Republika Srpska, la stretta sulla diffamazione

Il parlamento della Republika Srpska ha approvato in prima battuta un disegno di legge per la modifica del codice penale che prevede la reintroduzione del reato di diffamazione. Ora sessanta giorni di dibattito pubblico e poi ritorna in assemblea. Un pericoloso passo indietro per la libertà di espressione

27/03/2023, Arman Fazlić - Sarajevo

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Milorad Dodik, presidente di una delle due entità costitutive della Bosnia Erzegovina, la Republika Srpska - © Alexandros Michailidis/Shutterstock

Lo scorso 23 marzo l’Assemblea popolare della Republika Srpska ha approvato il disegno di legge sulle modifiche del Codice penale della RS. A favore del disegno hanno votato 49 (degli 83) deputati. Ora si apre la consultazione pubblica, che durerà sessanta giorni. Al termine della consultazione l’assemblea della RS sarà nuovamente chiamata ad esprimersi sul testo di legge proposto.

Sono ormai anni che l’opinione pubblica bosniaco-erzegovese e internazionale critica le istituzioni e i funzionari della RS per via del loro atteggiamento verso la tutela dei diritti umani. Nelle ultime settimane la questione è tornata in auge a seguito di alcuni eventi che violano i principi democratici, compresa l’approvazione del disegno di legge di cui sopra che tra l’altro prevede di riportare il reato di diffamazione. Si sono inoltre verificati una serie di attacchi fisici e verbali contro i giornalisti, gli attivisti e alcuni gruppi sociali emarginati.

Responsabilità penale per ingiuria, diffamazione e divulgazione di dati personali e familiari

Molti mezzi di informazione, attivisti, organizzazioni della società civile, rappresentanti della comunità internazionale, come anche alcuni esponenti dell’opposizione della RS hanno espresso il loro dissenso per la decisione del governo della RS di proporre, lo scorso 2 marzo, il disegno di legge sulle modifiche del codice penale che prevede l’introduzione dei reati di ingiuria, diffamazione e diffusione illecita di dati personali. L’importo delle sanzioni previste per suddetti reati va dai 5000 ai 100.000 marchi (2.500-50.000 euro).

I professionisti dell’informazione e la società civile protestano apertamente ormai da settimane, da quando le autorità della RS hanno annunciato di voler reintrodurre il reato di diffamazione. All’inizio di marzo diversi media hanno lanciato un’iniziativa, invitando il governo della RS a ritirare il controverso disegno di legge. Poi lo scorso 13 marzo i rappresentanti di alcune ong e associazioni dei giornalisti si sono incontrati con i capigruppo dei delegati dell’Assemblea popolare della RS per parlare del testo proposto e delle conseguenze negative che un’eventuale approvazione della legge potrebbe comportare per i giornalisti e per l’intera società bosniaco-erzegovese.

Il giorno successivo, prima dell’inizio della seduta dell’Assemblea della RS in cui si sarebbe dovuto discutere del disegno di legge, molti giornalisti si sono radunati spontaneamente per manifestare il loro dissenso, mettendo un nastro adesivo sulla bocca e spezzando matite in segno di protesta contro l’annunciata criminalizzazione della diffamazione.

Recentemente, i relatori speciali delle Nazioni Unite per la libertà di opinione ed espressione e per la libertà di riunione e associazione pacifica hanno inviato una lettera alle autorità della RS, chiedendo di ritirare il disegno di legge che prevede la criminalizzazione della diffamazione, definendolo contrario alle migliori prassi e raccomandazioni internazionali in materia. Lo scorso 20 marzo anche la piattaforma del Consiglio d’Europa per la protezione del giornalismo e la sicurezza dei giornalisti ha pubblicato una segnalazione riguardo all’annunciata introduzione del reato di diffamazione in Republika Srpska.

“Tutto sarà sottoposto a dibattito pubblico. Il disegno non è ancora stato approvato, è solo la base per il dibattito pubblico”, ha dichiarato lo scorso 9 marzo il presidente della RS Milorad Dodik. Anche il premier della RS, Radovan Višković, ha affermato che il testo di legge non è ancora definitivo e che potrebbe subire ulteriori modifiche, aggiungendo però di non capire la reazione negativa dell’opinione pubblica e dei media, considerando che in alcuni stati membri dell’UE esistono leggi ancora più severe.

La scorsa settimana, il dibattito parlamentare sul disegno di legge sulle modifiche al codice penale della RS si è protratto per diverse ore. Durante la discussione, Nenad Stevandić, presidente dell’Assemblea popolare della RS ed esponente della maggioranza, ha dichiarato che la legge sulla criminalizzazione della diffamazione è problematica sotto vari aspetti, altrimenti non avrebbe sollevato così tante polemiche. Il giorno prima dell’approvazione del disegno, il ministro della Giustizia Miloš Bukejlović ha affermato che la proposta di reintrodurre il reato di diffamazione non è indirizzata contro i media, bensì ha lo scopo di contrastare notizie false e discorsi d’odio.

L’intenzione di criminalizzare la diffamazione e le reazioni

All’inizio di ottobre 2022 il presidente della RS Milorad Dodik ha annunciato l’intenzione di introdurre il reato di diffamazione al Codice penale della RS e l’adozione di alcune leggi finalizzate a contrastare la diffusione di notizie false e linguaggi d’odio. Considerando che in Republika Srpska la questione della diffamazione è già regolamentata dalla legge sulla tutela dalla diffamazione, viene da chiedersi perché le autorità della RS con tanta urgenza abbiano inserito la criminalizzazione della diffamazione tra le proprie priorità. Secondo alcuni esperti, si tratterebbe di un palese tentativo di soffocare la libertà di stampa e il giornalismo indipendente.

All’inizio di gennaio di quest’anno, la Federazione europea dei giornalisti e la Federazione internazionale dei giornalisti hanno messo in guardia sul tentativo di criminalizzare la diffamazione in RS, chiedendo alla Commissione europea e al Consiglio d’Europa di intervenire affinché le autorità della RS ritirassero il controverso disegno di legge.

Poi all’inizio di febbraio a Banja Luka è stata lanciata un’iniziativa contro la restrizione dei diritti e delle libertà. I rappresentanti della società civile e dei media indipendenti hanno firmato una dichiarazione in cui si afferma che l’annunciata legge sulle notizie false potrebbe essere utilizzata contro i media.

Ricordando che la Bosnia Erzegovina ha depenalizzato la diffamazione nel 2003, Dunja Mijatović, Commissaria per i diritti umani del Consiglio d’Europa, ha sottolineato che le modifiche proposte dal governo della RS peggiorerebbero la già preoccupante situazione, caratterizzata dalla costante repressione del dissenso. Mijatović ha invitato le autorità della RS a ritirare il disegno di legge.

Gli esperti ritengono che, qualora la legge dovesse essere approvata in via definitiva, rappresenterebbe una minaccia non solo per i media in Republika Srpska, ma per tutti i giornalisti bosniaco-erzegovesi. Uno degli aspetti problematici riguarda la scarsa chiarezza delle modifiche proposte. Ad esempio, nelle disposizioni riguardanti la diffamazione non viene precisato cosa si intenda effettivamente con questo termine, quindi se il testo dovesse essere approvato, sarà la prassi giudiziaria a determinare il significato del reato di diffamazione.

Secondo il Consiglio per la stampa della BiH, il tentativo di affidare ai procuratori il compito di indagare e analizzare i testi giornalistici rappresenta una palese intromissione nella professione giornalistica, che già dispone di diversi strumenti di (auto)regolamentazione. Il consiglio di amministrazione dell’Associazione dei giornalisti della BiH ha definito il processo di criminalizzazione della diffamazione in Republika Srpska come un tentativo istituzionale di reprimere la libertà di espressione, introdurre la (auto)censura e intimidire i giornalisti e i media, soprattutto quelli che criticano l’operato del governo. I rappresentanti dell’Associazione dei giornalisti temono che, se la RS dovesse approvare le modifiche al codice penale riguardanti la criminalizzazione della diffamazione, anche l’altra entità del paese, la Federazione BiH, potrebbe seguire la stessa strada.

Anche l’Ufficio dell’Alto rappresentante , la delegazione dell’UE in BiH e il Consiglio per l’implementazione della pace hanno reagito all’annunciata introduzione delle modifiche al codice penale della RS.

La violenza contro i giornalisti e i media

Le associazioni dei giornalisti di tutta la regione hanno messo in guardia sul fatto che ultimamente in Republika Srpska i giornalisti e i media sono diventati bersaglio di attacchi e pressioni di vario tipo. Nel corso di una conferenza stampa tenutasi lo scorso 8 marzo a Banja Luka, Milorad Dodik ha denigrato la lotta dei giornalisti contro la criminalizzazione della diffamazione. Nella stessa conferenza Dodik ha annunciato l’introduzione di misure molto severe contro le ong finanziate con donazioni, affermando che se gli Stati Uniti nella loro legge possono definire le ong straniere e quelle finanziate dall’estero come agenti stranieri, anche la Republika Srpska adotterà tale terminologia.

Dopo la conferenza stampa in questione, sono state vandalizzate le automobili dei giornalisti Aleksandar Trifunović e Nikola Morača. La polizia sta indagando sul caso. Morača è stato recentemente ascoltato dalla polizia, che ha anche sequestrato il suo cellulare, per aver rifiutato di rivelare l’identità di una delle sue fonti. Anche la rete regionale Safe Journalists ha reagito in merito a questo caso.

L’Associazione dei giornalisti della BiH ha affermato che gli atti vandalici ai danni dei beni di proprietà dei giornalisti sono conseguenza diretta del discorso portato avanti dal presidente della RS. “Con la sua retorica Dodik sta etichettando come ‘scomodi’ quei giornalisti che si battono contro la criminalizzazione della diffamazione, citando il loro nome e cognome, definendoli ‘nemici del sistema’, ed è solo questione di tempo prima che alcuni di questi giornalisti vengano aggrediti anche fisicamente, perché il presidente della RS li ha trasformati in un bersaglio”, conclude l’Associazione dei giornalisti bosniaco-erzegovesi.

Anche nella Federazione BiH la situazione non è rosea per quanto riguarda l’atteggiamento del potere nei confronti dei giornalisti e dei media. Lo conferma l’ultimo rapporto del Dipartimento di stato degli Stati Uniti sullo stato dell’arte dei diritti umani nel mondo. Nella sezione dedicata alla Bosnia Erzegovina sono descritti in modo dettagliato tutti i casi di violazione delle libertà e dei diritti umani registrati nel paese nell’ultimo anno.

Media Freedom Rapid Response

Il consorzio MFRR, di cui OBCT è parte, sta monitorato l’iter parlamentare della riforma del Codice penale della Repubblica Srpska diretto a reintrodurre il reato penale per diffamazione; il consorzio si è appellato ai membri dell’Assemblea nazionale affinché respingano gli emendamenti proposti . Similmente, MFRR sta monitorato gli attacchi subiti da giornalisti locali in risposta alle loro critiche alla riforma proposta.

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