Turchia, scenari post-elettorali
Le elezioni del mese scorso in Turchia hanno segnato il passaggio da un regime parlamentare a uno presidenziale, dominato dalla figura politica di Recep Tayyp Erdoğan. Una panoramica in questa intervista col professor Ödül Celep dell’Università Işık di Istanbul
Erdoğan e la coalizione AKP-MHP hanno vinto le scorse elezioni. È l’inizio di una nuova era per la Turchia e una rottura con la tradizione kemalista di Atatürk?
L’eredità di Atatürk non riguarda il regime parlamentare o presidenziale, ma il secolarismo radicale alla francese e il nazionalismo turco etnicamente connotato e anti-curdo. In questo senso, l’AKP guidato da Erdoğan non rappresenta una completa rottura rispetto al kemalismo: ne ha mantenuto gli aspetti regressivi, come il nazionalismo monoculturale, e ne ha minato gli aspetti progressisti, come l’educazione scientifica e alcune politiche liberali. Il cambiamento più radicale ha riguardato il dominio dei militari nella vita politica: per decenni, l’esercito turco ha preteso la decisione finale negli affari interni e si è considerato il protettore del secolarismo e dell’unità nazionale. Oggi, l’esercito è stato riportato sotto controllo civile. È un progresso, ma il problema di ora è: chi controlla lo strapotere dell’esecutivo?
L’AKP si è ritrovato senza maggioranza parlamentare e ha dovuto ricorrere al sostegno dell’MHP, considerato il vero vincitore di queste elezioni. È un’alleanza destinata a durare?
Ci sono stati disaccordi tra i due partiti prima delle elezioni, come nel caso della proposta di Devlet Bahçeli (leader MHP) di un’amnistia che coinvolga determinati detenuti, inclusi quelli con un background ultra-nazionalista.
Credo però che non ci saranno screzi lungo il percorso di consolidamento tecnico del presidenzialismo autoritario. Invece, su temi come le relazioni con l’Europa, la pena di morte e certe politiche sociali conservatrici, i due partiti potrebbero scontrarsi.
L’MHP è considerato il braccio politico dello stato profondo. In passato ha assunto posizioni decisive per “preservarlo”, come la richiesta di elezioni anticipate nel 2002 o ancora dopo il 7 giugno 2015. Dopo il 24 giugno scorso, Bahçeli ha menzionato il ruolo equilibratore dell’MHP nei confronti di Erdoğan, dicendogli: “Non sentirti troppo a tuo agio, noi ti serviamo”.
Tuttavia, nelle democrazie consolidate i meccanismi di controllo non coincidono con l’utilità politica del momento, ma si realizzano nelle istituzioni. Bahçeli “controllerà” Erdoğan soltanto nelle sue derive più dispotiche.
La vera sorpresa è stato l’11% dei voti dell’MHP. I sondaggisti hanno sbagliato quando hanno previsto un travaso di voti consistente dall’MHP al partito İYİ di Meral Akşener. Il quotidiano Cumhuriyet ha chiamato in causa i cosiddetti “lupi bianchi” (Akkurtlar), che hanno diviso il loro voto tra Erdoğan alla presidenza e l’MHP per il parlamento. Molti elettori della destra si sono ritrovati in questa scelta.
L’HDP è riuscito a superare la soglia di sbarramento del 10% nonostante la perdita di voti nel sudest. Che significato ha per il futuro della sinistra turca?
Il sostegno della sinistra non curda è stato importante, anche se il solo voto curdo sarebbe stato comunque sufficiente per l’ingresso in parlamento. Non significa però che siamo ad una svolta per la sinistra: CHP e HDP si opporranno al presidenzialismo, ma la loro efficacia sarà limitata e possono al più gettare le basi per un progetto sul lungo periodo.
Allo stesso tempo la sinistra curda non sparirà: le sue chance di giocare un ruolo democratico aumenteranno soltanto se le condizioni politiche verranno normalizzate. Una delle ragioni della perdita di consenso dell’HDP nel sud-est può trovarsi nelle liste dei candidati. Il partito ha scelto molti esponenti non curdi, un tributo alla causa di divenire un “partito della Turchia”, invece che restare un attore etnico regionale. Considerato che molti votano l’HDP per ragioni etniche, tali candidati possono essere stati un fattore dissuasivo.
L’analista Kemal Özkiraz ha anche segnalato alcune parole della co-leader Pervin Buldan come fattore negativo. La Buldan ha dichiarato che “i curdi non voteranno mai per Meral Akşener al secondo turno”, parole percepite come un rifiuto dei curdi ad un ruolo collaborativo. Ciò sarebbe costato all’HDP un 1.5% di voti. Infine, anche la repressione di stato in questa regione è stata un deterrente per l’attivismo politico curdo.
Il candidato CHP Muharrem İnce ha fatto riferimento ad una barriera psicologica del 30% come il limite politico che lui è riuscito a superare, ma non il proprio partito. Cosa dovrebbero fare i repubblicani per sfidare l’AKP in termini di consenso popolare?
Alcune persone hanno festeggiato il superamento del 30% di İnce come un successo, ma non è così. Se İnce è riuscito a galvanizzare la base del suo partito grazie alla sua oratoria, ha anche consolidato la base della destra conservatrice dell’AKP attorno alla figura di Erdoğan. Non è stata una strategia vincente, nonostante l’aumento delle preferenze. Non c’è una formula magica, ma tutti sanno che se il CHP vuole vincere, deve cominciare a parlare agli elettori conservatori. Mantenere la propria base kemalista e secolare e contemporaneamente attrarre la destra religiosa è l’arte di un partito “piglia-tutto”.
İnce ha investito soltanto su se stesso. Avrebbe dovuto organizzare squadre di esperti mirate ai diversi ambiti della vita sociale ed economica, una dedicata all’ambiente dei conservatori. Ci sono figure di spicco nel CHP come Mehmet Bekaroğlu, Abdüllatif Şener, o indipendenti come Levent Gültekin, che potrebbero aiutare a sviluppare una retorica per vincere i cuori dei cittadini conservatori. Sfortunatamente, İnce ha dato l’impressione di essere un uomo assai solitario.
Gli elettori conservatori hanno dato chiaro segnale di non considerare il partito Saaded una valida alternativa all’offerta politica dell’AKP. Perché?
È uno dei risultati più deludenti di queste elezioni. Personalmente ritenevo che Saadet sarebbe riuscito a sottrarre un 3-5% alla base AKP, rappresentando una svolta verso un cambiamento significativo tra i conservatori in Turchia. Saadet ha impresso una direzione molto democratica e liberale alla sua campagna elettorale, assumendosi un grosso rischio nel prendere le distanze dall’AKP. Sfortunatamente, il partito ha reso sotto le aspettative e non ha ottenuto alcun seggio. Queste elezioni dimostrano che gli scontenti all’interno dell’AKP non cercavano un’alternativa religiosa. Piuttosto, hanno trovato rifugio nell’MHP dell’ultradestra nazionalista.
Al tempo stesso l’AKP ha attaccato duramente Saadet durante la campagna elettorale, biasimandolo per la sua cooperazione con il CHP “antireligioso”. Sembra che questa strategia di demonizzazione abbia funzionato.
Anche il risultato del partito İYİ è considerato un fiasco, perché non è riuscito a indebolire sensibilmente l’MHP. Cosa si prospetta nel futuro di questa formazione?
Considerate le condizioni proibitive della campagna, il risultato del partito İYİ può considerarsi un successo. Però non credo abbia rappresentato la migliore delle partenze. Tutto dipende dalla strategia che Meral Akşener adotterà da qui in poi e dalle relazioni con gli altri partiti. Se il partito İYİ intende dare un contributo alla democrazia turca, deve sviluppare una retorica di destra moderata, ma anche inaugurare una proposta di controtendenza per la questione curda.
Deve sviluppare un concetto di nazionalismo inclusivo che possa essere accettato dalle minoranze. Come il CHP deve imparare a rivolgersi ai conservatori senza alienare la base secolare, così İYİ deve rivolgersi ai curdi liberali senza infastidire la sua base nazionalista. Possono farlo insieme, sviluppando un nuovo linguaggio politico, una nuova coscienza collettiva e una nuova visione condivisa.