Nuova strategia per l’allargamento dell’Unione europea: Balcani indifferenti
La nuova strategia europea proposta dalla Commissione sull’allargamento non sembra in grado di ribaltare un lungo processo di disillusione e disimpegno tra Bruxelles e la regione
(Pubblicato originariamente da Balkan Insight il 10 febbraio 2020)
Il nuovo Commissario europeo per il vicinato e l’allargamento, Olivér Várhelyi, afferma che la tanto attesa nuova metodologia UE renderà il processo di adesione "più credibile, con un orientamento politico più forte, più dinamico e prevedibile".
L’affermazione ha suscitato una reazione educata ma sottotono da parte delle autorità nei Balcani, che restano maggiormente coinvolte nei preparativi per quello che si prospetta essere un anno politico "caldo", in cui molti paesi terranno elezioni locali, generali, o entrambe.
Questo quasi-silenzio e questa carenza di entusiasmo riguardo quello che si supponeva essere un documento cruciale è una testimonianza dell’idea sempre più bassa che i Balcani hanno dell’Europa – e del fatto che, anche con una nuova strategia, una prospettiva realistica di membership europea sembra ancora decisamente assente.
Nonostante l’intento dichiarato di "rafforzare il processo di adesione", il documento – per il momento – presenta pochi cambiamenti nella mentalità.
Significativamente, la nuova strategia è stata elaborata senza svolgere consultazioni nei Balcani, cosa che avrebbe consentito una comprensione maggiore delle realtà locali.
Mentre alcuni funzionari europei affermano che il vero valore del documento si rivelerà attraverso un processo di consultazione, revisione ed eventuale implementazione, la "nuova" metodologia nella sua forma attuale non prevede idee rivoluzionarie. Si basa infatti sulle idee presentate in due documenti non formali che diversi paesi membri hanno presentato alla fine dello scorso anno.
Nella "nuova" strategia riecheggiano vecchie idee
Ad esempio, un documento informale proposto dalla Francia lo scorso novembre era basato su quattro principi: associazione graduale, condizioni più rigide, benefici più tangibili – e reversibilità del processo di allargamento.
Il documento ipotizzava che l’allargamento "non dovesse essere più basato sull’apertura simultanea di diversi capitoli tematici ma su fasi consecutive, che compongano blocchi coerenti di politiche".
Il secondo documento informale, diffuso a dicembre da Austria, Repubblica Ceca, Estonia, Italia, Lettonia, Lituania, Malta, Polonia e Slovenia, proponeva che tutti i capitoli del negoziato – attualmente trentacinque – fossero raggruppati in base al settore tematico in linea con le otto sotto-commissioni nell’Accordo di stabilizzazione e associazione, l’accordo commerciale che segna il primo passo verso la membership europea.
Riprendendo queste idee, con l’obiettivo di "conferire maggiore dinamismo al processo negoziale", il documento della Commissione propone di raggruppare i capitoli del negoziato in sei blocchi tematici: principi fondamentali; mercato interno; competitività e crescita inclusiva; green agenda e connettività sostenibile; risorse, agricoltura e coesione; relazioni internazionali.
Il documento dichiara che i negoziati verranno aperti su ogni blocco nel suo insieme – dopo aver soddisfatto dei non specificati criteri di apertura – sottolineando che i negoziati sui principi fondamentali – incluso lo stato di diritto – verranno aperti per primi e chiusi per ultimi.
Il documento prevede inoltre un arco di tempo limitato, preferibilmente di un anno, tra l’apertura di un blocco e la chiusura dei singoli capitoli.
Molti esperti locali e funzionari concordano tuttavia sul fatto che complicare ulteriormente il già complesso percorso di riforme non aiuterà i paesi dei Balcani, i quali mancano di volontà politica e di competenze tecniche per portare avanti più di una o due riforme difficili alla volta.
Bruxelles ha perso credibilità e affidabilità
Entrambi i documenti informali pongono l’accento sullo stato di diritto, che ha un peso importante anche nel documento della Commissione europea.
“Il processo di adesione deve essere costruito sulla fiducia reciproca e un impegno chiaro da parte dell’Unione Europea e dei Balcani occidentali”, sottolinea il documento.
“La credibilità dovrebbe essere rafforzata attraverso un’attenzione maggiore sulle riforme fondamentali, a partire dallo stato di diritto, dal funzionamento delle istituzioni democratiche e della pubblica amministrazione, così come dell’economia dei paesi candidati”, aggiunge.
Mentre la credibilità e l’affidabilità dei paesi aspiranti dei Balcani è stata giustamente messa in discussione per anni, il documento ha omesso di notare che l’UE stessa è sempre più carente in questi campi. Per anni, le autorità nei Balcani e persino alcuni funzionari europei hanno portato l’attenzione sul lampante fallimento dell’Unione Europea nel mantenere la parola.
Ad esempio, la Commissione aveva proposto nel 2016 di istituire un regime di liberalizzazione dei visti con il Kosovo – ma molti paesi membri hanno continuato a bloccare quella decisione.
Negli ultimi anni la Commissione ha ripetutamente affermato che avrebbe stabilito una data per l’apertura dei dialoghi di adesione con l’Albania e la Macedonia del Nord.
Tuttavia, persino dopo le modifiche apportate alla Costituzione e al suo nome come parte di un accordo storico con la Grecia, fatto per soddisfare la Commissione, la proposta di una data di avvio dei dialoghi con la Macedonia del Nord è stata bloccata dalla Francia e dall’Olanda.
Dopo anni di continue revisioni di strategie, approcci e requisiti – ribattezzate localmente “spostamento dei pali” – questo ha ulteriormente intaccato la credibilità dell’Unione Europea nella regione.
Che una prospettiva di adesione credibile sia più o meno scomparsa è testimoniato anche dal graduale rallentamento, se non dall’inversione, di molte riforme.
Della riduzione della presenza UE nella regione si è parlato chiaramente giovedì scorso quando, secondo i media locali, il Commissario Várhelyi è stato attaccato verbalmente dal ministro degli Esteri serbo Ivica Dačić durante l’incontro con il governo serbo.
Várhelyi ha abbandonato l’incontro dopo che Dačić ha bruscamente accusato l’UE di chiedere troppo alla Serbia offrendo troppo poco in cambio.
L’audience destinataria della strategia non era nei Balcani
Sebbene alcuni funzionari ed esperti nei Balcani avessero sperato che la nuova metodologia per l’allargamento dell’UE avrebbe rinvigorito le prospettive di adesione per i Balcani, il documento presentato mercoledì [5 febbraio] ha un obiettivo evidentemente diverso.
L’audience destinataria è innanzitutto la scena politica interna all’Unione Europea, piuttosto che i Balcani.
Diversi funzionari e diplomatici europei hanno dichiarato a BIRN che uno degli obiettivi principali del documento era di compiacere il Presidente francese Emmanuel Macron, di modo che potesse finalmente acconsentire allo stabilimento di una data di avvio dei negoziati con la Macedonia del Nord.
È tuttora incerto se Macron toglierà il suo veto ai dialoghi con Skopje al prossimo Summit UE a Bruxelles del 26-27 marzo che arriva dopo le delicate elezioni locali francesi.
Un via libera per la Macedonia del Nord a marzo potrebbe essere l’ultima possibilità per il leader di centro-sinistra Zoran Zaev e l’Unione Socialdemocratica, SDSM, che affronteranno una minaccia nazionalista alle elezioni parlamentari anticipate del 12 aprile.
Un altro rifiuto da parte europea potrebbe siglare la sconfitta per Zaev, e questo secondo molti esperti sprofonderebbe il paese in una nuova crisi politica. Si potrebbe inoltre generare una reazione a catena nei Balcani, trasmettendo ai leader locali l’idea che le mosse coraggiose e le riforme difficili non convengono.
Alcuni funzionari europei dicono che Macron – ad elezioni locali alle spalle – potrebbe acconsentire alla presentazione di una data alla Macedonia del Nord entro maggio. Questa speranza potrebbe spiegare le recenti dichiarazioni di Zaev, nelle quali ha indicato che potrebbe posticipare le elezioni di aprile.
L’Albania si trova in una posizione ancora peggiore. I funzionari dell’UE hanno dichiarato che Tirana non avrà presto una data di inizio dei negoziati, in quanto sia la Francia che l’Olanda – entrambe contrariate dal flusso di richiedenti asilo albanesi degli anni recenti – hanno condizionato la loro approvazione alla firma, da parte albanese, di un accordo per il rimpatrio di queste persone.
Preoccupazioni riguardo alla crescente cacofonia di voci
Alcuni funzionari dell’Unione Europea hanno affermato che, considerando l’attualità della scena politica europea, l’attenzione alla dimensione interna dell’UE della nuova metodologia di allargamento non è sorprendente.
Il blocco sta venendo a patti con la recente uscita del Regno Unito e si sta preparando per le sfide del 2020, inclusi i negoziati sul quadro finanziario pluriennale e diverse tornate elettorali nazionali.
Gli esponenti occidentali sostengono che bisogna dare un’opportunità alla nuova strategia europea per i Balcani, e che il suo vero valore si rivelerà dopo le consultazioni e le eventuali revisioni che verranno applicate nei prossimi mesi.
La strategia verrà esaminata al Summit dell’UE di marzo a Bruxelles e al Summit sui Balcani di maggio a Zagabria; il suo merito sarà dimostrato con l’implementazione, quando la Commissione e le altre istituzioni europee saranno in grado di perfezionare il loro approccio ai Balcani, dicono i funzionari.
Tuttavia altri funzionari dell’UE ed esperti dei Balcani ammoniscono che la nuova strategia europea non solo ignora la realtà sul terreno – come la carenza di volontà politica e di competenze tecniche per le riforme – ma anche che alcuni suoi elementi aprono le porte ad ulteriori complicazioni.
Un’idea potenzialmente problematica del documento è che “i paesi membri dovrebbero essere coinvolti più sistematicamente nel monitoraggio e nella revisione del processo di adesione”. Secondo alcuni diplomatici occidentali, l’UE sta pensando di creare dei team misti in cui rappresentanti dei paesi membri si uniscano alle istituzioni europee esistenti impegnate nel processo di adesione.
Alcuni funzionari nei Balcani sono particolarmente preoccupati. “Troppi galli nel pollaio”, ha detto un funzionario del governo bosniaco commentando questa idea, sottolineando che i paesi membri dell’UE sono già coinvolti nel processo attraverso i loro rappresentanti nelle diverse istituzioni europee.
L’UE deve capire che l’allargamento è nei suoi interessi
Considerata la complessità della burocrazia europea, oltre che l’esperienza dei Balcani con messaggi spesso contraddittori provenienti dall’UE, l’allargamento nei Balcani ha bisogno di un approccio semplificato e più armonioso, non di ulteriori complicazioni e altra cacofonia, ha aggiunto lo stesso funzionario.
La confusione e la complicazione potenziale sono ancora più grandi considerando che la nuova metodologia di allargamento si applica formalmente solo ad Albania e Macedonia del Nord.
Il Montenegro e la Serbia, avendo già avviato i negoziati, possono scegliere se ricorrere alla nuova metodologia o mantenere la vecchia. La Bosnia e il Kosovo non sono neanche menzionati dalla nuova strategia.
Gran parte dei funzionari dell’UE e dei Balcani concordano sul fatto che il successo o il fallimento del nuovo approccio dipenderà alla fine da tre elementi esposti nella nuova metodologia; “una guida politica più forte e un impegno a livelli più alti”; “maggiore chiarezza su cosa l’UE si aspetta dai paesi dell’allargamento nelle diverse fasi del processo”; e “incentivi chiari e tangibili di interesse diretto per i cittadini”.
L’Unione Europea dovrà capire meglio la realtà della situazione nei Balcani, e accettare che l’allargamento non è cruciale solo per i Balcani, ma anche per se stessa.
Per anni, il processo di adesione è rimasto importante solo a livello formale per l’UE. Nella pratica, ha smesso di essere una priorità.
Questo non cambierà finché diversi paesi membri che si oppongono all’allargamento – come la Francia – non realizzeranno che il blocco al processo di adesione pone una minaccia maggiore alla loro sicurezza e stabilità di lungo periodo rispetto all’accesso rapido per l’intera regione.
EUWeBER
Il progetto EUWeBER offre agli studenti universitari dell’Università di Trento una migliore conoscenza delle questioni di politica estera europea in particolare in rapporto ai paesi del sud-est Europa e del Partenariato orientale. Prevede seminari interattivi in alula e trasmessi online per un pubblico più vasto e opportunità di tirocinio presso Osservatorio Balcani Caucaso Transeuropa (OBCT). Il progetto è promosso dal Centro di eccellenza Jean Monnet dell’Università di Trento in collaborazione con OBC Transeuropa e con il sostegno dell’Unione europea. Per saperne di più