La “marenda”, da tradizione operaia a prodotto turistico
La "marenda" è uno spuntino operaio cucinato e consumato nelle fabbriche o nei campi a metà mattinata. Una tradizione culinaria dalmata che si sta perdendo, facendo eco alla deindustrializzazione della Croazia. Allo stesso tempo il marketing turistico la sta recuperando in nome di valori "autentici"
(Pubblicato originariamente da Bilten , selezionato e tradotto da LcB e OBCT)
La storia della “marenda”, un’istituzione culinaria dalmata nata come esperienza collettiva della classe operaia e poi diventata un prodotto turistico cosiddetto "autentico", racconta la traiettoria dell’economia croata più di molte cifre e altri indicatori economici.
Con il Natale in pieno svolgimento, il ministero del Turismo croato, attraverso un piano di marketing ben congegnato intitolato "Croazia piena di vita", ha investito sulla “marenda”, il pasto tradizionalmente consumato tra la colazione e il pranzo. Bisogna ammettere che i promotori turistici non hanno torto: la “marenda”, una zuppa di fagioli, pancetta, pezzi di prosciutto crudo, salsicce, carne di agnello essiccata, trippa o pesce, è infatti una "istituzione lungo la costa adriatica, dall’Istria a Dubrovnik". Tuttavia, si sta perdendo.
Un’istituzione operaia
I promotori turistici hanno riconosciuto il potenziale di questo tesoro del patrimonio culturale, ma lo hanno promosso in modo un po’ disonesto. Mentre la marenda viene recuperata per servire lo sviluppo dell’industria turistica, questa stessa industria avrebbe potuto contribuire in prima persona a riaffermare la tradizione di questo pasto cucinato sul posto di lavoro. Ma non è affatto così.
Invece, la narrazione del piano di marketing è fuorviante. L’obiettivo è "promuovere la marenda dalmata in tutto il mondo, [perché] il nostro edonismo lo merita". Tuttavia, la marenda non è un caso unico: nelle Filippine, in Spagna, in Italia e in Brasile esiste una variante della marenda, spesso scritta "marienda". Quanto all’edonismo, ha poco a che fare con questa tradizione culinaria, che era uno dei due o addirittura l’unico vero pasto quotidiano.
La narrazione dei promotori turistici contrasta notevolmente con la realtà storica della marenda, che nasce in un contesto di lavoro, nei campi o in fabbrica, e sempre in un contesto collettivo. Ma oggi, per vendere questo patrimonio immateriale come prodotto turistico, è necessario essere in grado di presentarlo in modo pittoresco, come quei turisti tedeschi o giapponesi che pagano per raccogliere l’uva o le olive “per vivere un’esperienza autentica". Anche in questo caso, sebbene vi siano ancora alcuni contadini e agricoltori riescono a sopravvivere, soprattutto grazie all’"etnoturismo", rimane il fatto che il numero di contadini sta diminuendo drasticamente di anno in anno.
Tempo rubato?
Secondo i promotori turistici, "la marenda veniva cucinata nelle fabbriche stesse, dove una persona era responsabile dell’alimentazione dei lavoratori, che mangiavano durante una breve pausa". Ma le fabbriche sono sempre meno, e anche il più grande cantiere navale di Spalato, la fabbrica Brodosplit, non cucina più la marenda come un tempo, mentre sono sempre meno i piccoli ristoranti dove i lavoratori possono trovare un pasto veloce. Il cantiere navale di Brodosplit non è più quello di una volta e l’annuncio trionfale della firma di un contratto per la costruzione di una nave lunga 24 metri è indicativo del declino del settore industriale croato.
In uno dei loro testi che esaltano i meriti della "marenda dalmata", i promotori turistici insinuano addirittura che questa tradizione culinaria sia stata la causa del declino economico del paese, e non il contrario: la scomparsa della marenda è infatti dovuta alla deindustrializzazione del paese, con ciò che questo significa per la classe operaia: il suo declassamento.
Questi stessi “cantori” del turismo di massa insistono anche sul fatto che il progresso economico non può basarsi "sull’industria ma, al contrario in gran parte su quelle graziose tovaglie a quadretti dove un pasticcio di trippa e un litro di vino rosso vengono serviti a turisti riconoscenti". In questo contesto, non importa che la marenda turistica non abbia nulla a che vedere con la marenda operaia di un tempo, l’importante è riuscire a rompere la barriera psicologica dei dieci euro sul menu. In ogni caso, non è né la prima né l’ultima tradizione a essere monetizzata e falsificata dall’industria turistica.