Dritan Zagani, la lotta alla droga in Albania

Dritan Zagani è stato un ex funzionario di polizia albanese che ha ottenuto l’asilo politico in Svizzera dopo essere stato in carcere per diversi mesi a suo dire per aver denunciato la collusione tra governo albanese e narcotrafficanti. Lo abbiamo incontrato

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Dritan Zagani

Diplomato all’accademia di polizia nel 1993, Dritan Zagani ha ricoperto diversi incarichi all’interno delle forze dell’ordine albanesi, occupandosi negli ultimi anni di antidroga. È lui che nel 2013 denuncia per la prima volta le collusioni tra il governo di Tirana ed il mondo della droga, dopo aver osservato che la macchina dell’allora ministro dell’Interno Saimir Tahiri era usata da alcuni trafficanti. Le sue rivelazioni, tuttavia, sono rimaste inascoltate. Anzi, Zagani è stato messo sotto inchiesta per abuso d’ufficio. Dopo aver passato diversi mesi in carcere e ai domiciliari, ha chiesto ed ottenuto l’asilo politico in Svizzera.

Che cos’è successo nel 2013? In che modo ha scoperto che l’auto del ministro Tahiri era utilizzata dai trafficanti di droga?

Me ne sono accorto durante le mie indagini quotidiane. Dal 2009 fino alla fine del 2012 ero a Valona, prima nella sezione antidroga, poi a capo dell’ufficio investigativo della polizia di frontiera, che comunque si occupa principalmente di traffico di stupefacenti. Valona è un punto caldo perché è da lì che partono i motoscafi con i carichi di droga diretti in Italia (con un mezzo veloce in un’ora si è in Puglia). Dal dicembre 2012, sono stato trasferito a Fier, a capo della sezione antidroga. Fier è un altro punto caldo, perché se Valona è il trampolino verso l’Italia, Fier è il magazzino: qui arrivano eroina e cocaina da tutto il mondo. Io avevo un fascicolo aperto, con collegamenti a Valona e durante le mie indagini ho visto alcuni trafficanti starmi addosso con una macchina. Ho preso il numero di targa e sono rientrato in ufficio. Guardo nel sistema e leggo il nome del proprietario: Saimir Bashir Tahiri, il ministro dell’Interno.

Cos’è successo da allora?

Beh, inizialmente non potevo crederci. Ho chiamato il mio capo e gli ho detto “guarda un po’ qua!”. E lui mi dice “ma lo sanno tutti, sono i cugini del ministro”. Passano i mesi e non c’è nessun seguito alla mia segnalazione, anzi, dopo 7 mesi i servizi interni alla polizia avviano un’indagine contro di me su ordine di Tahiri. Mi accusano di abuso d’ufficio per “aver venduto delle informazioni a dei poliziotti corrotti italiani”. Io ero in contatto con i miei colleghi italiani dai tempi di Valona, si lavorava assieme e la persona con cui dialogavo, il “corrotto” secondo Tahiri, è un finanziere che è stato decorato cinque volte in Italia!

Il 2013 è l’anno in cui Edi Rama vince le elezioni per la prima volta e arriva al potere con Saimir Tahiri come ministro dell’Interno. In quel momento, cos’è cambiato secondo lei nella lotta alla droga in Albania?

Tutto è cambiato! Prima del 2013 c’era una lotta costante tra criminalità organizzata e polizia. Certo, c’erano dei casi di corruzione, magari anche ad alto livello, ma la guerra con i trafficanti non è mai venuta meno.

Quando Tahiri arriva al potere nell’ottobre del 2013, dal mio punto di vista cambia tutto. Se prima la criminalità organizzata investiva dei soldi per corrompere la gente, poi non ce n’era più bisogno perché al potere c’erano i membri stessi dell’organizzazione criminale per non dire i trafficanti stessi! Tutto questo io l’ho provato sulla mia pelle, con quello che mi è successo ed essendomi occupato di traffico di droga in Albania fino al 1° maggio 2014.

In quella data, lei è stato arrestato. Per aver parlato contro il ministro, secondo lei?

No, io ho parlato dopo. Fino ad allora le mie informazioni era note soltanto alla polizia. Io ho parlato dopo aver fatto 6 mesi e 8 giorni di reclusione in prigione, senza che nessuno venisse a chiedermi alcunché! Dalla notte del primo maggio 2014 fino all’8 novembre 2014, sono stato in prigione con l’accusa – falsa – di abuso d’ufficio. Ancora una volta, per aver scambiato delle informazioni con i miei colleghi italiani e aver permesso, grazie a questo scambio di informazioni, di arrestare dei trafficanti e di sequestrare della droga in Italia.

Ora lei si trova in Svizzera. Quando ha deciso di lasciare l’Albania e perché?

Dopo quei sei mesi in prigione, senza che nessuno dell’accusa venisse a dirmi niente, sono stato messo ai domiciliari. Ho aspettato otto mesi ai domiciliari, senza lavoro, con 3 figlie, mia moglie e due vecchi in casa. Ho resistito otto mesi in attesa di un’udienza, poi l’8 agosto 2015, ho preso il traghetto (non con documenti falsi e di nascosto, come dicono!) e sono arrivato in Svizzera.

In Albania, lei è sempre sotto processo.

Sì, ma il processo avanza senza mai un’udienza, da cinque anni. Sono il primo ricercato dell’Interpol per conto dell’Albania ma il mio processo non va avanti, una volta manca questo, una volta quello. Purtroppo, non ho soldi per portare il caso a Strasburgo. Ma così il tempo passa senza che mi giudichino e che mi condannino. Soltanto il tribunale di Valona mi ha condannato a tre anni di reclusione per aver infranto i domiciliari ed essere scappato in Svizzera. Ma sul resto, niente. Invece, tutto quello che avevo detto io nel 2013 si è rivelato vero! Perché sono un mago? No, perché lo sanno tutti!

Il ministro Tahiri ha dato le dimissioni da parlamentare lo scorso 3 maggio e ora è sotto inchiesta in Albania. È soddisfatto che la sua segnalazione abbia alla fine prodotto dei risultati?

No, non sono soddisfatto. Tahiri ha dato le dimissioni dopo sei mesi da quando lo scandalo è scoppiato grazie all’inchiesta della polizia italiana. Per sei mesi, hanno fatta piazza pulita per fare come vogliono loro. È un gioco politico, mafioso. Io scommetto che Tahiri non farà nemmeno un giorno in carcere! Anzi, voglio essere più preciso: finché Rama sarà al governo, a Tahiri non succederà niente.

Il nuovo ministro dell’Interno, Fatmir Xhafaj dice che il problema della droga è ormai sotto controllo. E i sorvoli della Guardia di Finanza sul territorio albanese confermano un crollo della produzione di marijuana nel 2017. Non è un dato positivo?

La produzione di marijuana non è scesa, è soltanto quella en plein air ad essere scesa. In realtà, l’attività è diventata più sofisticata, i produttori hanno trovato un ibrido, un seme vietnamita, che può essere coltivato all’interno e matura più rapidamente, in 3-4 mesi. Con i soldi che hanno fatto nel 2015/2016, i trafficanti possono ora permettersi dei laboratori per crescere la cannabis all’interno. E se la produzione di marijuana scende, non è certo per la guerra di Rama, ma perché si era arrivati al punto da saturare il mercato. Un paio di anni fa si poteva trovare 1kg di marijuana anche a 50€ in Albania.

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