Stati de facto post-sovietici: il sostegno russo
Le autorità de facto di territori contesi quali Transnistria, Abkhazia e Ossezia del Sud offrono servizi alla popolazione in buona parte grazie all’aiuto economico di Mosca. Un contributo all’Atlante Geopolitico Treccani 2018
A partire dal riconoscimento formale dell’indipendenza di Abkhazia e Ossezia del Sud a seguito del conflitto in Georgia nell’agosto del 2008, il sostegno economico russo a questi due Stati de facto situati nel Caucaso del Sud è cresciuto significativamente. A oggi, l’assistenza di Mosca è la principale determinante del budget di questi territori, e direttamente o indirettamente costituisce la prima fonte di introiti per la maggior parte dei residenti.
L’attuale stato delle cose rappresenta un cambiamento significativo rispetto alla situazione pre-2008. In particolare tra il 1994 e il 1999, negli anni in cui la Federazione Russa affrontava con maggiore difficoltà il separatismo interno in Cecenia, Mosca ha imposto un embargo all’Abkhazia che ha ridotto al minimo l’attività economica nella regione e di conseguenza la capacità delle autorità de facto di finanziare il proprio budget. In quegli anni, è stata la presenza di organizzazioni quali Medici senza frontiere, Acciòn contra el hambre, e la Croce rossa internazionale a evitare una più ampia crisi umanitaria. L’embargo è stato tolto nel settembre 1999, poco dopo la nomina di Vladimir Putin a primo ministro russo; ma ancora nel 2001 l’intero budget delle autorità abkhaze ammontava a meno di 7 milioni di dollari.
A partire dall’inizio degli anni 2000, la situazione è progressivamente cambiata: l’apertura del confine tra Abkhazia a territorio di Krasnodar ha permesso di dare un minimo di vitalità all’economia locale, e una modifica legislativa ha consentito a buona parte dei residenti abkhazi di ottenere la cittadinanza russa. Assieme al passaporto, i residenti abkhazi hanno anche acquisito il diritto a ottenere il pagamento di pensioni direttamente dal fondo pensionistico russo; nel contesto post-bellico abkhazo, la pensione russa è diventata la principale forma di introiti per molte famiglie, e ha fondamentalmente contribuito a introdurre moneta corrente nell’economia locale. Nel 2015, la pensione media russa in Abkhazia superava i 100 dollari al mese (comparabile per entità agli stipendi locali) ed era distribuita a circa 32.000 persone; il contributo totale del fondo pensionistico russo all’economia abkhaza si approssima quindi ai 40 milioni di dollari all’anno.
In seguito al riconoscimento del 2008, la Russia ha inoltre iniziato a offrire sostegno diretto al bilancio delle autorità de facto in Abkhazia e Ossezia del Sud. Nel caso dell’Abkhazia, il finanziamento è di circa 80 milioni di dollari nel 2016 (ma erano più di 200 nel 2012), e corrisponde a oltre metà delle entrate del governo abkhazo: il sostegno russo, oltre a difesa, borse di studio, e aiuto tecnico in vari settori, è quindi indispensabile anche per pagare lo stipendio dei dipendenti pubblici e per mantenere in funzione la macchina statale.
Nel caso dell’Ossezia del Sud, il sostegno finanziario russo corrisponde invece a circa il 90% degli introiti di bilancio (ed è indirettamente responsabile per una fetta rilevante della rimanente parte). Anche in questo caso, ai circa 136 milioni di dollari trasferiti direttamente al governo locale nel 2016, bisogna aggiungere sostegno militare e tecnico. In sostanza, la struttura e l’implementazione del budget dell’Ossezia del Sud sono determinati dalle rispettive componenti dell’assistenza russa.
Come è emerso chiaramente anche da una serie di email rese pubbliche da un gruppo di hacker e note con l’hashtag #SurkovLeaks, le autorità di Mosca sono attivamente coinvolte nei processi decisionali che determinano l’effettiva spesa dei fondi dedicati ad Abkhazia e Ossezia del Sud.
Il caso della Transnistria (formalmente parte della Moldavia) è significativamente differente, sia per la mancanza di un confine diretto che unisca la Russia a questo territorio de facto indipendente, sia perché il governo di Mosca non ha mai riconosciuto l’indipendenza transnistriana. Il non-riconoscimento impedisce il trasferimento diretto di fondi alle autorità di Tiraspol, ma non ostacola altre forme di assistenza. In particolare, la Transnistria continua a ricevere regolari forniture di gas, indispensabili per produrre energia elettrica e far funzionare settori cruciali dell’economia transnistriana quali l’industria metallurgica, senza pagare per i relativi consumi da ormai dieci anni.
Il ‘debito’ che si è così accumulato (formalmente a carico di Moldovagaz), ha superato i 5 miliardi di dollari, e continua ad aumentare. Forniture di gas non equivalgono però a moneta corrente: per finanziare il proprio bilancio e per pagare stipendi e pensioni relativamente generose ai suoi residenti, la Transnistria ha bisogno di un’industria dell’export funzionante che permetta di trasformare questa risorsa in valuta. L’export verso la Russia è meno del 10% del totale: sono quindi Moldavia e Unione Europea i principali partner commerciali di Tiraspol che consentono l’effettivo funzionamento di questo schema.