Serbia: l’opposizione vista come un nemico

In Serbia proseguono le proteste dell’opposizione contro la leadership al potere, guidata dal presidente Aleksandar Vučić. Ma le manipolazioni, la propaganda sui media mainstream e il linguaggio dell’odio espressi dalla compagine governativa rischiano di portare a violenze

21/06/2019, Dragan Janjić - Belgrado

Serbia-l-opposizione-vista-come-un-nemico

Proteste per le vie di Belgrado (foto © Lunja/Shutterstock)

“Allora ditemi dove devo venire. Vengo da solo e voi cinque potete picchiarmi, riempirmi di botte”, ha dichiarato il presidente serbo Aleksandar Vučić nel corso di una conferenza stampa, commentando alcune affermazioni degli esponenti dell’opposizione. L’invito del presidente Vučić è rivolto al sociologo Jovo Bakić, fervente critico dell’attuale stato di cose in Serbia, e ai leader dell’opposizione Vuk Jeremić, Dragan Đilas e Boško Obradović. Vućić ha lanciato il controverso invito reagendo a una recente intervista rilasciata da Jovo Bakić al settimanale NIN, in cui il sociologo ha affermato che la tensione nella società serba sta aumentando e che la violenza sembra inevitabile. “A mio avviso, in Serbia sicuramente ci saranno scontri […] Correremo dietro a quei farabutti che hanno derubato il paese e ingannato il popolo”, ha affermato Bakić nell’intervista rilasciata a NIN.

Nel corso della stessa conferenza stampa in cui ha sfidato i suoi oppositori politici a uno scontro fisico, Vučić si è detto stupito dal silenzio della procura di fronte ad affermazioni come quelle pronunciate da Bakić, aggiungendo che i leader dell’opposizione, che fino a qualche anno fa erano al potere, continuano a esercitare influenza sui procuratori. Ne è seguita un’immediata reazione della polizia che, su richiesta della procura, ha convocato Bakić per un interrogatorio. La polizia ha consegnato a Bakić l’avviso di convocazione mentre si trovava alla Facoltà di Filosofia di Belgrado, dove insegna sociologia, nonostante la legge vieti ai membri delle forze dell’ordine di entrare nelle sedi dell’università senza il previo consenso del rettore.

Le affermazioni di Vučić secondo cui alcuni organismi statali, compresi quelli giudiziari, sarebbero sotto il controllo dell’opposizione, e per questo motivo sarebbero restii a procedere contro gli oppositori del governo, sono parte integrante della campagna condotta dal presidente serbo contro l’opposizione. Il modo in cui le forze di polizia e la procura hanno agito nei confronti di Bakić dimostra che le istituzioni statali in realtà agiscono dietro l’impulso della leadership al potere.

Dopo l’interrogatorio, Bakić ha detto ai giornalisti che è stato convocato dalla polizia a causa dell’intervista rilasciata al settimanale NIN, ovvero a causa del modo in cui questa intervista è stata interpretata dai media filogovernativi, secondo i quali Bakić avrebbe affermato che i membri dell’opposizione dovrebbero fare irruzione nella sede della Radiotelevisione della Serbia (RTS) armati di fucili. “Non ho mai detto questa cosa, ma ribadisco tutto quello che ho dichiarato a NIN, e sono disposto a confrontarmi con chiunque in tribunale”, ha dichiarato Bakić. Bakić, nell’intervista in questione, ha espresso le proprie posizioni con un linguaggio piuttosto radicale, ma ciò non rende giustificata l’affermazione secondo cui sarebbe disposto a organizzare e guidare azioni violente nei confronti di chi la pensa diversamente e che per questo debba essere interrogato dalla polizia o dalla procura.

Dietro all’intera vicenda si cela il desiderio della leadership al potere di presentare i suoi oppositori politici come violenti e traditori e, al contempo, di fornire un’immagine di sé come principale attore coinvolto nella lotta contro la violenza. Questa campagna vede direttamente coinvolto anche il presidente Vučić. I leader dell’opposizione e gli altri oppositori e critici del governo non hanno invece alcuna possibilità di accedere ai media mainstream – attraverso i quali si informa circa l’80% dei cittadini serbi – per esprimere le proprie posizioni.

Vučić ha citato i tre leader dell’opposizione parlando dell’intervista di Bakić allo scopo di convincere i suoi sostenitori che quelli che criticano la coalizione al governo e lui stesso sono tutti uguali e inclini alla violenza. In un’intervista rilasciata alcuni giorni dopo la conferenza stampa di cui sopra, Vučić ha precisato di non aver sfidato i suoi oppositori a uno scontro fisico, bensì di averli invitati a picchiarlo e a smettere di minacciare il popolo.

Violenza

L’invito rivolto dal capo dello Stato ai suoi oppositori politici affinché lo picchino – oltre ad essere difficilmente realizzabile, perché esiste un regolamento in materia di tutela della sicurezza dei funzionari statali – è inaccettabile perché allude alla violenza come mezzo per la gestione dei conflitti tra avversari politici. L’insistenza, da parte dei funzionari statali e media filogovernativi, sulla presunta propensione degli oppositori del governo alla violenza è parte integrante di una campagna di manipolazione dell’opinione pubblica. L’interpretazione della possibile evoluzione della situazione in Serbia fornita dal professor Bakić, pur essendo impregnata di toni forti, si basa su un’analisi sociologica. Tuttavia, i rappresentati del potere hanno approfittato della sua propensione a ricorrere a un linguaggio radicale per presentarlo come leader di un gruppo violento e come una minaccia alla sicurezza nazionale.

La retorica della leadership al potere è finalizzata a trasformare l’opposizione in un nemico e ha portato a un aumento della violenza a sfondo politico, perpetrata perlopiù dai sostenitori del governo. I dati dimostrano che la maggior parte delle vittime dei recenti episodi di violenza sono attivisti dell’opposizione. All’inizio di giugno, dopo una manifestazione di protesta anti-governativa a Novi Sad – dove i cittadini scendono in piazza per protestare ormai da mesi – , uno degli organizzatori della protesta, Dejan Baragić, è stato brutalmente picchiato. Ferito alla testa, sanguinante, è stato trasportato al pronto soccorso, dove è stato trattenuto in osservazione. Alcuni giorni prima, sempre a Novi Sad, sono stati picchiati due studenti e attivisti Marko Đelević e Mihajlo Nikolić. Anche loro due sono stati trasportati al pronto soccorso con ferite alla testa.

Molti altri organizzatori delle proteste anti-governative sono stati aggrediti nei mesi scorsi, tra cui Dalibor Stanojević di Knjaževac, Milan Blagojević di Žitorađa, Strahinja Ćirić di Negotin e Vladimir Petković di Zaječar.

Le proteste anti-governative sono iniziate a dicembre dell’anno scorso dopo l’aggressione violenta a uno degli esponenti dell’opposizione, Borko Stefanović, che è stato colpito alla testa con un’asta in ferro durante un comizio del suo partito organizzato a Kruševac. Questo episodio ha spinto gli esponenti dell’opposizione a impegnarsi più attivamente, anche se le proteste sono state inizialmente organizzate da alcuni movimenti civici e singoli attivisti.

Nei mesi scorsi si sono verificati altri episodi di intimidazione che non sono direttamente legati alle proteste, ma vedono coinvolti gli esponenti della coalizione al governo. Marija Lukić – che ha denunciato pubblicamente le molestie sessuali perpetrate dal sindaco di Brus Milutin Jeličić Jutka, che è anche un funzionario del partito di governo (il Partito progressista serbo, SNS), nei confronti delle donne impiegate nell’amministrazione comunale – è diventata bersaglio di minacce da parte dei sostenitori di Jeličić, senza mai ricevere alcuna protezione da parte dello stato. Un altro caso è quello del giornalista Milan Jovanović, proprietario di un portale critico nei confronti dell’operato dell’amministrazione comunale di Grocka, nei pressi di Belgrado, la cui casa è stata data alle fiamme qualche mese fa. Al termine dell’indagine effettuata su ordine della procura, la polizia ha fatto sapere di aver identificato il sindaco di Grocka Ljubodrag Simonović come mandante dell’atto intimidatorio.

Jeličić e Simonović sono stati costretti a dimettersi, e quest’ultimo ha trascorso un certo periodo in carcere. Tuttavia, entrambi sono riusciti a mantenere, in una certa misura, il proprio potere politico, e i loro sostenitori hanno organizzato diversi raduni per appoggiarli. La coalizione di governo non ha reagito in modo adeguato né tanto meno ha condannato quanto fatto da Jeličić e Simonović, limitandosi a sostenere che i due hanno diritto di partecipare alla vita pubblica in quanto non sono mai stati condannati. Nel frattempo una via di Grocka è stata intitolata a Simonović e suo fratello. Così facendo si è voluto inviare un chiaro messaggio all’opinione pubblica: i membri della coalizione di governo continuano a godere di protezione anche quando sono coinvolti in atti di violenza.

Manipolazione

Statistiche su atti di violenza commessi dai rappresentanti del potere sono state raccolte dall’Associazione dei consiglieri liberi, che raccoglie i membri dei consigli comunali che non provengono dalle fila della coalizione al governo. “Il perdurare della crisi, della violenza, delle aggressioni, della mancanza di dialogo, delle divisioni interne alla società, della divisione tra ‘noi’ e ‘voi’, è preoccupante. Non siete più in grado di gestire tutte le conseguenze delle vostre azioni. Non siete in grado di tenere sotto controllo quelli che vi credono quando dite che i cittadini, le persone pubbliche e i politici che hanno un atteggiamento critico sono ‘nemici dello stato’, ‘traditori’, ‘mercenari’, ‘ladri’, ‘fascisti’, ‘canaglie’, per citare solo alcuni dei termini che state usando per bollare chi la pensa diversamente. Dovete rendervi conto che avete seminato l’odio molto profondamente e che ci sono persone che vi credono. E voi non potete controllarle”, si legge in una lettera aperta che quest’associazione ha inviato al presidente Vučić.

Nonostante stia diventando sempre più evidente che la violenza sta entrando, lentamente e sistematicamente, nella vita politica del paese, gli appelli come quello lanciato dall’Associazione dei consiglieri liberi, per come stanno le cose adesso, difficilmente possono suscitare le reazioni desiderate. Le reazioni del capo dello Stato e dei funzionari della coalizione al governo ad alcune affermazioni degli esponenti dell’opposizione dimostrano che non c’è alcuna seria intenzione da parte dei rappresentanti del potere di instaurare un dialogo con i loro oppositori politici e con quella parte della società che ha un atteggiamento critico nei confronti dell’operato del governo. Questa situazione porterà inevitabilmente a un ulteriore aumento della tensione della società serba, e di conseguenza a una maggiore instabilità. Il governo sta cercando di addossare tutte le colpe all’opposizione, accusandola, tra le altre cose, di incitare alla violenza e di non voler dialogare. L’obiettivo del governo è quello di convincere sia l’opinione pubblica locale che la comunità internazionale di essersi fortemente impegnato a difesa dello stato di diritto e della libertà dei media, incolpando al contempo l’opposizione per tutti i problemi che affliggono il paese.

Mentre questa strategia – soprattutto grazie al controllo esercitato dal governo sui media mainstream – sta dando i risultati attesi sulla scena politica locale, tanto da convincere la maggior parte della popolazione che l’opposizione è la radice di tutti i problemi della Serbia, per quanto riguarda la comunità internazionale le cose stanno diversamente. Nella sua ultima relazione sui progressi compiuti dalla Serbia nel processo di adesione, la Commissione europea non ha risparmiato forti critiche all’operato del parlamento e al funzionamento dello stato di diritto e del sistema giudiziario, esprimendo inoltre preoccupazione per il deterioramento della libertà dei media. Anche Freedom House ha rilevato un peggioramento della situazione dei media in Serbia. Stando infatti all’ultimo rapporto sulla libertà di stampa nel mondo, stilato da questa organizzazione, la Serbia è scesa di alcune posizioni rispetto all’anno precedente.

Nelle sue prime reazioni alla pubblicazione di questi due rapporti il governo serbo si è detto completamente sorpreso, per poi esprimere forti critiche, sostenendo che questi report non corrispondono alla realtà. Tuttavia, dopo la pubblicazione di questi documenti, gli esponenti della maggioranza di governo hanno invitato l’opposizione a un dialogo in parlamento, ma è poco probabile che l’opposizione decida di accettare l’invito e di interrompere il boicottaggio del parlamento. I deputati dell’opposizione venivano costantemente emarginati e umiliati, e non è con un solo invito al dialogo e un annuncio della presidente del parlamento Maja Gojković che le cose cambieranno. È logico aspettarsi che l’opposizione chieda garanzie più solide e che continui ad insistere sulla necessità di avviare un dialogo con i più alti funzionari statali.

Commenta e condividi

La newsletter di OBCT

Ogni venerdì nella tua casella di posta