Grecia: accademici, politici e detective
Petros Markaris e Margaret Doody sono due noti autori di gialli. Gli ultimi due loro libri raccontano rispettivamente di omicidi nell’Ellade della crisi indagati dal commissario Kostas Charitos e di Grecia antica con indagini svolte addirittura dal filosofo Aristotele
Se i vari ministri “tecnici” italiani provenienti dall’università vivessero in Grecia, farebbero una gran brutta fine. Uccisi con iniezioni di veleno o accoltellati durante la passeggiata mattutina. Il motivo? "Hanno tradito la causa dell’insegnamento e i loro allievi per darsi alla politica. Il tutto tenendosi calda, stipendio compreso, la cattedra accademica mentre si pavoneggiavano sulla poltrona politica".
È stato questo il destino – nell’ultimo romanzo di Petros Markaris – di un ministro della Pubblica Amministrazione già docente di Filosofia del Diritto all’università di Atene, di un viceministro all’Istruzione professore ordinario di Letteratura e di un docente di Economia appena tornato a insegnare dopo avere fatto per tre anni il ministro dell’Economia.
Per ora i nostri ministri in carica, che hanno chiesto l’aspettativa all’università, possono stare tranquilli. Nessuno li ha ancora minacciati. Piuttosto, in Italia, le missive foriere di morte sono state rivolte via Facebook al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che a sua volta vanta nel curriculum vent’anni di onorata carriera accademica di Diritto costituzionale e parlamentare, anche se è stato preso di mira da anonimi sicari del web proprio perché ha rifiutato un docente di Economia nel ruolo di chi si occuperà di strategia finanziaria nell’attuale governo tribolato fin dal suo parto.
Petros Markaris
Troppo comodo usare l’università come un posto di lavoro ben pagato e da status symbol, da lasciare e riprendere a piacimento per tentare una più o meno lunga avventura politica. Tanto c’è sempre l’aspettativa.
È la macabra storia narrata nell’ultimo romanzo di Petros Markaris, il giallista ellenico più amato, tradotto e venduto nel resto del mondo (l’edizione italiana è fresca di stampa per i tipi della Nave di Teseo): “L’Università del crimine”, che fa seguito alla “Trilogia sulla crisi”.
Markaris è da settimane con questo libro fra i top ten dei libri stranieri più gettonati dai lettori. Che ci sia in loro qualche ambiguo compiacimento, nel leggere di vendette contro politici accademici e compagni?
Certo la crisi ellenica, che dura dal 2008 e che solo dopo dieci anni sembra allentare la propria morsa, ha gettato le togate sale delle università in condizioni pietose: non ci sono soldi per rimpiazzare anche in modo temporaneo chi prende l’aspettativa per darsi alla politica (sì, ce ne sono anche in Grecia di deputati e ministri di provenienza universitaria, uno per tutti l’attuale capo dei deputati del centrodestra di Nuova Democrazia, Theodoris Fortsakis, rettore dell’Università di Atene e ministro in pectore se i conservatori vinceranno le prossime elezioni). In generale non ci sono soldi per aggiornare e rilanciare Ricerca e Istruzione.
Tutti si lamentano, a cominciare dalle famiglie che in Grecia fanno sacrifici enormi per portare i propri figli all’agognata laurea e/o dottorato.
Magari solo per vederli poi costretti a trovarsi un lavoro all’estero. Pure le organizzazioni t[]istiche o anarchiche non hanno certo risparmiato le loro attenzioni ai ministri o premier “tecnici”: l’ultimo a scampare a un attentato, precisamente a una bomba piazzata nella sua Mercedes, è stato un anno fa l’ex premier Luca Papademos, governatore della Banca di Grecia ed ex docente per anni alla Columbia University, chiamato a “salvare” il Paese dalla crisi dal novembre 2011 al maggio 2012 con un piano di ultra-austerity. Ma uccidere con una torta avvelenata o con un’iniezione letale non è abitudine da organizzazioni eversive stile Brigate rosse.
Che ci sia lo zampino di una donna? Lasciamo ai lettori la chiave del mistero. E il gusto di seguire l’amato commissario Kostas Charitos al lavoro fra le strade di Atene intasate di traffico, con gli unici momenti di relax nelle cene a base di ghemistà (verdure ripiene al forno) preparati dalle sapienti mani della moglie Adrianì, che in questo giallo è coinvolta più che mai nelle indagini del marito.
Margaret Doody
Sta di fatto che la Grecia di questi tempi è terreno privilegiato di scrittori investigatori. In cima alle classifiche dei libri più gettonati anche in Italia troviamo da tempo anche i gialli di Margaret Doody, ambientati non nell’Ellade della crisi ma in quella che tutti abbiamo appreso ad amare (o odiare) a scuola: la Terra degli dei, che nel periodo classico ha partorito frutti come la Filosofia, il Teatro, la Democrazia e le Olimpiadi. Insomma la culla della civiltà occidentale.
E chi mai ucciderebbe o minaccerebbe Platone e Aristotele? È vero che gli ateniesi avevano già fatto fuori il filosofo Socrate condannandolo in un processo regolare a bere la cicuta, ma il suo allievo Platone che segreti può celare? La Doody se ne occupa spostandosi, per l’occasione del suo ultimo libro “Aristotele e la Casa dei Venti” (Sellerio Editore), a Siracusa in Sicilia, dove Platone effettivamente soggiornò per un periodo, un periodo che i malintenzionati usano per sporcare l’immagine di Maestro con calunnie che mettono in pericolo anche la vita di chi cerca di capire il perché. Anzi, ad andare in trasferta per fare luce su quel soggiorno misterioso è l’investigatore preferito della Doody fin dal suo primo libro “Aristotele detective” del 1978 (tradotto in italiano nel 1980): sì, proprio Aristotele, il filosofo autore della Fisica e della Metafisica, talmente stimato già ai suoi tempi da essere reclutato come maestro e mentore di Alessandro Magno.
In fondo anche Aristotele e Platone furono universitari, anzi fondatori di accademie. Con la differenza che non si diedero mai alla politica attiva, si limitarono a immaginarne una ideale nelle loro opere. Ma una cosa è certa: dall’Accademia di Platone alla più sgangherata Università ateniese attuale, un filo di sangue e misteri avvince gli amanti dell’Ellade versione thriller.