Elezioni municipali in Albania: quale opposizione?

Dopo aver boicottato le municipali del 2019, l’opposizione albanese torna a presentarsi agli elettori alla prossima tornata elettorale del 14 maggio. Il PD – storico avversario dei socialisti al governo –  parteciperà però diviso in due schieramenti contrapposti

11/04/2023, Gentiola Madhi -

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Durante le municipali del maggio 2011 in Albania - foto OSCE

Il Partito Socialista del premier Edi Rama, al governo da dieci anni, negli ultimi quattro ha potuto esercitare un potere quasi assoluto anche a livello di amministrazione locale. 60 dei 61 municipi del paese sono guidati dai socialisti, a seguito del boicottaggio delle municipali del 2019 da parte della coalizione di opposizione guidata dal Partito Democratico. Un calcolo poltico che ha portato ad una delegittimazione davanti agli elettori e, nell’ultimo periodo, ad un vortice di frammentazione e scontri tra correnti interne al PD.

Un partito, tanti leader

Dopo 9 anni alla guida del PD, Lulzim Basha ha dato pubblicamente le dimissioni nel marzo 2022, e sulla scena politica è riemerso lo storico leader Sali Berisha, oggi 80enne. In breve tempo Berisha si è autoproclamato alla guida del partito, avviando un cosiddetto processo di “rifondazione” che però ha causato la frattura del partito in due correnti contrapposte. Tra le varie ragioni pesa il fatto che la presenza di Berisha a capo del PD mette in discussione l’alleanza con i partner occidentali e uno dei capisaldi della riforma della giustizia, la lotta alla corruzione. Nel 2021 Berisha è stato ufficialmente espulso dal gruppo parlamentare del PD in parlamento a seguito della sua dichiarazione di persona non grata da parte dell’amministrazione Biden e l’anno dopo anche dalla Gran Bretagna, con l’accusa di un suo coinvolgimento in pratiche di corruzione. La decisione di espulsione è stata presa da Basha, incrinando definitivamente il lungo rapporto “idilliaco” tra i due politici. 

L’avversario diretto di Berisha in seno ai democratici attualmente è Enkelejd Alibeaj, vicepresidente dello partito durante la leadership di Basha. Rappresenta l’ala più moderata del PD ed è legalmente il detentore delle “redini” del partito. Per complicare ulteriormente le dinamiche in seno al PD, l’ex-leader Basha non ha mai formalizzato le sue dimissioni presso l’autorità competente (il Tribunale di Tirana), risultando tuttora sulla carta alla guida del partito. Per di più, pochi giorni prima delle sue dimissioni, ha rilasciato un’autorizzazione (con valore legale) ad Alibeaj a provvedere alla registrazione del partito in vista delle elezioni municipali del 2023. 

All’inizio dell’anno alla Commissione Elettorale Centrale sono pervenute due richieste di registrazione del PD, con il relativo logo e timbro, rispettivamente da Berisha e da Alibeaj, con quest’ultimo ad averla vinta. Divise formalmente e legalmente, le due anime del PD concorreranno alle elezioni in schieramenti contrapposti. I candidati proposti da Berisha presenzieranno sotto il logo della coalizione “Insieme vinciamo”, guidata dal Partito della Libertà guidata da Ilir Meta, che detiene attualmente 4 seggi al parlamento. Fino all’anno scorso il partito di Meta si chiamava Movimento Socialista per l’Integrazione, nato come partito di sinistra e di gestione prettamente familiare. La guida del partito è stata alternata tra Meta e la moglie Monika Kryemadhi e negli anni ha stretto alleanze sia con i socialisti che con i democratici. Il PD di Alibeaj dal canto suo ha inizialmente presentato 16 candidati sindaci su 61 comuni, anche se alcuni nel frattempo si sono ritirati dalla gara con la scusa di non voler competere con i propri “colleghi" proposti da Berisha. 

Il declino della destra

Di fronte all’aumento dei prezzi, alla disoccupazione, alle tendenze migratorie e alla generale stanchezza causata dal decennio di governo socialista, il PD ha perso l’occasione di rinnovarsi e offrire un’alternativa politica credibile. Le dinamiche degli ultimi mesi hanno messo in evidenza ancora una volta il totale distaccamento delle figure politiche principali dalla realtà in cui naviga il paese e la forte dominanza degli interessi personali per le poltrone rispetto ai cittadini. 

Oggigiorno il PD non è in grado di coniugare una visione per il futuro dell’Albania, diventando un fattore di cambiamento e di speranza per i giovani. Per contro, durante questa fase pre-elettorale, le due figure contrapposte del PD investono parte del proprio capitale politico in accuse reciproche, puntando all’affondamento dell’altro, e paradossalmente lasciando in pace il Partito Socialista che dovrebbe essere in teoria il loro principale avversario politico. 

Poche alternative

In un comizio a Corizza, Berisha ha dichiarato che “queste elezioni […] in termini di importanza superano tutte le elezioni fatte fino ad oggi, dopo quelle del 22 marzo 1992”, mentre il suo alleato Meta in un’altra sede ha aggiunto che riusciranno ad ottenere i 3 bastioni principali, quello di Tirana, Durazzo ed Elbasan. Una retorica politica vecchia e fine a sé stessa.

Dal canto suo, i socialisti puntano alla riconferma della guida di almeno 45 comuni su 61. “Nelle condizioni in cui ci troviamo, il PS vincerà”, ha chiosato Damian Gjiknuri, segretario generale del partito.

Con la disgregazione del PD, il partito socialista segnerà con molta probabilità un altro successo significativo anche in questa tornata elettorale. Ma ciò che più importa è che i cittadini invitati alle urne il 14 maggio avranno poche opportunità di scelta, sia in termini di alternative politiche che di candidati nuovi. Infatti, i socialisti candidano in più di due terzi dei comuni gli stessi sindaci uscenti, incluse le principali città. Una situazione che per molti osservatori porterà ad un aumento dell’astensionismo.

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