Serbia: le divergenze parallele

Per il ministro della Difesa la Serbia dovrebbe cambiare rotta rispetto a Bruxelles, per il presidente della Repubblica la strada europea non è in discussione. Semplici divergenze, crisi politica o solito gioco di due voci per due pubblici differenti, quello locale e quello dell’UE?

25/05/2018, Dragan Janjić - Belgrado

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Aleksandar Vulin e Aleksandar Vučić

Il ministro della Difesa Aleksandar Vulin e il presidente serbo Aleksandar Vučić hanno espresso pubblicamente posizioni divergenti sulla politica estera serba e sullo status del Kosovo. Vulin ha dichiarato che, se la priorità per Bruxelles è la risoluzione del problema del Kosovo, la Serbia dovrebbe cambiare la sua politica estera. Vučić, dal canto suo, ha detto che non ci sarà nessun cambio di rotta nella politica estera serba e che il paese proseguirà sulla strada europea.

Vulin ha rilasciato la controversa dichiarazione replicando all’affermazione del capo della delegazione dell’Ue in Serbia Sem Fabrizi, secondo cui la risoluzione del problema del Kosovo è una precondizione necessaria per l’adesione della Serbia all’Unione europea. Il presidente Vučić ha detto di non vedere nulla di problematico nell’affermazione di Fabrizi e di essere ben consapevole del fatto che la questione del Kosovo rappresenta il principale ostacolo all’avanzamento della Serbia verso l’Unione europea. “Non c’è alcun timore che possa avvenire un cambio di rotta nella politica estera serba. Se qualcuno vuole cambiarla dovrà prima far cadere me e la maggioranza parlamentare”, ha detto Vučić.

Le divergenze sulle principali questioni politiche del paese non possono compromettere la stabilità della maggioranza di governo dal momento che Vučić e il suo Partito progressista serbo (SNS) hanno un dominio assoluto sulla scena politica serba. Vulin è membro della coalizione di governo e anche se avesse davvero intenzione di cambiare qualcosa nella politica estera, non potrebbe farlo senza il consenso di Vučić.

Divergenze

Vulin è considerato un politico vicino a Mosca e la sua presa di posizione sulla politica estera serba è stata appoggiata dal ministro degli Esteri e leader del Partito socialista serbo (SPS) Ivica Dačić, anch’egli molto vicino a Mosca. L’SPS è il principale partner dell’SNS di Vučić nella coalizione di governo, di cui fa parte anche il Movimento socialista guidato da Vulin.

Prese di posizione come quella di Vulin suscitano perplessità e insoddisfazione nell’opinione pubblica filoeuropea. Tuttavia, non vi è alcun indizio che si tratti di un’azione politica organizzata che potrebbe sfociare in una svolta verso Mosca. La Russia senz’altro vorrebbe rafforzare la sua influenza sulla Serbia, ma non ha alleati locali sufficientemente forti. Il presidente Vučić continua a guardare verso Bruxelles e Washington e parla sempre più apertamente di un imminente accordo con il Kosovo.

Negli ultimi giorni Vučić ha scambiato pubblicamente diverse opinioni sul Kosovo con la Chiesa ortodossa serba, che ritiene che la Serbia non debba cedere alle pressioni, bensì aspettare un momento più favorevole per affrontare la questione dello status del Kosovo. Reagendo alla posizione della Chiesa, in cui vede un tentativo di congelare il conflitto, Vučić ha affermato che la Serbia non può aspettare e che le decisioni politiche chiave non spettano alla Chiesa.

Il gioco politico

La maggior parte degli analisti di Belgrado ritiene che lo scontro tra Vučić e Vulin sulle priorità della politica estera serba sia un gioco politico, ormai consueto, con cui la leadership al potere vuole inviare un messaggio sia alla comunità internazionale sia all’opinione pubblica serba. L’SNS e Vučić vogliono dimostrare alla comunità internazionale che i loro tentativi di normalizzare le relazioni con il Kosovo stanno incontrando forti resistenze, mentre all’opinione pubblica locale vogliono far credere che stanno ancora lottando affinché il Kosovo rimanga parte integrante della Serbia, pur essendo sottoposti a pressioni sempre più forti.

Il target principale di questi messaggi sono gli elettori di orientamento nazionalista, perlopiù sostenitori della coalizione di governo, che difficilmente accettano l’idea di un accordo sulla normalizzazione dei rapporti con il Kosovo. Vučić non può sopravvivere politicamente senza il loro sostegno ed è consapevole che sarà molto difficile convincerli a cambiare opinione, ma al contempo ha ben presente che, qualora non risolvesse la questione del Kosovo, la Serbia si troverà a dover affrontare gravi problemi economici e politici.

Quasi tutti i paesi della regione hanno già aderito, o si stanno preparando ad aderire alla Nato e all’Unione europea. Qualora la Serbia decidesse di intraprendere un’altra strada potrebbe trovarsi costretta all’isolamento. Dal momento che l’80% del commercio estero serbo avviene con l’Ue e con i paesi della regione, è chiaro che, se dovesse abbandonare la strada dell’integrazione europea, la Serbia sprofonderebbe in una crisi economica dalle conseguenze imprevedibili.

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