Croazia: requiem per le scuole di villaggio
I ministero dell’Istruzione in Croazia prevede un ampio piano di razionalizzazione della rete scolastica. A farne le spese decine di scuole dei villaggi di cui sono l’unico vero cuore pulsante
(Pubblicato originariamente da Novosti, selezionato e tradotto da Le Courrier des Balkans e OBC Transeuropa)
Quante scuole elementari riapriranno le loro aule il prossimo autunno? Nella contea di Vukovar-Sirmia (Vukovarsko-srijemska županija), 37 scuole “non sostenibili” su 41 dovranno chiudere, nel nome dell’ottimizzazione voluta dal ministero. Una nuova minaccia per l’est della Croazia, già aggravata da un forte esodo della popolazione
Le nuove direttive annunciate la scorsa primavera dal ministero dell’Educazione per “l’ottimizzazione” dell’insegnamento hanno creato grande preoccupazione nell’est della Croazia. Secondo le suddette direttive una scuola “ottimizzata” deve avere tra i 300 e i 500 studenti, con 20-24 alunni per classe. Su 41 istituti scolastici della contea Vukovar-Sirmia solo due rispondono a questi criteri.
Sedici scuole con meno di 150 alunni dovranno essere aggregate ad altre di maggiori dimensioni e 37 scuole di villaggio – che hanno uno statuto diverso da quelle statali – rischiano semplicemente la chiusura. È emerso da una riunione di coordinamento avvenuta tra il prefetto della contea, Bože Galić, e i sindaci della regione. La direttrice del servizio Educazione della contea, Jadranka Mustapić-Karlić, ha precisato in quell’occasione che il ministero aveva accordato alle contee sei mesi di tempo per trovare una soluzione per i propri istituti scolastici.
“Siamo contrari in modo assoluto a tutte queste misure e noi vogliamo che le scuole di villaggio restino dove sono, esattamente come le scuole statali. Ritengo che la Croazia, e la nostra contea in particolare, debbano essere esentate da tutte queste questioni”, ha dichiarato Jadranka Mustapić-Karlić. “Il ministero ha dichiarato che, oltre alla razionalizzazione e alla modernizzazione del settore scolastico, gli obiettivi erano anche di avere lezioni su un unico turno giornaliero e equipaggiamenti delle aule migliori. Ma io sostengo che le nostre scuole sono ben equipaggiate, non va assolutamente male anche se, certo, si potrebbe fare meglio, ma i nostri studenti non sono svantaggiati, neppure nelle scuole più piccole”.
Per i comuni della Croazia orientale, che hanno visto negli ultimi decenni la popolazione dimezzarsi a causa dell’emigrazione per motivi economici, le direttive del ministero sono catastrofiche. “Non possiamo permettere che l’esodo continui. Il ministero dell’Educazione e lo stato devono ascoltarci. Le scuole non sono organizzazioni a scopo di lucro, non possono comportarsi come le Poste, che ci hanno abbandonato. Sono contrario a qualsiasi aggregazione o chiusura di scuole, implicherebbe un peggioramento dei servizi”, protesta Anto Gutić, sindaco di Gunja, dove la scuola elementare e le due scuole di villaggio ad essa collegate non contano che qualche decina di scolari. La situazione è ancora peggiore a Lovas, con soli sei scolari nel villaggio di Opatovac.
“Questi bambini meritano le stesse condizioni di insegnamento di tutti gli altri scolari della Croazia. Certo, costano di più, ma proprio a causa di fattori demografici e geografici penso che non dovremo essere nemmeno qui a parlare di questa questione”, sottolinea Tanja Cirba, sindaca di Lovas, aggiungendo che la scuola di Opatovac, con i suoi pochi scolari, ottiene risultati eccellenti.
Per Vladimir Redl, sindaco di Vrbanj, chiudere le scuole significa condannare alcuni villaggi all’isolamento totale e si dice pronto a tutto per aiutare questi istituti scolastici a resistere.
“Sul territorio del nostro comune abbiamo una scuola con 120 scolari a Vrbanj, una di 110 a Soljani, e una scuola di villaggio a Štrosinci, con 10 scolari. Per noi qualsiasi fusione o soppressione sarebbe un []e, dagli effetti devastanti politicamente e demograficamente. Štrosinci è già molto isolato e chiudere la piccola scuola locale significherebbe di fatto sopprimere l’unica istituzione che mantiene questo piccolo villaggio in vita”, sottolinea Vladimir Redl, aggiungendo che il comune è pronto a tutto pur di trovare una soluzione e che ha già accettato di co-finanziare i costi di gestione dell’ufficio postale di Štrosinci, che la Posta croata voleva chiudere.
Altro problema di rilievo, nel caso della riorganizzazione della rete scolastica, è il trasporto degli scolari. “Non è possibile per gli scolari affidarsi al trasporto pubblico ordinario. Di solito qui i paesi hanno dei bus scolastici, riservati agli scolari e garantiti dalle scuole. Ma se anche questo trasporto salta chi sarebbe pronto a mandare i propri figli di cinque o sei anni da soli sugli autobus pubblici, magari in pieno inverno e con vetture che hanno più di vent’anni?”, si indigna il sindaco di Drenovac.
A seguito di numerose reazioni, anche sui media, relativamente alla soppressione di queste scuole la ministra Blaženka Divjak ha dichiarato alla rete N1 che non si trattava di sopprimere ma di “ottimizzare” la rete scolastica in modo da ottenere un’educazione di qualità in edifici ben equipaggiati, utilizzando in modo razionale il budget statale. Ha poi parlato di 21 scuole elementari che pur essendo statali, ma contando meno di 50 scolari, verranno accorpate ad altre scuole perché verrà tolta loro l’amministrazione e la direzione. “Forse qualcuno ha interesse nel fatto che si abbia più personale amministrativo ma l’obiettivo del ministero è quello di avere più bravi insegnanti possibile e che gli scolari ottengano un insegnamento di qualità”, ha aggiunto la ministra.
La deputata dell’SDSS (Partito democratico serbo indipendente) Dragana Jeckov ha fatto presente in parlamento le conseguenze potenziali di queste nuove direttive: “Era da tempo che non si assisteva a una tale superficialità nell’adottare misure tanto drastiche. I funzionari hanno dato prova per l’ennesima volta di un atteggiamenti freddo e calcolatore. Evidentemente, non hanno riflettuto su cosa significhi per un paese la chiusura della sua scuola. Se ci avessero pensato ed avessero fatto un po’ di esperienza sul campo invece di interessarsi solo ai numeri avrebbero capito che la chiusura di una scuola equivale alla morte del villaggio, perché sono proprio queste le istituzioni che sono al cuore della vita culturale, sociale e sportiva delle piccole comunità. Una tale misura non farà che accelerare l’esodo già in atto da numerosi anni”.
Non sembra nemmeno facciano eccezione, per le nuove direttive, le scuole frequentate da membri delle minoranze nazionali, con tutte le loro specificità. “L’ottimizzazione” colpirebbe quindi anche le scuole della minoranza serba, che hanno tutte meno di 300 scolari. La scuola di Borovo ha 267 scolari, le altre sono ancora più piccole: 135 a Bobota, un centinaio a Markušica, 79 a Negoslavci, 72 a Trpinja e 69 a Bršadin. Il futuro sembra ancor più nero per le scuole di villaggio di Klisa, Vera, Silaš, Pačetin, Ostrovo e Gaboš, dove il numero di scolari va da 5 a 13.
“Nei tempi migliori avevamo quasi 300 scolari, ma con la crisi economica in molti sono partiti e il numero è crollato. Ciononostante le elezioni sono della stessa qualità, forse anche migliori: possiamo lavorare individualmente con ciascun scolaro e questo è l’aspetto più positivo”, sottolinea Vesna Vujić, direttrice della scuola elementare di Trpinja. “Serve razionalizzare i costi ma non lo si può fare a danno della qualità”, continua lei. “Al posto di rinforzare la qualità dell’insegnamento nelle piccole scuole si propone di chiuderle. E anche se la scuola non viene del tutto chiusa ma aggregata ad un altro istituto la gente resterà a vivere in questi paesi e l’emigrazione diverrà ancora più massiccia”.