Inguscezia: rischio di nuove violenze

La piccola repubblica di Inguscezia, Caucaso del Nord, vive un momento di alta instabilità. E vi è il timore che nella regione scoppino violenze legate alle controversie sulle frontiere con le repubbliche vicine e rispetto alla potenziale unificazione con la Cecenia

17/04/2019, Marat Iliyasov -

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Magas, capitale dell'Inguscezia (Tangiev Rustam/Shutterstock)

Una nuova ondata di disordini nella Repubblica di Inguscezia ha preso avvio lo scorso 26 marzo, solo due giorni prima che il parlamento approvasse alcuni emendamenti alla legge sul referendum volti a limitare gli ambiti delle modifiche legislative che richiedono un referendum. A causare le proteste il fatto che il referendum sia stato escluso anche nel caso di modifiche dei confini. Migliaia di persone si sono riunite nella capitale Magas e hanno chiesto di cancellare i summenzionati emendamenti.

Nell’autunno del 2018 questi temi avevano già scatenato proteste contro l’improvviso e poco trasparente "scambio" di territori tra Cecenia e Inguscezia. In base a questo accordo, il territorio dell’Inguscezia venne ridotto di 25.000 ettari, con un impatto significativo per la piccola repubblica di 3.000 chilometri quadrati.

Il recente emendamento alla legge sul referendum non solo ha di fatto sancito la legittimità dello scambio di territori, ma ha anche posto le basi per riesumare la questione dell’unificazione con la Cecenia. Questo scenario viene discusso da qualche tempo lontano dai riflettori dalle istituzioni di Cecenia, Inguscezia e Mosca. "Hanno dapprima ufficialmente confermato il trasferimento di territori dell’Inguscezia all’Ossezia del Nord e poi alla Cecenia. La repubblica sta diventando sempre più piccola. Alla fine, diranno che non è ragionevole avere una repubblica così piccola e la fonderanno con la Cecenia, sostenendo che era così in passato e che anche altre nazioni vivono in repubbliche congiunte", ha commentato uno dei partecipanti alle manifestazioni di Magas, richiedendo l’anonimato.

Il passato non è stato dimenticato

In effetti, i popoli ceceno e inguscio erano soliti condividere territori e poteri in epoca sovietica e anche prima. La prima volta, le due nazioni furono ufficialmente unite in una regione amministrativa dopo la guerra caucasica, nel 1862. Poi, dopo varie riforme amministrative, i bolscevichi fondarono la Repubblica socialista sovietica autonomista ceceno-inguscia nel 1936. La repubblica fu abolita nel 1944 e restaurata nel 1957, quando ingusci e ceceni tornarono dall’esilio in Siberia e in Asia centrale, dove erano stati deportati dai comunisti sotto false accuse di collaborazione con il regime nazista.

Alla fine, la repubblica cessò di esistere insieme all’Unione Sovietica nel 1991. Da allora, ceceni e ingusci hanno vissuto nelle rispettive unità territoriali. Entrambe le nazioni avevano una buona ragione per questa separazione. I ceceni volevano costruire uno stato indipendente, mentre gli ingusci speravano di riottenere le proprie terre, assegnate all’Ossezia settentrionale dopo la deportazione cecena e inguscia del 1944. L’unico modo per farlo era rimanere con la Russia.

La questione della riunificazione delle due repubbliche è stata nuovamente sollevata nel 2006, quando la Russia ha messo saldamente piede in Cecenia. Questa volta, l’iniziativa è arrivata dal presidente del parlamento ceceno Dukvakha Abdurakhmanov. La sua idea era di fondere il Daghestan, la Cecenia e l’Inguscezia in un’unica regione, in linea con la nuova politica di allargamento regionale di Mosca. L’idea, tuttavia, non è stata sostenuta né dall’amministrazione federale né dalle autorità locali. Il conflitto armato in Cecenia si era già esteso oltre i confini e tale riforma avrebbe ulteriormente facilitato la diffusione del conflitto nel Caucaso settentrionale.

Uno scenario leggermente diverso…

Voci sulla riunificazione sono riemerse nel 2018, insieme alle proteste a Magas contro il trasferimento di territori alla Cecenia che aveva seguito la demarcazione del confine tra le due repubbliche. Nonostante le smentite ufficiali dei leader regionali, chi protesta sospetta che le autorità stiano mentendo e vede ovunque conferme ai propri sospetti. "Altrimenti perché avrebbero iniziato a rimuovere i check-point tra le repubbliche? Perché dovrebbero mentire costantemente? Il confine non è ancora stato delimitato, ma le autorità cecene stavano già costruendo infrastrutture lì", ha dichiarato un partecipante alle proteste a Magas. "Anche il fatto che stavolta abbiano usato la forza per disperdere la gente è molto significativo. Non ce n’era assolutamente motivo, la protesta era pacifica e ben organizzata…", ha aggiunto.

L’uso della forza da parte delle autorità e la determinazione a continuare a farlo hanno prodotto altre paure. "Siamo sull’orlo di qualcosa di molto brutto. Sarà uno scenario leggermente diverso rispetto a quello della Cecenia negli anni ’90, ma l’idea è la stessa. La gente in Russia sta diventando povera, il paese è in crisi. Ora il Cremlino ha bisogno di distrarre la popolazione. È per questo motivo che vogliono instabilità da qualche parte. Hanno sempre fatto così…", commenta un altro manifestante.

Sarà presto chiaro se i sospetti espressi da questi manifestanti sono corretti. Nel frattempo ci si aspettano altre proteste mentre le autorità sembrano prepararsi ad una probabile rivolta. Le truppe federali sono posizionate vicino ai confini. I veicoli di pattugliamento presidiano costantemente gli insediamenti ingusci. Alcuni attivisti e organizzatori delle proteste sono stati presi in custodia e la loro posizione è tenuta segreta: misure repressive insolite per la repubblica. I poliziotti che si sono schierati con i manifestanti a marzo hanno ora perso il lavoro. A quanto pare il presidente inguscio, l’ex ufficiale militare russo Yunus-bek Yevkurov, non intende più essere indulgente rispetto alle voci dissenzienti e la sua determinazione aumenta le possibilità di disordini civili e di un’ulteriore escalation del conflitto.

Cronologia

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