Fiumi dei Balcani: la Kupa di Karlovac
Poche città possono vantare di essere attraversate da quattro fiumi. Karlovac è una di queste. La Kupa, la Dobra, la Korana e la Mrežnica. Una città fluviale che vide verso la fine del Settecento la propria età d’oro. Prosegue il nostro reportage lungo il fiume Kupa
(Vai alla prima e alla seconda puntata del reportage dedicato alla Kupa)
Poche città possono vantare di essere attraversate da quattro fiumi. Karlovac è una di queste. La città-fortezza costruita dagli Asburgo nel 1579 ospita all’interno del suo territorio un intricato groviglio azzurro. La Kupa scende dal confine con la Slovenia a nord e, poco prima di lambire il centro storico, recupera la Dobra, un affluente che sgorga a un centinaio di chilometri a ovest nella regione del Gorski Kotar. Da sud arriva invece la Mrežnica, che corre quasi parallela alla Dobra prima di gettarsi nella Korana, proprio a Karlovac. Quest’ultima si immette poi nella Kupa ad est del centro.
Nel giro di pochi chilometri, dunque, il fiume che abbiamo iniziato a seguire dalla sua sorgente nel parco nazionale di Risnjak accoglie nel suo letto tre corsi d’acqua: Dobra, Mrežnica e Korana. Una canzone aiuta chi non è di Karlovac a memorizzarne i nomi: «Na Mrežnici se kupa. Korana, dobra bila si tad», che potremmo tradurre come: «Nella Mrežnica si fa il bagno. Korana, com’eri bella allora». La canzone è significativa: fin dalla sua fondazione, poco più di quattro secoli fa, Karlovac ha costruito la sua identità attorno ai fiumi che l’attraversano e la Kupa, in particolare, è stata responsabile dell’età d’oro della città.
Militari, commercianti e industriali
All’interno di questo reticolo fluviale, a metà strada tra Zagabria e Fiume, Karlovac nasce come un caposaldo militare, una fortezza a forma di stella con sei punte. È il XVI secolo e la Frontiera militare sta rapidamente diventando un’istituzione nell’Impero asburgico. Da Senj sul mare Adriatico fino a Zemun in Serbia e poi attraverso le attuali Romania e Ungheria, la Militärgrenze separa l’Impero asburgico da quello Ottomano. Fino al 1881, quando è ufficialmente abbandonata, quest’istituzione governa buona parte del territorio croato e così anche Karlovac, o Carlstadt, com’è chiamata allora in onore dell’arciduca austriaco Carlo II che la fece costruire.
L’età d’oro della città inizia però due secoli dopo, a partire dalla fine del Settecento, quando ai militari impegnati nella lotta agli ottomani si sostituiscono i commercianti che trasportano le loro merci lungo la Kupa. È in quel periodo che il nostro fiume fa di Karlovac uno snodo cruciale nel commercio. La Žitna lađa, l’imbarcazione del grano, fa la spola tra la fortezza asburgica e i porti situati lungo la Sava e il Danubio a est.
"Karlovac era allora l’ultimo punto che la Žitna lađa poteva raggiungere ad ovest. Dopodiché il frumento era caricato sulle carrozze", spiega Marina Burić, direttrice dell’ente turistico cittadino. Il viaggio del grano continuava poi sulle strade costruite dall’Impero – le celebri Karolina, Jozefina e Lujzijana – alla volta di Fiume e del mare. Quella storia è diventata parte integrante dell’identità cittadina e così anche della narrazione che la città offre di sé ai visitatori.
"La più vecchia manifestazione cittadina ha luogo proprio lungo la Kupa", prosegue Marina Burić, "si tratta dell’Ivanjski krijes (Falò di San Giovanni), una sfida tra i quartieri di Gaza e Banija a chi costruisce il falò più grande". La tradizione è nata nel 1779, proprio all’epoca in cui la città era al suo apogeo. "Grazie al commercio del grano spuntarono in quel periodo tantissimi bar e ristoranti e si dice che i commercianti che giocavano a carte non si curavano nemmeno di raccogliere le monete che cadevano a terra, tanta era la ricchezza in quel periodo", aggiunge Burić. Tutto l’Ottocento è un secolo d’oro e ne 1871 arriva la consacrazione ufficiale: Karlovac è dichiarata “libera città reale” nell’Impero.
Oggi, se vi capita di arrivare in questa cittadina di circa 50mila abitanti per la notte di San Giovanni (tra il 23 e il 24 giugno), potete assistere ad un ricco programma, con tiro alla fune sul ponte e fuochi d’artificio, e la possibilità di godervi lo spettacolo da un kayak sulla Kupa. La città attorno a voi, però, non ha più quel ruolo strategico che aveva più di un secolo fa. Nel Novecento, Karlovac è diventata un importante centro industriale, con impianti di vario tipo (dalla chimica alle calzature, dalle armi alla meccanica), ma la fine della Jugoslavia e la guerra negli anni Novanta hanno portato alla chiusura della maggior parte delle fabbriche (tra quelle rimaste in attività c’è il birrificio della Karlovačko, la birra – si dice in città – sarebbe il quinto fiume cittadino). La città ne ha sofferto parecchio, ma la Kupa ne è uscita più pulita.
La Kupa tra passato e presente
Nel quartiere di Drežnik, poco a nord-ovest del centro cittadino, Zvonimir Pogačić, classe 1951, è nato e cresciuto in riva alla Kupa. "Ho sempre avuto un čamac", racconta sorridendo e facendo riferimento alla tradizionale imbarcazione a fondo piatto usata per la navigazione fluviale. "Questo è il quinto o il sesto", prosegue l’ingegnere in pensione, per il quale la Kupa significa "molto". Il suo piccolo scafo, di colore verde, è legato ad un albero ed oscilla dolcemente sull’acqua. Il tratto su cui è ormeggiato è da sempre il più pulito, perché precede la città e quindi le industrie che fino agli anni Ottanta inquinavano regolarmente il fiume.
"Negli anni Cinquanta, Sessanta e Settanta, la gente che lavorava nelle fabbriche iniziava molto presto, attorno alle 6-7 del mattino, e staccava tra le 2 e le 3 del pomeriggio. Per questo d’estate tantissime persone facevano il bagno lungo la Kupa", racconta Pogačić, che aggiunge "ogni 100, 150 metri, c’era una piattaforma in legno o un punto di accesso al fiume organizzato". La chiusura di tante industrie, l’inquinamento (nella parte del fiume a valle del centro urbano) e non da ultimo la nuova moda di andare al mare in Dalmazia hanno cambiato le abitudini dei karlovčani e, in parte, il loro attaccamento alla Kupa.
In riva al fiume, Pogačić e la moglie hanno piantato granoturco, nocciole, mirtilli e lamponi, a allevano capponi e fagiani. Sullo sfondo, verso nord, scorre vicina l’autostrada sopraelevata che collega Zagabria alla costa. Proprio quell’autostrada, costruita a cavallo tra la fine degli anni Novanta e i primi anni Duemila, ha contribuito a svuotare la Kupa dai suoi bagnanti, anche se oggi gli zagabresi sono di ritorno nei fiumi della regione di Karlovac, complice anche la pandemia e le restrizioni ai viaggi che hanno mostrato agli abitanti della capitale croata nuovi e bei posti a portata di mano per passare un fine settimana.
"A partire dagli anni Ottanta, le attività sulla Kupa si sono ridotte di molto. Solo la pesca e il canottaggio sono rimaste", riprende Pogačić. Il club di canottaggio che si trova qualche centinaio di metri più a valle è stato fondato nel 1935 ed è uno dei più vecchi del paese. "Quand’ero piccolo si giocava anche a hockey sulla Kupa, che d’inverno ghiacciava. Un anno – doveva essere il 1965 o il 1966 – vidi una carrozza attraversare il fiume con i cavalli. Era per un matrimonio. All’epoca era una cosa normale", ricorda l’ingegnere. Oggi, il fiume non ghiaccia più come un tempo e nessuno si sognerebbe di attraversarlo a cavallo. Il pericolo delle inondazioni, invece, è sempre presente.
Durante il Novecento, Karlovac ha vissuto due grandi alluvioni: nel 1939 e nel 1966 (ma se ne contano molte altre minori, anche negli ultimi anni). In entrambi i casi è stata la Kupa ad esondare e lo ha fatto in quei punti che da sempre sono i più sensibili, ovvero nei luoghi in cui i quattro fiumi della città si connettono tra di loro. Il caso più emblematico è Vodostaj – il luogo in cui l’acqua (voda) si ferma (stati) – che identifica un quartiere della città in cui la Korana si immette nella Kupa. In entrambe le inondazioni, il livello del fiume si è alzato di oltre 8 metri. Per questo, con gli anni è stato messo in piedi un sistema di argini e canali.
A fine anni Settanta, fu costruito il canale Kupa-Kupa, che crea una sorta di bypass del fiume, facendo uscire parte dell’acqua nei pressi di Mahićno (poco a monte di Karlovac) prima di reinserirla a Novo Selo Lasinjsko (molto più a valle). "Il problema del canale è che ha poca capacità e, se ne avesse di più, si salverebbe sì Karlovac, ma si rischierebbe di allagare Sisak", commenta Zvonimir Pogačić, facendo riferimento alla successiva grande città costruita sulla Kupa: Sisak, un centinaio di chilometri più a est, che conta poco meno di 50mila abitanti. Oltre al canale, in città è stato costruito un muro che protegge il quartiere di Banija dalle piene del fiume, ma in questo modo è stato interrotto il rapporto tra la popolazione e il corso d’acqua.
Un nuovo rapporto col fiume?
"Sarebbe bello se il lungo fiume fosse curato, com’è già il caso sul lato sloveno della Kupa", afferma Zvonomir Pogačić, "oggi non c’è più l’inquinamento industriale e ci sono i fondi europei, si potrebbe insomma investire di più su questi territori". La riscoperta dei fiumi della regione di Karlovac, anche in chiave turistica, è per ora cominciata soprattutto lungo la Mrežnica, dove tanti abitanti di Zagabria hanno una vikendica, una seconda casa dove passare il weekend. La Kupa, invece, accusa per ora un po’ di ritardo, anche se qualche progetto è stato avviato per costruire delle piste ciclabili o dei percorsi di camminata lungo il fiume.
Di ritorno all’ufficio turistico cittadino, Marina Burić spiega che "la natura e i fiumi sono il motivo principale per cui un visitatore dovrebbe venire a Karlovac". All’interno del comune – che misura ben 402 chilometri quadrati – "ci sono 32 metri quadri di aree verdi curate per ogni abitante" e "una camminata di 2,5 chilometri attorno alla stella, ovvero alla fortificazione storica". La sfida per il futuro – prosegue Burić – è trovare un equilibrio tra la necessità di difendere il centro abitato dalle inondazioni e il desiderio di vivere più in simbiosi con i fiumi, trasformando una città industriale in crisi in una destinazione turistico-naturalistica.
Molto dipenderà da come sarà costruito il “Sistema di prevenzione delle inondazioni nella regione di Karlovac e Sisak”, un progetto per cui la Croazia ha ottenuto ad aprile 2022 un investimento europeo da 60 milioni di euro tramite il Fondo europeo per lo Sviluppo regionale (dopo un primo investimento nel 2018). Si tratta di costruire (o ricostruire) 132 chilometri circa di argini e barriere contro le alluvioni. È prevista anche un’area di allagamento a nord del centro cittadino verso la quale sarà deviata l’acqua della Kupa in piena attraverso il canale Kupa-Kupa.
Per Marina Burić, questo grande progetto di riorganizzazione degli argini e del rapporto città-fiume, sarà l’occasione per ripensare il ruolo turistico di Karlovac, considerando anche il fatto che nei prossimi due anni saranno ristrutturati anche i bastioni della città vecchia così come il percorso di camminamento (in questo caso facendo appello al Fondo europeo di solidarietà, come interventi del dopo terremoto). "C’è un progetto per ammodernare il lungofiume nei pressi della Mažuranićeva Obala [nel centro cittadino, ndr.], ma naturalmente prioritario è il sistema di prevenzione delle inondazioni", chiosa Burić, che aggiunge "a Karlovac non abbiamo una lunga tradizione turistica, per questo possiamo avviarla in un certo senso da zero, facendo attenzione a che sia sostenibile, sia per i cittadini che per l’ambiente".
Lungo la Kupa qualcuno ha già avuto una brillante idea in questo senso. Non parliamo della Kolpa slovena e dei tanti campeggi, glamping e punti di noleggio di kayak, ma di un’iniziativa più curiosa, portata avanti da tre amiche. La loro storia inizia formalmente nel territorio della città di Karlovac, ma prosegue verso est e per questo la racconteremo nel prossimo (e ultimo) capitolo sulla Kupa. Per ora, basti sapere che queste tre donne hanno ricostruito la Žitna lađa, l’imbarcazione del grano che 150 anni fa navigava lungo la Kupa e che ha fatto la gloria e la ricchezza di Karlovac.
Questo materiale è pubblicato nel contesto del progetto "Work4Future" cofinanziato dall’Unione europea (UE). L’Ue non è in alcun modo responsabile delle informazioni o dei punti di vista espressi nel quadro del progetto. La responsabilità sui contenuti è unicamente di OBC Transeuropa. Vai ai materiali "Work4Future"