Bulgaria: la partita per la gola di Kresna

La battaglia ventennale sul tracciato dell’autostrada Sofia – Salonicco, che taglia la più importante area protetta della Bulgaria volge alle battute conclusive nel segno delle contraddizioni dell’UE che condanna la devastazione ambientale, ma finanzia generosamente i lavori. Entro gennaio si dovrà decidere

24/12/2019, Marco Ranocchiari -

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© ikmerc/Shutterstock

Nelle ultime settimane le istituzioni europee sono tornate a discutere della gola di Kresna, nel sud-ovest della Bulgaria. Sono ormai vent’anni, da ben prima che il paese balcanico diventasse effettivamente membro dell’Unione, che il tracciato dell’autostrada infiamma il dibattito tra ambientalisti e governo, mettendo in imbarazzo le istituzioni europee. La gola infatti, oltre a essere il più facile punto di passaggio tra Sofia e Salonicco, è un importantissimo sito naturalistico, rifugio di un gran numero di specie protette (soprattutto rettili e anfibi, ma anche farfalle, lupi, orsi, e oltre cinquanta grifoni) e per questo tutelato proprio dalle leggi europee.

L’Europa ha già contribuito al finanziamento dei tratti a monte e a valle di Kresna, senza fermarsi neppure davanti a siti archeologici come l’antica città di Skaptopara. Resta solo il tratto decisivo, quello all’interno della gola. Il governo bulgaro ha presentato richiesta di cofinanziamento lo scorso 9 agosto.

L’ultimatum dell’Europa

Il 15 ottobre 2019 Erich Unterwurzacher, della Direzione generale della Politica regionale e urbana della Commissione europea, risponde al governo di Sofia con una lettera durissima. Nel documento, inizialmente riservato, ma diventato presto di dominio pubblico, la Commissione Europea dichiara "ingiustificato" il contributo europeo alla realizzazione dell’autostrada.

La Valutazione di Impatto Ambientale che autorizza i lavori all’interno della gola, si legge nella lettera, non tiene conto degli standard europei in materia di ambiente. In particolare, la Bulgaria non avrebbe raggiunto gli obiettivi di conservazione dei siti di importanza comunitaria (SIC), come Kresna, imposti dalla Direttiva Habitat. Le misure di mitigazione degli impatti proposte da Sofia, prosegue la lettera, sono vaghe, incomplete e in ogni caso saranno operative soltanto nel 2023, quando per le specie minacciate dall’infrastruttura potrebbe essere troppo tardi.

Non si prendono poi in considerazione, inoltre, gli effetti cumulativi di altre opere impattanti nella zona, spesso collegate alla stessa autostrada. Il progetto è stato inoltre modificato pesantemente da quando fu presentato ufficialmente in sede europea, e non ci sono garanzie su alcuni aspetti della sicurezza stradale. Dulcis in fundo, i tempi di consegna (fissati entro il 2023) non saranno sicuramente rispettati.

La Commissione detta tempi strettissimi: due mesi, prorogabili fino a tre. In altre parole, la Bulgaria ha tempo solo fino al 15 gennaio per rispondere delle numerose inadempienze. Altrimenti, potrebbe dire addio al contributo europeo (277 milioni sui 676 necessari per questo tratto) bloccando di fatto i lavori.

Stallo a Berna e Bruxelles

Lo scorso 2 dicembre, a Bruxelles, il biologo Dimitar Vasilev, uno dei volti più noti dell’ambientalismo del paese balcanico, ha invitato i parlamentari europei a recarsi in Bulgaria per osservare di persona gli impatti che l’autostrada avrebbe sia sull’ecosistema che sulla comunità. Sono prevedibili le ricadute su turismo sostenibile, rafting ed escursionismo (la gola sorge tra l’altro a ridosso dei Monti Pirin, patrimonio Unesco dal 1983). Anche la viabilità locale sarebbe compromessa: la strada attuale sarà trasformata in una delle corsie dell’autostrada (una decisione, questa, che è una delle ironiche conseguenze delle infinite trattative sul percorso dell’autostrada) e fare spostamenti di pochi chilometri risulterebbe quasi impossibile.

Due giorni dopo, il 4 dicembre, anche il Comitato Permanente della Convenzione di Berna (che promuove la conservazione degli habitat naturali nel continente europeo) ha discusso di Kresna.

Al termine di una riunione travagliata, in cui sembravano aver prevalso le ragioni degli ambientalisti (a difesa del governo bulgaro si sono pronunciati solo la Grecia, diretta interessata, Armenia e Azerbaijan), il comitato ha deciso per un compromesso. Il caso, su cui la Convenzione si era già pronunciata nel 2002, non è stato riaperto. È stata però raccomandata al più presto una valutazione in loco della situazione – una verifica che del resto la Bulgaria, al momento, ha dichiarato di non essere nelle condizioni di accettare.

Il governo bulgaro ha poche settimane per elaborare una risposta convincente alle richieste dell’Europa. Se la Commissione rifiutasse il finanziamento, però, si troverebbe in una situazione imbarazzante, dopo che ha debitamente autorizzato e finanziato gli altri tratti dell’opera. Un pasticcio che gli ambientalisti avevano denunciato da tempo, e che adesso risulta evidente.

In queste fasi finali la partita si fa più accesa che mai, e il risultato non è per nulla scontato.

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