Trento Film Festival a cui si aggiungerà, tra qualche giorno, il Festival di Cannes. Una rassegna sulla presenza di autori dei Balcani e del Caucaso

26/04/2018, Nicola Falcinella -

Trento-e-Cannes-sguardi-sul-Cinema-del-sud-est

Torna in concorso al Festival di Cannes – che dall’8 al 19 maggio celebrerà la 71° edizione – il turco Nuri Bilge Ceylan, premiato parecchie volte sulla Croisette e in particolare vincitore della Palma d’oro nel 2014 per “Il regno d’inverno – Winter Sleep”. Il regista presenterà “Ahlat Agaci – The Wild Pear Tree” con Serkan Keskin, Hazar Erguclu e Ahmet Rifat Sungar, storia di padre e figlio ambientata in campagna, tra esilio e solitudine.

Tra i 21 titoli in gara per succedere nel palmares a “The Square” dello svedese Robert Ostlund c’è anche il russo “Leto – L’été” di Kirill Serebrennikov (“Playing the Victim”, “Izmena” e “Parola di Dio”), insieme agli italiani “Dogman” di Matteo Garrone e “Lazzaro felice” di Alice Rohrwacher, anch’essi già premiati alla kermesse francese.

“Donbass” dell’ucraino Sergey Loznitsa sarà invece il film d’apertura della sezione Un certain regard, che include anche “Euphoria” di Valeria Golino.

Nella Cinéfondation con i cortometraggi delle scuole di cinema concorrerà il romeno “Albastru si rosu, in proportii egale – Equally Red and Blue” di Georgiana Moldoveanu dell’università Caragiale di Bucarest.

All’interno della 50° Quinzaine des realisateurs, in una selezione di 20 lungometraggi e 10 cortometraggi, c’è invece “Teret – The Load” del serbo Ognjen Glavonić (conosciuto per l’esordio “Dubina dva”) con Leon Lucev, oltre a “Mandy” del canadese d’origine greca Panos Cosmatos (figlio di George P.). In più ci sono tre italiani: “La strada dei Samouni” di Stefano Savona, un documentario dalla lunga gestazione ambientato nella Striscia di Gaza (dove il regista aveva già filmato “Piombo fuso” nel 2009), la commedia “Troppa grazia” di Gianni Zanasi con Alba Rohrwacher, Elio Germano e Giuseppe Battiston e il cortometraggio “La lotta” di Marco Bellocchio.

La 57° Semaine de la critique di Cannes, riservata alle opere prime e seconde, si presenta molto interessante e comprende sette titoli in competizione e quattro proiezioni speciali, più nove cortometraggi. Spicca “Chris the Swiss” della svizzera Anja Kofmel, già passato in versione non definitiva alle Giornate del cinema svizzero di Soletta nel mese di gennaio. Si tratta di un documentario animato d’indagine molto bello, alla ricerca della verità sulla morte del cugino Chris, giornalista e combattente ucciso in Croazia nel 1992. Un lavoro che ricorda quelli della romena Anca Damian, come “Crulic – The Path To Beyond” e “La montagne magique”.

Trento Film Festival

Intanto stasera (giovedì 26) inaugura a Trento il 66° Trento Film Festival dedicato come sempre alla montagna, all’esplorazione e all’avventura. L’apertura della storica rassegna è per “Visages d’enfants” capolavoro muto di Jacques Feyder, girato sulle Alpi svizzere nel 1925 e musicato dal vivo dal compositore Carlo Crivelli, collaboratore tra gli altri di Marco Bellocchio e dei fratelli Taviani. Se Balcani e Caucaso latitano quest’anno dai concorsi, sono però presenti in forze nella sezione collaterale Eurorama, dedicata ai documentari etnografici europei più premiati.

Sia l’armeno “One in Summer” di Sirakan Abroyan sia il georgiano “The Dazzling Light of Sunset” di Salomé Jashi esplorano piccole comunità di montagna alle prese con i cambiamenti. Nel primo ci sono persone che mantengono le tradizioni e le usanze tramandate dagli antenati, ma messe a rischio dalla civilizzazione. Il secondo segue il lavoro Dariko, l’unica giornalista televisiva in una piccola cittadina della Georgia, in una tragicommedia che rivela una terra in perenne transizione.

Di produzione russa è “Third-Class Travel” dell’azero Rodion Ismailov, viaggio sul treno Mosca-Vladivostok filmando i passeggeri che si incontrano sulla tratta ferroviaria più lunga del mondo. L’interminabile percorso è una metafora di un paese in trasformazione e serve per un ritratto della società russa contemporanea. Infine il romeno “Planeta Petrila” di Andrei Dascalescu. Petrila è una cittadina mineraria della Transilvania, dove un ex minatore reinventatosi artista e attivista, usa l’arte per cercare di fermare il progetto delle autorità locali di smantellare gli edifici storici della miniera più antica, dopo la sua chiusura nel 2015. L’obiettivo è preservare la storia e l’identità della città, per evitare che la comunità locale si disgreghi.

Commenta e condividi

La newsletter di OBCT

Ogni venerdì nella tua casella di posta