Presidenziali e politiche in Turchia: esito non scontato

Il 14 maggio si vota per politiche e presidenziali in Turchia. Gran parte dell’opposizione è riuscita a coalizzarsi nel "Tavolo dei sei" con l’obiettivo di sconfiggere l’attuale presidente Recep Tayyip Erdoğan e bloccare la deriva autoritaria nel paese

05/04/2023, Fazıla Mat -

Presidenziali-e-politiche-in-Turchia-esito-non-scontato

Kemal Kılıçdaroğlu, leader del CHP e principale sfidante di Recep Tayyip Erdoğan alla presidenza della Turchia - © BFA-Basin Foto Ajansi/Shutterstock

La Turchia si appresta ad affrontare quello che probabilmente è l’appuntamento elettorale più importante della sua storia. Le consultazioni presidenziali e parlamentari indette per il prossimo 14 maggio dal presidente Recep Tayyip Erdoğan, leader del Partito della Giustizia e dello Sviluppo (AKP), potrebbero cementare il regime del capo di stato turco, rendendone i tratti autoritari ancora più duri e marcati. Ma potrebbero anche portare il ritorno ad un sistema politico più liberale, nel segno della riscoperta del dialogo democratico, se l’opposizione frammentata riuscirà a mantenere un fronte unito fino al termine di queste consultazioni, ottenendo la maggioranza dei voti per formare un nuovo governo guidato da un nuovo presidente.

L’oppositore principale di Erdoğan è Kemal Kılıçdaroğlu, leader del CHP (Partito repubblicano del popolo) dal 2010, candidato presidente del cosiddetto “Tavolo dei sei” (Altılı Masa), noto anche come “Alleanza della nazione” (Millet İttifakı), costituito da sei partiti di ambizioni e orientamenti politici diversi, uniti con l’obiettivo centrale di porre fine al governo ventennale di Erdoğan e del suo Partito della giustizia e dello sviluppo (AKP). L’opportunità storica è anche frutto di una diffusa frustrazione dei cittadini dopo anni di turbolenze economiche, profonde divisioni sociali e, più recentemente, la risposta ritardata del governo ai devastanti terremoti d’inizio febbraio che hanno ucciso più di 50mila persone e lasciato milioni di senzatetto.

Il Tavolo dei sei

Oltre al CHP – di centro sinistra – la coalizione è formata dal nazionalista Partito Buono (IYIP-Iyi Parti), dall’islamista Partito della Felicità (Saadet Partisi), dal Partito Democratico (Demokrat Parti) di centro-destra. Una prima alleanza formata da questi quattro partiti era stata costituita inizialmente nel 2018, in occasione delle elezioni locali del 2019, ed aveva rappresentato una mossa vincente, dato il risultato elettorale che ha portato due città cruciali come Istanbul e Ankara a passare dall’AKP di Erdoğan a sindaci del CHP. Per tale motivo, l’alleanza è stata ricompattata ed allargata nel marzo del 2022, con l’arrivo del Partito del Futuro (Gelecek Partisi) e del Partito della Democrazia e del Progresso (DEVA Partisi) – formazioni di centro-destra, fondati rispettivamente da due ex nomi di punta dell’AKP, il già primo ministro Ahmet Davutoğlu e l’ex ministro dell’Economia, Ali Babacan.

Una tale unione di posizioni politiche disparate ha portato a diversi mesi di negoziati per creare un programma comune volto innanzitutto a instaurare una nuova forma di governo, mettendo fine al sistema presidenziale introdotto nel 2017. Secondo i partiti di opposizione, l’attuale sistema, che vede la concentrazione del potere esecutivo nelle mani del presidente, ha contribuito all’andamento autoritario e alla polarizzazione del paese. La soluzione indicata per ripristinare i meccanismi di controlli e contrappesi e ritornare ad avere un parlamento funzionante è quella di reintrodurre il sistema parlamentare, che questa volta si vorrebbe ‘rafforzato’, ovvero basato sull’istituto della sfiducia costruttiva, e di istituire una figura di presidente super partes e a-partitica – dunque diametralmente opposta alla figura del presidente attuale.

Proprio sulla scelta del candidato presidente comune, a inizio marzo, il “Tavolo dei sei” è stato messo a dura prova a seguito del tentativo di Meral Akşener, leader di IYIP – secondo partito più forte dell’alleanza – di imporre la candidatura di altre due figure popolari del CHP – il sindaco di Istanbul, Ekrem İmamoğlu o quello di Ankara, Mansur Yavaş, al posto di Kemal Kılıçdaroğlu, sostenendo che la base elettorale del suo partito non vedesse bene la candidatura di Kılıçdaroğlu. Ma la tattica della leader di IYIP, che è anche uscita temporaneamente dall’alleanza, non ha sortito l’effetto sperato. Di fronte al resto dell’opposizione e dei sindaci CHP compatti attorno alla figura di Kılıçdaroğlu, Meral Akşener è tornata al “Tavolo”, ottenendo tuttavia che i due sindaci ricoprissero la carica di vicepresidenti in caso di vittoria dell’opposizione. Se Kılıçdaroğlu vincerà, anche i leader degli altri cinque partiti diventeranno vicepresidenti, mentre ogni partito si occuperà di almeno un ministero. Il resto dei posti di gabinetto sarà distribuito in base alla quota di voto popolare di ciascun partito.

Sondaggi

Secondo la media di 11 recenti sondaggi i punti percentuali del ‘Tavolo dei 6’ non sarebbero sufficienti ad ottenere la vittoria, dal momento che resterebbe attorno al 45%, mentre il candidato presidente dovrebbe ricevere almeno il 50%+1 dei voti per essere eletto al primo turno. L’apporto essenziale, in questo caso, dipenderà dal Partito Democratico dei Popoli (HDP), filo-curdo e di sinistra, terzo partito in parlamento dal 2015 ma demonizzato e accusato dal governo di avere un legame diretto con il Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK).

Sulla testa dell’HDP pende anche un’imminente sentenza della Corte Costituzionale che deciderà se il partito verrà bandito o meno. A fine marzo i co-leader del partito, Pervin Buldan e Mithat Sancar, hanno incontrato Kemal Kılıçdaroğlu, la cui apertura al dialogo ha contribuito alla decisione dell’HDP di non presentare un candidato presidente proprio alle elezioni, avvallando di fatto la candidatura del leader CHP, che potrebbe così raggiungere attorno al 55% delle preferenze, anche con l’apporto del Partito dei lavoratori della Turchia (TIP) e di altri piccoli partiti di sinistra con cui l’HDP forma una terza alleanza, quella del ‘Lavoro e della libertà” (Emek ve Özgürlük İttifakı).

Sul fronte opposto, l’AKP continua a registrare da solo il 32.8% dei voti – sebbene secondo società di sondaggio vicine al partito, il dato sale a oltre il 40% – mentre il MHP (Partito di Azione Nazionalista), suo alleato principale, continua a perdere voti a favore delle formazioni nazionaliste dell’opposizione, attestandosi attorno al 6.5%.

Le mosse di Erdoğan

Di fronte a questo scenario, per rinforzare l’Alleanza del Popolo (Cumhur İttifakı) di cui tira le fila, Erdoğan si è mosso per approfondire le sue alleanze con la destra islamista. Da un lato, ha iniziato a corteggiare il Nuovo Partito del Benessere (Yeniden Refah Partisi), rinnovata versione dell’islamista e nazionalista Refah di cui il presidente turco fu membro e tra le cui fila venne eletto sindaco di Istanbul nel lontano 1994 per poi prenderne le distanze e fondare l’AKP nel 2001 – allora definito ‘conservatore democratico’. Il figlio del fondatore di Refah, Fatih Erbakan, leader della nuova formazione, ha prima respinto l’offerta di alleanza – affermando che il suo partito “non avrebbe commesso un peccato lungo vent’anni” – per poi accettare.

Erdoğan ha poi ottenuto anche il supporto esterno di Hüda Par (Il Partito della Causa Libera), formazione partitica curda islamista, le cui connessioni con il gruppo t[]ista Hizbullah – responsabile di atroci delitti che alla fine degli anni ‘90 ha visto tra le proprie vittime la scrittrice femminista Konca Guriş e il questore di Diyarbakır Gaffar Okkan – sono state più volte messe in luce dalla stampa locale. Il leader del partito Zekeriya Yapıcıoğlu ha finora chiesto e ottenuto che 47 articoli in cui si menzionavano tali connessioni venissero bloccati dal tribunale, in base alla violazione della “privacy” e dei “diritti della persona”.

I due nuovi alleati del governo hanno posizioni che mettono apertamente in discussione i diritti delle donne, nonché la modifica della legge 6284 sulla protezione della famiglia e la prevenzione della violenza sulle donne – derivante dalla Convenzione di Istanbul da cui la Turchia ha receduto nel 2021. Una precondizione, questa, imposta dal Nuovo Partito del Benessere e avallata da Hüda Par che ha suscitato proteste anche tra alcune deputate AKP . Secondo alcuni media locali, dietro l’alleanza stretta tra l’AKP e i partiti islamisti – le cui preferenze si attestano rispettivamente a circa 1,5% e 0.3% – si nota l’importanza data dall’AKP anche al minimo sostegno che può arrivare alla coalizione guidata da Erdoğan, sebbene alcuni osservatori notino che una tale alleanza può causare reazioni avverse tra le sostenitrici del partito.

Sia la coalizione di Kılıçdaroğlu che quella di Erdoğan mirano a vincere le elezioni al primo turno. Ma non è escluso che si possa andare al ballottaggio. Un fattore che potrebbe compromettere il successo del “Tavolo dei 6” è il Partito del Paese (Memleket Partisi), guidato da Muammer İnce, terzo candidato presidente. İnce fu già candidato presidente del CHP nel 2018, riuscendo a catalizzare il 30% delle preferenze, ma perse le grazie dei propri sostenitori dopo essere sparito – letteralmente – dalla circolazione quando fu chiaro che aveva vinto Erdoğan. İnce è stato poi estromesso dal partito per contrasti interni ed ha perso gran parte della sua popolarità. Lo scorso mese, tuttavia, alcuni sondaggi assegnavano al suo partito tra il 2 e il 5.6% delle preferenze. Voti che verrebbero sottratti al fronte dell’opposizione, erodendo la possibilità di Kılıçdaroğlu di vincere al primo turno. Non a caso i media pro-governativi continuano a dedicare ampio spazio a İnce.

La gara tra l’opposizione e l’esecutivo è ancora una volta dominata da grandi squilibri in termini di accesso alle risorse e ai media. Diversi giuristi hanno anche segnalato che secondo la costituzione il presidente Erdoğan – già eletto nel 2014 e nel 2018 – non potrebbe nemmeno candidarsi una terza volta. Il governo – con l’avvallo del Consiglio elettorale superiore – afferma che il sistema si è ‘azzerato’ dopo il passaggio al sistema presidenziale nel 2017 e l’opposizione ha dovuto incassare. La campagna elettorale è appena iniziata, la vittoria per l’AKP questa volta non è per niente scontata e nel prossimo mese e mezzo è lecito aspettarsi altri colpi di scena.

Commenta e condividi

La newsletter di OBCT

Ogni venerdì nella tua casella di posta