Lettera all’Europa
L’Unione europea personifica appieno il caso del dottor Jekyll e del signor Hyde. Lo scrive, in una sua "lettera all’Europa", Ilija Trojanow, scrittore, traduttore ed editore
Ogni anno il festival di poesia Days of Poetry and Wine di Ptuj, tra i più conosciuti festival dell’Europa centrale, propone ad un poeta di indirizzare una lettera all’Europa, per sottolineare le questioni che ritiene siano le più urgenti. La prima lettera venne scritta da Stefan Hertmans nel 2017 seguito da Athena Farrokhzad l’anno successivo. Nel 2019 è stata la volta di Ilja Troianow.
Cari europei, cari complici, care compagne vittime,
ho recentemente ricevuto una mail da Aisha al-Gheddafi, l’unica figlia dell’ex dittatore libico. Non ci conoscevamo, eppure la signora Gheddafi scriveva con molta fiducia che mi avrebbe affidato 27,5 milioni di dollari se l’avessi aiutata a investire i soldi nel mio paese. Mi avrebbe ricompensato con una bella commissione del trenta per cento di questa somma. Mi ha chiesto di contattarla con urgenza.
Non credevo che la signora Gheddafi mi avesse scritto personalmente, ovviamente. Dopo tutto, non era la prima volta che venivo contattato in questo modo. Probabilmente tutti hanno ricevuto una missiva simile almeno una volta nella vita: in passato per lettera, per un breve periodo via fax e da qualche tempo tramite e-mail. È l’inizio di una truffa.
I nigeriani la chiamano "419", dal relativo paragrafo del codice penale del loro paese. Qualcuno ti scrive, affermando di avere accesso a ingenti somme di denaro (appropriazione indebita). Questo qualcuno vorrebbe che tu lo aiutassi a portare questo denaro fuori dalla Nigeria (o dalla Russia o dal Brasile o da qualche altro paese). Nigeriani intraprendenti inviano milioni di questi messaggi e, se un destinatario ci casca, chiedono alcuni modesti pagamenti amministrativi per oliare le ruote per la grande manna. Accetta un incontro faccia a faccia con uno di questi faccendieri e ti faranno ballare per un bel po’.
Gli europei di solito parlano o scrivono dei casi di 419 come esempio della tremenda corruzione in paesi come la Nigeria, con un misto di indignazione e divertimento. Meno frequentemente si parla del comportamento dei truffati, generalmente considerati vittime pur essendo in realtà complici. Come fanno i mittenti di queste mail a pensare di attirare qualcuno in Europa con storie assurde di oro e pietre preziose? Il trucco funziona solo perché è chiaro a entrambe le parti che nigeriani, libici o iracheni stanno facendo riciclare i propri soldi sporchi a un europeo "che più bianco non si può". Non sorprende nessuno che agli europei si affidi ciecamente la protezione di milioni di dollari trafugati.
Questo è chiaramente uno dei nostri compiti nell’ambito della divisione globale del lavoro. Altri rubano, noi custodiamo; un dollaro lava l’altro. Ogni e-mail 419 è un segno che la corruzione nel sud del mondo è possibile solo perché i soldi rubati finiscono da qualche parte qui, che si tratti di Londra o Zurigo, Cipro o del Liechtenstein.
Eppure siamo sconvolti dalla portata della corruzione nel sud. Circa 50 miliardi di dollari vengono sottratti ogni anno nei paesi più poveri del mondo. Il capitale fugge a nord. Designare i responsabili dell’andazzo del capitalismo globalizzato non è facile come molti di noi vorrebbero pensare. Transparency International, ad esempio, pensa che la Somalia sia il paese più corrotto sulla terra, mentre il noto giornalista italiano Roberto Saviano, che ha studiato per decenni le organizzazioni in stile mafioso, è dell’opinione che sia la Gran Bretagna (Londra è degenerata in un parco giochi per truffatori internazionali).
Transparency e Saviano hanno ragione entrambi, ma come cittadini europei, dobbiamo prendere atto della nostra schizofrenia. Chiediamo buon governo e ricicliamo denaro sporco, contemporaneamente, con i nostri cuori in cielo e i nostri culi grassi sul divano della compiacenza.
Alla fine del XVIII secolo a Edimburgo viveva un uomo di nome William Brodie, un elegante signore che gestiva una bottega di ebanista ed era rispettato dai suoi concittadini. Di giorno faceva parte del consiglio comunale e soddisfaceva in modo affidabile gli ordini dei suoi clienti; di notte entrava nelle case dei suoi clienti e li rapinava. . . fino a quando un giorno fu arrestato e giustiziato.
William Brodie sarebbe stato da tempo dimenticato se Robert Louis Stevenson non avesse visto in lui un simbolo estremo di un inquietante tratto umano: la doppia personalità. Stevenson scrisse di Brodie tre volte. I primi due tentativi furono flop teatrali, il terzo – una novella frenetica intitolata The Strange Case of Dr Jekyll and Mr Hyde – divenne un bestseller.
"Sono nato nel 18– con una grande fortuna, dotato inoltre di qualità eccellenti, propenso all’industria, affezionato al rispetto dei saggi e dei buoni tra i miei simili, e quindi, come si poteva supporre, con ogni garanzia di un futuro onorevole e distinto”. Così inizia la confessione del dottor Jekyll nel capitolo finale del libro. È un eminente dottore, un uomo che guarisce le persone, che dà valore all’educazione e alla conoscenza e un membro di spicco della società.
Allo stesso tempo, tuttavia, è l’epitome insensibile e brutale dell’avidità cieca, un uomo di nome Mr Hyde.
Non ci sono il dottor Jekyll da un lato e Mr Hyde dall’altro, ma una creatura "impegnata in una profonda duplicità di vita". Inoltre: "Ho visto che delle due nature che si contendevano il campo della mia coscienza, se potevo giustamente dire di essere una, era solo perché ero radicalmente entrambe".
Il dottor Jekyll non è innocente né ingenuo né cieco. Riconosce il nemico dentro di sé e gli piacerebbe molto sconfiggerlo. Alla fine, però, rinuncia alla lotta.
È possibile tracciare una linea diretta tra questa storia e il presente. Ciò che è vero per gli individui può valere anche per le società nel loro insieme. L’Europa – o, per essere più precisi, l’Unione europea – è il dottor Jekyll e Mr Hyde.
Nel 2017 il presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker, ha espresso orrore per lo stato dei campi profughi in Libia. "Non riesco a dormire bene quando penso a quello che sta succedendo a quelle persone che sono andate in Libia per cercare di migliorare la propria vita, solo per ritrovarsi all’inferno". L’Europa non deve "tacere di fronte a questo scandaloso problema, che risale a un altro secolo”. Era "molto scioccato" dalle notizie secondo cui i rifugiati in Libia venivano venduti come schiavi. "Fino a due mesi fa non conoscevo la portata del problema. È diventata una situazione costante e urgente".
È facile capire l’orrore di Juncker. In Libia una trentina di rifugiati sono ammassati in celle di meno di cinque metri quadrati e muoiono di fame perché vengono nutriti solo ogni tre giorni. Secondo un rapporto dell’Ong Medici senza frontiere, le loro condizioni di vita peggiorano costantemente. Quasi un quarto dei detenuti nella prigione di Sabaa a Tripoli, la capitale, sono apparentemente denutriti, molti dei quali bambini.
L’Organizzazione internazionale per le migrazioni (IOM) stima che attualmente vi siano circa 670.000 rifugiati in Libia. L’ambasciata tedesca in Niger ha scritto alla Cancelleria tedesca nel 2017, descrivendo cosa succedeva ai rifugiati respinti nel Mediterraneo: "Esecuzioni di migranti che non possono pagare, torture, stupri, ricatti e abbandono nel deserto sono la routine quotidiana. Testimoni oculari hanno parlato di cinque sparatorie a settimana in una delle carceri: queste erano preannunciate e si svolgevano sempre di venerdì per liberare spazio per i nuovi arrivati".
Uno studio della Commissione per le donne rifugiate conclude che praticamente ogni donna che fugge attraverso la Libia è vittima di violenza sessuale. Ci sono testimonianze di stupri con bastoni, genitali bruciati, peni tagliati e uomini costretti a violentare le proprie sorelle. Atrocità inimmaginabili, e tutto negli ultimi due anni.
Quindi cosa ha fatto Juncker per porre fine a tali terribili circostanze?
Niente!
Cosa avrebbe potuto fare?
Molte cose.
Questo perché ciò che sta accadendo in Libia si sta verificando non solo con l’acquiescenza dell’UE, ma anche con finanziamenti diretti dal blocco, dal momento che le guardie di frontiera libiche devono utilizzare tutti i mezzi disponibili per impedire la fuga dei rifugiati. Se i rifugiati subiscono condizioni terribili e muoiono in Libia, è conseguenza diretta di una politica UE mirata.
Tuttavia, sarebbe sbagliato accusare i sostenitori di questa politica, come Jean-Claude Juncker, di ipocrisia. Il suo oltraggio era senza dubbio sincero. È un erede della tradizione europea che ha promulgato ideali universali di solidarietà in tutto il mondo dopo la Rivoluzione francese, abolito la schiavitù e svolto un ruolo decisivo nella stesura della Dichiarazione universale dei diritti umani. Il dottor Jekyll riflette su questo enigma: “Nella mia duplicità, non ero affatto un ipocrita; entrambe le parti erano genuine. Non ero maggiormente me stesso quando mettevo da parte la moderazione e mi immergevo nella vergogna, rispetto a quando lavoravo, alla luce del giorno, per promuovere la conoscenza o il sollievo dal dolore e dalla sofferenza".
L’UE dichiara di "sostenere le autorità nazionali nel migliorare la propria capacità di combattere i trafficanti". In realtà, tuttavia, la distinzione tra le autorità libiche e le bande di trafficanti è alquanto labile.
"I governi e le istituzioni europee continuano a dire che sostengono la fine della detenzione arbitraria di rifugiati e migranti, ma non hanno intrapreso alcuna azione decisa per garantire che ciò accada", ha affermato Matteo De Bellis di Amnesty International.
I politici europei parlano come il dottor Jekyll e si comportano come Mr Hyde. Il ministro tedesco dello sviluppo internazionale, Gerd Müller, elabora piani su piani per salvare il mondo, ma poco è successo durante il suo mandato.
Il ministro vorrebbe che le società occidentali cambiassero radicalmente il proprio stile di vita. "Non dovremmo più trarre la nostra prosperità dal lavoro di schiavi e bambini e dallo sfruttamento del nostro ambiente". Nel suo libro Unfair scrive: "Dobbiamo raggiungere uno stato che permetta a ogni persona sul pianeta di vivere in modo dignitoso. L’obiettivo è quello di soddisfare le esigenze fondamentali di tutti in termini di cibo, acqua, alloggio e lavoro, e per i paesi industrializzati, che hanno già acquisito questi beni materiali, ciò significa che dobbiamo imparare a condividere. A lungo termine non ci deve essere e non ci sarà ulteriore crescita a spese degli altri".
In un discorso in onore dell’agenzia di aiuti cattolica Misereor un anno fa, ha dichiarato: "Invece di ‘Mi dispiace’ ora dovremmo dire ‘Mi prendo la responsabilità per quelle cose che sono in mio potere’. E abbiamo potere! Come consumatori. Come imprese che producono in tutto il mondo. Come politici di grandi potenze economiche".
Ha continuato citando la sfida del cardinale Frings a fare appello alle coscienze di coloro che determinano le condizioni politiche, economiche e sociali. È tutto molto onorevole: il Ministro Jekyll sta formulando una chiara missione etica, che ognuno di noi percepisce in momenti chiave. Mia figlia ha imparato a scuola che un prosperoso cittadino svizzero utilizza le stesse risorse di un intero villaggio africano. Se fossimo su una zattera, tale comportamento parassitario e antisociale non sarebbe tollerato.
La politica della vita reale è diversa, però. Ogni organismo internazionale impedisce riforme indispensabili al sistema economico e finanziario globale. Negli ultimi quattro decenni ci sono stati tentativi a vari livelli amministrativi delle Nazioni unite di collegare condotta economica e diritti umani e approvare regole vincolanti. Più recentemente, un anno fa il Gruppo di lavoro intergovernativo (IGWG) sulle società transnazionali e i diritti umani ha pubblicato un progetto di accordo su impresa e diritti umani. Questa "bozza zero" – così chiamata per dimostrare che è provvisoria e modificabile – è stata il risultato di anni di contrattazione tra i partecipanti. Verrà ora "discussa": un eufemismo per la sterilizzazione di qualsiasi restrizione rigorosa e giuridicamente vincolante sulle azioni spesso brutali e quasi sempre sfruttanti delle aziende internazionali nei paesi più poveri.
Parallelamente, agli sforzi dei paesi del Sud globale per essere ammessi al comitato per la politica fiscale internazionale dominato dall’OCSE è stato posto il veto dal Nord, compresa la Germania. Questo avrebbe "aumentato le opportunità fiscali dei paesi più poveri per determinare misure normative internazionali, ad es. chiusura dei paradisi fiscali, lotta all’evasione fiscale e lotta alla concorrenza per il dumping fiscale".
Solo due decenni fa, la riduzione del debito per i paesi più poveri era una questione politica di alto profilo. Tutto ciò che ostacolava la cancellazione dei debiti dei paesi in via di sviluppo era l’avidità e l’egoismo dei paesi industrializzati. Al giorno d’oggi, questi paesi difendono i propri vantaggi con le unghie e con i denti. Quando il ciclone Idai ha recentemente devastato parti del Mozambico, gli appelli strazianti per la riduzione del debito sono caduti inascoltati. Secondo le statistiche del FMI, il Mozambico è uno dei trentacinque stati che si trovano in una crisi del debito esistenziale. Il paese è indietro con i suoi pagamenti e incapace di saldare i debiti in essere.
Ogni volta che si tratta di denaro o la "nostra" prosperità è minacciata, Hyde alza la sua brutta testa e sabota la lotta per la dignità umana e una buona vita per tutti.
Invece di regole vincolanti, l’UE e il governo tedesco (incluso il ministro Müller) optano per schemi volontari per gli standard ambientali e sociali.
Un anno fa ho guidato per due ore buone attraverso il nord del Borneo e, a perdita d’occhio su entrambi i lati della strada, non c’era nient’altro che palme da olio dove, solo una generazione fa, fioriva la giungla. La vista: monocoltura alimentata chimicamente e crescita che porta alla morte (dopo due decenni i terreni sono completamente esauriti). Le dichiarazioni di Amsterdam ora incoraggiano i commercianti, le aziende agricole e le imprese alimentari che hanno contribuito alla distruzione della natura per diversi decenni a impegnarsi volontariamente in standard più rigorosi come parte di piattaforme multi-stakeholder e a incardinare i loro modelli di business su una base più sostenibile. Questa vecchia idea ha solo uno svantaggio: non funziona.
Hyde è particolarmente dilagante in agricoltura. Sebbene l’ultimo Rapporto mondiale sull’agricoltura invochi un cambiamento radicale nell’agricoltura globale, l’UE e i suoi stati membri più potenti continuano a spingere per l’espansione dell’agricoltura industriale completa di uso intensivo di fertilizzanti, pesticidi e semi brevettati. Ciò serve principalmente gli interessi e i profitti delle società agricole coinvolte, mentre i metodi agro-ecologici sostenibili sono quasi ignorati.
Ci si potrebbe strappare i capelli di fronte a questa schizofrenia profondamente radicata, ma ci sono anche segni di speranza. La schiavitù era tanto normale alla fine del diciottesimo secolo quanto le navi container oggi. Quando piccoli gruppi in Gran Bretagna iniziarono a mettere in discussione la sua legittimità, le loro convinzioni etiche furono respinte perché il commercio di schiavi transatlantici era immensamente redditizio per il Regno Unito. Garantiva posti di lavoro, enormi ricchezze e flusso di beni di consumo. Questa era una giustificazione sufficiente. È lo stesso oggi per quanto riguarda le enormi disuguaglianze sociali e la distruzione ambientale. Le argomentazioni di Mr Hyde sono dure a morire. Eppure cinquant’anni di lotta politica alla fine hanno portato all’abolizione della schiavitù in Europa.
Anche questo fa parte della tradizione europea. In Crisis in Civilization, la forte accusa di Rabindranath Tagore al dominio britannico in India, il poeta cerca di distinguere tra resistenza all’imperialismo e rifiuto della civiltà occidentale. Da un lato, l’India era “soffocata dal peso morto dell’amministrazione inglese"; dall’altro, non dovrebbe mai dimenticare ciò che il paese aveva guadagnato attraverso il dramma di Shakespeare e la poesia di Byron e soprattutto "il liberalismo di buon cuore della politica inglese del diciannovesimo secolo". L’aspetto tragico, tuttavia, era che "ciò che era veramente il migliore nelle loro stesse civiltà, la difesa della dignità delle relazioni umane, non ha posto nell’amministrazione britannica di questo paese".
Non è un segreto che la storia del dottor Jekyll e di Mr Hyde si concluda male. Robert Louis Stevenson, grande viaggiatore scozzese, aveva incapsulato la duplice natura europea con notevole prescienza: “Henry Jekyll si trovava a volte inorridito davanti agli atti di Edward Hyde; ma la situazione era staccata dalle leggi ordinarie e allentava insidiosamente la presa della coscienza. Era Hyde, dopo tutto, e solo Hyde, a essere colpevole. Jekyll non stava peggio; si svegliava di nuovo con le sue buone qualità apparentemente intatte; si sarebbe anche affrettato, ove possibile, a cancellare il male fatto da Hyde. E così la sua coscienza sonnecchiava".