Azerbaijan: la retorica anti-europea di Aliyev

Il discorso tenuto dal presidente azero Ilham Aliyev lo scorso 26 novembre, segna un cambio drastico nelle retorica del regime. Con approccio anti-europeo e tradizionalista, si tenta di contrastare il malcontento dei giovani

23/12/2019, Bahruz Samadov -

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Ilham Aliyev (Drop of Light/Shutterstock)

(Pubblicato originariamente da OC Media )

Nei suoi discorsi, Ilham Aliyev di solito fa ricorso a una retorica incentrata sui “patetici” anni Novanta e ribadisce l’importanza del ruolo svolto da suo padre ed ex presidente dell’Azerbaijan Heydar Aliyev, al contempo attaccando i suoi oppositori. Questa volta, però, il presidente si è scagliato non solo contro i “tradizionali” partiti di opposizione – Fronte popolare e Musavat che erano al potere nel 1992-1993 – ma anche contro i sostenitori dell’uguaglianza di genere e dell’europeizzazione dell’Azerbaijan.

La svolta retorica segnata dal discorso del 26 novembre scorso diventa comprensibile tenendo conto delle recenti riforme introdotte dal presidente Aliyev, che sono state accompagnate da numerose sostituzioni nelle fila del governo e da notevoli cambiamenti nel linguaggio usato dai funzionari dello stato.

Date queste premesse, non deve stupire il fatto che all’indomani del discorso pronunciato da Aliyev all’Università di Baku il partito di governo abbia chiesto al presidente di sciogliere il parlamento.

Vecchi e nuovi nemici

Aliyev ricorre regolarmente a una retorica incentrata sui presunti “traditori provenienti dal tandem Fronte popolare-Musavat” e il suo ultimo discorso, sotto questo aspetto, non rappresenta un’eccezione.

Il fulcro della narrazione di Aliyev consiste nell’affermazione secondo cui “l’opposizione tradizionale”, in primis il Fronte popolare, avrebbe tradito l’Azerbaijan. Aliyev attribuisce al Fronte popolare la responsabilità per la perdita del Nagorno Karabakh durante il conflitto tra Azerbaijan e Armenia degli anni Novanta.

La vera novità dell’ultimo discorso di Aliyev consiste però in una retorica anti-europea e conservatrice. Durante il suo discorso, Aliyev ha infatti accusato l’Europa di atteggiamenti e sentimenti anti-islamici, respingendo la possibilità di una più stretta integrazione dell’Azerbaijan con l’Ue. Aliyev ha definito l’Europa come un continente degenerato, ricorrendo a un linguaggio conservatore parlando di ruoli di genere.

"Dobbiamo integrarci in un mondo dove non si fa alcuna distinzione tra uomo e donna?", ha chiesto Aliyev in modo retorico, rispondendosi da solo: "Decisamente no".

Nel suo discorso Aliyev ha inoltre affermato che l’Azerbaijan è "uno stato fondato sui valori tradizionali, tra cui il rispetto per gli anziani".

"Dobbiamo difendere questi valori", ha dichiarato Aliyev, invitando i giovani ad ascoltarlo.

La diffusione di idee progressiste tra i giovani azeri – come l’europeizzazione, il femminismo, l’accettazione delle persone LGBT – , emersa chiaramente durante una recente marcia femminista contro la violenza domestica organizzata a Baku, ha fatto sì che nella retorica del regime i giovani diventassero “altri”, considerati come nuovi nemici del potere, insieme a quelli vecchi, rappresentati dalle forze di opposizione, il Fronte popolare e Musavat.

Di fronte alla diffusione di idee femministe in Azerbaijan, Aliyev ha apertamente dimostrato, per la prima volta, un atteggiamento paternalistico. "Dobbiamo rispettare le donne, dobbiamo difenderle e proteggerle. C’è uguaglianza di genere, lo riconosciamo. Ma non possiamo vivere al di fuori del pensiero tradizionale. E le giovani generazioni devono capirlo", ha dichiarato Aliyev durante il discorso tenuto all’Università di Baku.

Molti osservatori hanno notato come questa nuova retorica di Aliyev, anti-europea e tradizionalista, sia lontana da un suo discorso del 2004 quando, appena un anno dopo essere stato eletto presidente per la prima volta, Aliyev aveva definito l’Azerbaijan come un paese che guarda all’Europa, dichiarando: "Abbiamo scelto di integrarci nell’Europa. Come ho detto all’inizio, rimaniamo assolutamente fedeli a questa scelta, questa politica viene portata avanti e proseguiamo sulla strada intrapresa, non solo con le parole, ma intraprendendo passi concreti".

È evidente quindi che nel frattempo Aliyev ha abbandonato la “strada” dell’integrazione europea.

Poche ora prima del discorso tenuto all’Università di Baku Aliyev ha incontrato il capo di Stato maggiore dell’esercito russo Valery Gerasimov. Durante l’incontro, Aliyev ha espresso la sua ammirazione per Vladimir Putin, definendolo come  "il presidente del più importante paese al mondo" e come "il numero uno tra i politici mondiali".

La virata conservatrice di Aliyev assomiglia alla propaganda statale russa, perché anche quest’ultima ricorre a diversi argomenti legati al genere, spesso con allusioni mascherate, ma evidenti, sui diritti LGBT, allo scopo di contrapporre "la nostra identità" a quella straniera e "degenerata".

Tale contrapposizione rappresenta una novità nella retorica del presidente azero ed è in contrasto con la solita rappresentazione di Aliyev e della sua famiglia come membri di un’élite progressista, contrapposta alla “tradizionale opposizione”, i cui esponenti vengono di solito rappresentati come nazionalisti retrogradi o persino come filoislamici.

La fine dell’ordine post-ideologico

In Azerbaijan regna un ordine post-ideologico, in cui né il partito di governo né le forze di opposizione hanno alcun chiaro atteggiamento ideologico. Questa situazione, accompagnata dalla marginalizzazione della lotta politica, ha provocato la depoliticizzazione dell’opinione pubblica azera.

Nell’ultimo decennio, in Azerbaijan la partecipazione politica è stata molto bassa. Tuttavia, quest’anno si è assistito – per dirla con Freud – al “ritorno del represso”, ovvero a un risveglio di energie a lungo sopite, compresa una mobilitazione contro l’arresto del giornalista Mehman Huseynov, culminata in una massiccia manifestazione di protesta organizzata a Baku nel gennaio 2019; due marce femministe, la prima a marzo e la seconda ad ottobre; la diffusione dei discorsi anti-governativi sui social network; la protesta dell’opposizione svoltasi lo scorso 19 ottobre a Baku, etc.

Questa esplosione sociale ha dimostrato chiaramente che la crescente impopolarità del regime potrebbe mettere a repentaglio il suo potere e persino la sua stessa esistenza.

Il regime di Aliyev non gode di alcun sostegno tra i giovani, che sono sempre più propensi ad abbracciare idee anti-elitarie, femministe e progressiste.

Non stupisce quindi che il presidente Aliyev abbia deciso di tenere un discorso agli studenti.

Se vuole ribaltare la situazione a proprio vantaggio, Aliyev deve riconquistare il sostegno popolare ed elaborare una nuova ideologia. Una serie di riforme, accompagnate dalla nuova retorica tradizionalista, potrebbe rivelarsi una strategia vincente.

Aliyev ha già intrapreso i primi passi in questa direzione. Alla fine di ottobre, il capo dell’amministrazione presidenziale Ramiz Mehdiyev, 81 anni, in carica dal 1995, ha rassegnato le sue dimissioni . Mehdiyv è stato a lungo considerato il padre ideologico del regime di Aliyev.

Anche altri vecchi ministri e alti funzionari dello stato hanno recentemente rassegnato le loro dimissioni, e quasi sicuramente sono stati costretti a farlo. Uno di loro è Ali Hasanov, che è stato probabilmente l’esponente più impopolare del regime, noto come “principale censore” e “direttore della fattoria di troll azera”.

Anche la decisione del presidente Aliyev di sciogliere il parlamento e di indire elezioni anticipate è parte integrante della stessa strategia del repulisti nelle fila dell’élite al potere.

Il vice premier Ali Ahmadov ha dichiarato che il nuovo parlamento sarà composto da “giovani modernisti e patriottici”.

Un progetto della famiglia Pashayev

Sono in molti a credere che il regime , e soprattutto i Pashayev – la famiglia della vice presidente e first lady azera Mehriban Aliyeva – , stiano approfittando delle riforme in atto per consolidare il proprio potere e conquistare nuovi consensi tra i giovani conservatori favorevoli alle riforme.

Lo zio di Mehriban Aliyeva, Hafiz Pashayev, è fondatore e rettore dell’Università ADA di Baku, nota per i suoi alti standard formativi, che per molti giovani rappresenta un primo passo verso una prospera carriera nell’amministrazione pubblica. Si tratta di un’istituzione potente, volta a creare una nuova generazione di leali sostenitori del regime.

Anche il ministro dell’Economia Mikayil Jabbarov, che in passato è stato ministro della Cultura, è legato alla famiglia Pashayev, mentre Nargiz Pashayeval, la sorella della first lady Mehriban Aliyeva, è membro del direttivo della filiale di Baku dell’Università statale di Mosca.

L’obiettivo di lungo termine della famiglia Pashayev è duplice: rinforzare la legittimità del regime tra “la gente comune” riempiendo il vacuum ideologico creatosi in Azerbaijan con una retorica conservatrice e anti-europea, e assorbire la crescente energia politica dei giovani azeri, facendoli entrare nelle fila del vecchio regime.

Se i Pashayev dovessero riuscire a realizzare questo obiettivo, in Azerbaijan si assisterà alla marginalizzazione di quegli attori politici che si rifiutano di sostenere la politica autoritaria e pseudo-riformista, per impedire loro di compiere una vera svolta democratica, che spetterà alle future generazioni.

Ma il regime non è ancora riuscito a raggiungere il suo obiettivo, e le elezioni politiche anticipate rappresentano un’opportunità storica per l’opposizione di mobilitare le masse in grado di intraprendere cambiamenti positivi.

Se l’opposizione non riuscisse a sfruttare questa occasione, il regime vincerà ancora una volta.

 

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