Bulgaria, libertà di stampa e corruzione

Corruzione e fondi europei in Bulgaria. Era questo il tema scottante dell’inchiesta dei reporter investigativi Dimitar Stoyanov e Attila Biro, entrambi brevemente arrestati dalla polizia bulgara

03/10/2018, Francesco Martino - Sofia

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Foto - Pixabay

Le difficoltà nella libertà di stampa in Bulgaria sono tornate ad attirare l’attenzione dei media internazionali, dopo la detenzione di due giornalisti investigativi da parte della polizia durante un’indagine giornalistica su corruzione e fondi europei.

Giornalismo d’inchiesta sotto arresto

Protagonisti Dimitar Stoyanov del portale investigativo bulgaro Bivol e il collega romeno Attila Biro, di RISE Project , impegnati nel raccogliere informazioni per una serie di approfondimenti che puntano il dito contro malversazioni e corruzione relative all’utilizzo dei fondi strutturali europei in Bulgaria, soprattutto quelli indirizzati alla costruzione e ammodernamento di infrastrutture.

L’arresto dei due giornalisti, avvenuto lo scorso 13 settembre, è arrivato in seguito alla pubblicazione su Bivol della prima puntata di una serie di indagini giornalistiche ribattezzate “#GPGate”. Grazie a una serie di documenti ottenuti dalla redazione, Bivol ha denunciato l’esistenza di una rete di compagnie di consulenza, legate a grandi aziende di costruzione (tra cui un ruolo centrale rivestirebbe la GP Group) impegnate nel “dirigere” le gare di appalto verso particolari candidati grazie a legami in evidente conflitto di interessi e pratiche corruttive.

Oltre a falsare le gare, nuovi introiti illegittimi verrebbero ottenuti dalle aziende vincitrici attraverso fatture false, utilizzo di materiali di costruzione di qualità o quantità inferiore a quelle dichiarate, standard di implementazione insufficienti. La quota di fondi persi dalla collettività nella cosiddetta “tassa corruzione” secondo Bivol arriverebbe nella maggior parte dei casi al 30-40% del totale.

In seguito alla pubblicazione, Stoyanov e Biro avrebbero ricevuto nuove informazioni riservate. Secondo una delle segnalazioni, dagli uffici della GP Group venivano raccolti in tutta fretta documenti e computer per essere trasportati in un villaggio nell’area di Radomir, a circa 50 chilometri dalla capitale Sofia, per essere bruciati e distrutti.

I giornalisti hanno prima informato la polizia, per poi recarsi in prima persona sul luogo indicato dalla fonte riservata. Arrivati sul posto, Stoyanov e Biro hanno individuato una serie di sacchi neri, colmi di documenti. Dopo aver cominciato a fotografarli, però, i due sono stati fermati da una pattuglia della polizia, appostata a poca distanza.

Nonostante si fossero immediatamente identificati come giornalisti, Stoyanov e Biro sono stati ammanettati per circa un’ora. In seguito sono stati trasportati nella stazione di polizia di Pernik, dove solo molte ore dopo hanno potuto utilizzare i propri telefoni. Al loro rilascio, avvenuto solo nelle prime ore della mattina seguente, ha contribuito anche l’intervento del console romeno in Bulgaria.

Le reazioni

La notizia dell’arresto di due giornalisti investigativi in Bulgaria, paese che negli ultimi anni ha registrato un sensibile peggioramento delle condizioni di lavoro dei giornalisti e di libertà di stampa (attualmente il paese si trova al 111° posto nella speciale classifica redatta ogni anno da Reporters Without Borders, il ranking più basso tra i membri dell’Unione europea), ha fatto presto il giro dei media internazionali.

Nei giorni successivi all’incidente, l’International Press Institute (IPI) ha indirizzato al premier bulgaro Boyko Borisov una petizione, sottoscritta da organizzazioni attive nella difesa della libertà di stampa, in cui denuncia la “mancata sensibilità delle istituzioni bulgare verso il lavoro dei giornalisti” e invita il governo a “garantire le condizioni necessarie al giornalismo investigativo” e ad “indagare attivamente le accuse di malversazioni di fondi europei per milioni di euro”.

Anche a livello interno si sono alzate molte voci di protesta. Commentando l’accaduto sul suo profilo facebook , l’ombudsman bulgara Maya Manolova ha dichiarato: “Ritengo che siamo di fronte a un arresto immotivato e illegale, ai danni di giornalisti che compivano il proprio dovere professionale”. Secondo la Manolova, oltre alla natura irregolare dell’arresto “sono stati violati altri diritti umani, come quello della libertà di espressione e del diritto di chiedere e ricevere informazione”.

Durante un confronto televisivo con Stoyanov, andato in onda sul canale tv Btv nei giorni successivi all’accaduto, il capo della direzione antimafia (GDBOP) Ivaylo Spiridonov ha però difeso a spada tratta l’operato delle forze di polizia. “Non dobbiamo chiedere scusa a nessuno. Abbiamo agito nei loro confronti come si fa con qualsiasi cittadino bulgaro. I colleghi non sapevano chi avessero fermato durante l’azione di polizia”. Una posizione contestata da Stoyanov. “Non so quali siano stati i motivi, incompetenza o altro, fatto sta che la polizia ci ha impedito di raccogliere prove importanti, che le autorità non sembrano interessate ad acquisire”.

Fondi europei e corruzione

L’indagine di Bivol ha portato alla ribalta non solo i problemi legati al mondo del giornalismo in Bulgaria, ma anche i forti e ricorrenti dubbi sull’uso dei fondi strutturali europei, che in questi anni hanno rappresentato una voce fondamentale dello sviluppo economico del paese (per il 2018, i contributi comunitari hanno superato i due miliardi di euro).

Punti interrogativi che emergono spesso sulla regolarità delle gare d’appalto legate all’utilizzo dei fondi europei, così come sulla qualità degli interventi effettuati, ma che – come denuncia in un lungo approfondimento il settimanale Kapital – nel decennio successivo all’entrata della Bulgaria nell’UE non hanno mai portato ad indagini sistematiche o condanne significative.

Uno dei settori più problematici è quello delle grandi infrastrutture, fortemente dipendente dal denaro pubblico europeo. Uno dei pochi processi attualmente in corso è a carico dell’ex direttore dell’agenzia “Infrastruttura stradale” Lazar Lazarov, accusato di aver provocato perdite all’erario per oltre 20 milioni di euro durante la costruzione dell’autostrada “Maritsa”.

Ma problemi strutturali esistono anche in altri settori. Tihomir Bezlov, del Centro per lo studio della democrazia, ad esempio, ha recentemente denunciato il fatto che, attraverso società prestanome, un centinaio di famiglie riesca a concentrare il 70-80% dei sussidi riservati all’agricoltura, superando così il limite di 300mila euro a beneficiario previsto dalla legge.

Negli anni scorsi, un’articolata indagine giornalistica aveva portato alla luce gravi irregolarità nell’utilizzo di borse di studio, finanziate nell’ambito del programma “Sviluppo delle risorse umane”. Nel periodo 2013-15 sono state erogate circa 67mila borse (per un valore di oltre 30 milioni di euro), con lo scopo di approfondire le conoscenze degli studenti tramite stage presso aziende convenzionate con gli istituti universitari. Due terzi degli stage, però, sarebbero stati effettuati solo sulla carta e con l’unico scopo di appropriarsi illecitamente dei contributi.

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Questa pubblicazione è stata prodotta nell’ambito del progetto European Centre for Press and Media Freedom, cofinanziato dalla Commissione europea. La responsabilità sui contenuti di questa pubblicazione è di Osservatorio Balcani e Caucaso e non riflette in alcun modo l’opinione dell’Unione Europea. Vai alla pagina del progetto

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