L’Europa delle comunità energetiche
Le comunità energetiche sono progetti che vedono i cittadini associarsi sia come produttori che consumatori di energia pulita a livello locale. Ve ne sono già molte, anche nel sud-est Europa. Potrebbero essere sostenute dalla politica di coesione Ue, ma non è ancora così
Le comunità energetiche si stanno affermando come elemento chiave per raggiungere gli obiettivi di transizione energetica dell’Unione Europea. Secondo la Commissione europea infatti, entro il 2050, la metà dei cittadini europei potrebbe arrivare a produrre metà dell’energia rinnovabile dell’Ue.
Sono comunità che si fondano sul concetto di autoconsumo energetico locale e offrono il vantaggio di associarsi per poter generare elettricità tramite fonti rinnovabili favorendo l’efficienza energetica, facendo sì che le comunità locali non solo siano autosufficienti per quanto riguarda l’approvvigionamento energetico, ma anche che riducano notevolmente l’impatto ambientale.
Le comunità energetiche nella legislazione europea
Sebbene il concetto di comunità energetiche non sia nuovo, negli ultimi anni ha acquisito importanza grazie allo status giuridico e legale ottenuto con il pacchetto legislativo europeo Energia Pulita per Tutti gli Europei .
Questo pacchetto comprende, fra le altre, la direttiva per il mercato interno dell’energia elettrica e la direttiva sulle energie rinnovabili . Queste direttive hanno normato due nuovi concetti di comunità energetiche: le comunità energetiche dei cittadini, che servono a garantire condizioni di parità per i nuovi attori sui mercati dell’elettricità, e le comunità energetiche rinnovabili, che si qualificano come strumenti utili a raggiungere gli obiettivi europei prefissati in materia di quantità di energia prodotta tramite fonti rinnovabili.
Un recente studio pubblicato sulla rivista scientifica Nature è andato a censire le comunità energetiche in 29 paesi europei di cui 26 stati membri dell’Ue.
Nei paesi Ue si contano 9252 comunità energetiche, per quanto possiamo notare grandi disparità fra i paesi membri: più della metà di queste comunità si trova in Germania, che conta ben 4848 comunità energetiche, con gli altri stati dell’Unione che seguono fino ad arrivare a paesi come Bulgaria, Malta, Romania e Ungheria che ne hanno appena una.
Queste comunità possono essere costituite come entità legali, sotto forma di cooperative, imprese sociali, associazioni, o altri tipi di entità giuridiche senza scopo di lucro, consentendo alle persone fisiche di collaborare con le autorità locali e le piccole e medie imprese per orchestrare investimenti comuni in beni energetici e per la partecipazione ai mercati dell’energia.
Con queste direttive, l’Ue ha posto le basi giuridiche per un cambiamento di paradigma verso il prosumerismo energetico, che vedono comunità locali di cittadini sia come produttori che come consumatori di energia a basse emissioni di carbonio, democratizzando di fatto il mercato dell’energia. Entrambi i tipi di comunità energetiche perseguono l’inclusione sociale e territoriale e, indipendentemente dalla loro ubicazione, mirano a includere famiglie a basso reddito e i ceti più vulnerabili.
Vi sono però diversi ostacoli che possono rallentare o impedire la diffusione e la crescita delle comunità energetiche, sia di natura legislativa che finanziaria.
Ostacoli legislativi: la trasposizione delle direttive nel diritto nazionale
I problemi legislativi che possono ostacolare la costituzione di comunità energetiche sono da ricondursi in prima istanza alla mancata, parziale, o scorretta trasposizione delle direttive europee nel diritto nazionale degli stati membri. Ciò può arrivare a disincentivare la creazione di comunità energetiche, a causa di ostacoli di tipo amministrativo, oppure creando una situazione per cui attori privati si approprino di queste iniziative vanificando l’intento iniziale di essere incentrato sui cittadini.
REScoop.eu , la federazione europea delle cooperative energetiche dei cittadini, monitora costantemente le legislazioni nazionali e valuta la trasposizione del diritto europeo da parte degli stati membri in materia di comunità energetiche.
Secondo il monitoraggio di REScoop.eu, in continuo aggiornamento e che fotografa la situazione ad oggi sino al dicembre 2022, sono solo sei i paesi europei che hanno delle buone pratiche nella trasposizione delle direttive: Belgio, Danimarca, Francia, Germania, Irlanda e Italia.
Altri stati membri pur avendo trasposto le direttive presentano degli elementi di criticità. In Spagna, ad esempio, non è stata delimitato concretamente il tipo di entità giuridiche che possono costituire delle comunità energetiche e, non essendoci una autorità regolativa con potere di sorveglianza, si potrebbero verificare degli abusi della normativa, andando a minare la fiducia dei cittadini su questo tipo di iniziative. Qualcosa del genere sembra essere già successa in Grecia in cui, a causa di una trasposizione del diritto Ue che dà ampia interpretazione su come possano essere costituite queste comunità, molte comunità energetiche sono state create da investitori privati piuttosto che da cittadini.
Vi sono anche casi, come quello della Romania, in cui pur essendo state trasposte le direttive europee ciò è stato fatto con poca chiarezza, configurando una situazione per cui la mancanza di procedure e criteri precisi rende difficile creare comunità energetiche con certezza giuridica.
Infine alcuni stati devono ancora promulgare leggi sulle comunità energetiche, con casi limite come quelli di Bulgaria e Cechia in cui ancora non c’è nemmeno un disegno di legge.
Ostacoli finanziari: quale ruolo per la politica di coesione?
Non è semplice riuscire ad ottenere finanziamenti per sviluppare comunità energetiche. Sia per il fatto che questo genere di progetti sono stati normati solo di recente, che per la loro natura intrinsecamente molto diversa da altre iniziative del settore. Ciò fa sì che banche e altri operatori finanziari ancora non abbiano esperienza con progetti di questo genere, situazione che potrebbe scoraggiare gli investimenti.
Secondo un’analisi di CEE Bankwatch Network basata su 8 paesi Ue gli stati membri avrebbero la possibilità di supportare progetti di comunità energetiche grazie ai fondi della politica di coesione. Vi sono già esempi virtuosi come quello della Slovacchia e dell’Ungheria che menzionano le comunità energetiche, rispettivamente, in tre programmi operativi e nel programma operativo nazionale. Fra gli altri stati considerati nello studio, alcuni menzionano le comunità energetiche ma in maniera lacunosa, altri sembrano non averle incluse nelle programmazioni.
È ancora presto per trarre delle conclusioni a riguardo, ma ci sono molte risorse che potrebbero essere utilizzate per le comunità energetiche. Per il periodo di programmazione 2021-2027, uno dei cinque principali obiettivi delle politiche UE è quello di avere “un’Europa più verde” e, segnatamente, oltre 92 miliardi di euro sui circa 350 totali di finanziamenti europei saranno dedicati a questo filone di politiche pubbliche.
Entrando più nel particolare, l’obiettivo di avere un’Europa più verde è perseguito attraverso diversi obiettivi specifici. Fra gli obiettivi specifici del filone ambientale della politica di coesione, gli stanziamenti previsti per finanziare una maggiore efficienza energetica, le energie rinnovabili, e i sistemi di energie smart, che insieme ammontano a quasi 39 miliardi di euro, potrebbero essere usati dagli stati e dalle autorità locali per andare a investire nella creazione di comunità energetiche, supportandone lo sviluppo.
Inoltre, al di là delle risorse allocate per un’Europa più verde, anche i programmi di cooperazione territoriale Interreg potrebbero essere sfruttati, andando ad incentivare la creazione di comunità energetiche transfrontaliere.
La possibilità di accedere efficacemente a questi fondi dipende però sia dall’avere un inquadramento giuridico chiaro delle comunità energetiche a livello nazionale, che dalla volontà delle autorità di gestione dei fondi Ue di includere questi progetti nelle loro programmazioni.
Qualora queste condizioni si realizzino, le tante risorse messe a disposizione dalla politica di coesione potrebbero portare le comunità locali di cittadini al centro di politiche di massimo rilievo come quelle energetiche, supportando l’autoproduzione sostenibile di energia elettrica attraverso fonti rinnovabili, e al contempo aiutare l’Ue ad affrancarsi dalle fonti fossili – e dall’insieme di problematiche politiche e geopolitiche che comporta il loro approvvigionamento.