La donna col cappotto di pelliccia

Uno scrittore turco, morto ben 70 anni fa e che ora ritorna nelle nostre librerie. Fazi ripropone un romanzo di Sabahttin Ali. Recensione

17/01/2019, Diego Zandel -

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(© fancy/Shutterstock)

Infinite sono le vie del Signore, ma anche quelle che portano in libreria uno scrittore turco dimenticato, morto ben 70 anni fa a 41 anni, ucciso sul confine con la Bulgaria e i cui effetti (una ventiquattrore, gli occhiali, un binocolo, una fotografia della moglie e una copia di Eugenio Onegin) sono stati trovati accanto al suo cadavere e mai restituiti alla famiglia. Parliamo di Sabahttin Ali, scrittore tra i massimi della letteratura turca del Novecento, comunista più volte incarcerato per le sue idee, il che spiega anche la sua fine, e del quale l’editore Fazi ha pubblicato il romanzo “La donna col cappotto di pelliccia”, tradotto da Barbara La Rosa Salim.

Un romanzo scritto in punta di poesia per la sensibilità che i caratteri dei protagonisti esprimono attraverso due diversi io narranti: il primo, quello di un giovane appena licenziato dalla banca che, dopo un periodo di disoccupazione, trova un nuovo lavoro in una ditta di import ed export, dove conosce, per capitarci nello stesso ufficio, quello che sarà il secondo io narrante della storia. Si tratta di Raiff Effendi, un vecchio impiegato, dalla personalità molto timida e appartata, maltrattato dai capi a dispetto della sua anzianità di servizio e le sue capacità professionali.

Sin dall’inizio i rapporti tra i due colleghi sono improntati a un rispetto reciproco. Il giovane apprezza la devozione al lavoro di Raiff Effendi e si dispiace per come viene trattato dai capi, al punto da sentire pena nei suoi confronti. Il vecchio, a sua volta, sebbene non sembra, almeno apparentemente, dolersi per come viene trattato, avverte la sensibilità del giovane, così da crearsi tra loro una corrente sotterranea di simpatia nonostante il dialogo sia ridotto al minimo e i rapporti alla massima discrezione.

Accade però che Raiff Effendi si ammali e le sue assenze dal lavoro si facciano sempre più lunghe. Così il giovane decide di andare a trovarlo a casa, scoprendolo non solo a letto ridotto piuttosto male ma anche lì, a casa propria, vittima di una situazione famigliare che lo riduce a un essere sfruttato. Dalla moglie, dalla sorella, dal cognato, che coabitano con lui in casa, dai figli, nonostante il rispetto formale che questi ultimi mostrano comunque verso di lui.

I due anche lì entrano in sintonia, e Raiff, in piena fiducia nei confronti del giovane, gli chiede di portargli dall’ufficio un taccuino che lui teneva in un cassetto della scrivania. Un taccuino, si scoprirà, nel quale l’uomo annottava le cose della sua vita, anche le più intime. E sarà quel taccuino, nelle visite successive, mentre la malattia di Raiff si aggrava, il dono che l’uomo, ormai in punto di morte, lascerà al giovane.

Ed è la storia di un amore, quello di Raiff per Maria Puder, l’autrice del quadro “Madonna col cappotto di pelliccia”, che lui aveva conosciuto tanti anni prima, quando, da giovane studente, il padre titolare di un’azienda di saponi lo aveva mandato da Istanbul a Berlino per studiare qualche nuovo profumo o prodotto analogo da utilizzare per la loro fabbrica.

Era capitato che Raiff fosse andato alla inaugurazione di una mostra collettiva di quadri e si fosse soffermato a guardare così a lungo il dipinto intitolato appunto “Madonna col cappotto di pelliccia” da suscitare l’interesse di una bella donna, che si trovava lì al ricevimento e che gli si avvicinò, curiosa.

Naturalmente era l’autrice, ma al momento, nonostante il dipinto fosse un autoritratto, Raiff non se ne accorse, anche per la sua timidezza nell’approccio con la donna, per altro più grande di lui. Quest’ultima però, da quel momento, non lo perse di vista, dando avvio nei giorni a seguire a una relazione, seppure resa complicata dal carattere molto indipendente e libero della donna che con le sue dichiarazioni finiva per sconcertarlo e, di contraccolpo, farlo innamorare sempre più.

Lei non esita a dirgli: “Voglio mettere in chiaro con lei quello che posso offrirle in modo che poi non mi accusi di essermi presa gioco di lei: può essere diverso quanto vuole, ma è pur sempre un uomo… E tutti quelli che ho conosciuto hanno finito per lasciarmi dolorosamente se non, addirittura, con rabbia quando si sono accorti che non li amavo o non potevo amarli… Arrivederci”.

Ma lui, Raiff, era lì pronto a sottomettersi. “Sarà come lei desidera!” le risponde, fino però a riuscire a far breccia nel cuore della donna che poi, comunque, a un certo momento sparirà dalla sua vita costringendo Raiff a fare malinconico ritorno a Istanbul. Certo, nel pensiero costante di lei, alla quale scriverà lettere che gli ritorneranno indietro mai aperte con la dicitura “Non reclamata, restituire al mittente”.

Sembrava che fosse finita. Ed era finita. Ma un giorno il caso gli porta notizie di lei e una sorpresa, che però lasciamo scoprire al lettore. Un segreto affidato solo a chi leggerà il taccuino di Raiff Effendi.

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