Macedonia del nord, manca la manodopera

Negli ultimi decenni la Macedonia del Nord è stata interessata da una fortissima emigrazione e oggi sempre più aziende non trovano personale. Tra le soluzioni proposte, c’è quella di incentivare l’arrivo di lavoratori da paesi extra-europei

13/04/2023, Aleksandar Samardjiev - Tetovo

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Saldatore in fabbrica - © Zahovaev K/Shutterstock

I datori di lavoro nella Macedonia del Nord si trovano di fronte ad una crescente carenza di lavoratori, emigrati in massa all’estero in cerca di salari migliori. Secondo i rappresentanti del settore economico, la mancanza di lavoratori è un grave problema dall’inizio della pandemia di Covid-19.

Gli esperti affermano che il problema è multidimensionale, sottolineando i dati disponibili: su 1,8 milioni di abitanti ci sono attualmente 115.000 disoccupati, ovvero quasi il 7% delle persone in età lavorativa. Molti, però, hanno solo la licenza elementare o non hanno terminato le scuole superiori.

Lavoratori dall’estero

Alcuni rappresentanti di industrie come l’edilizia, il tessile, la manifattura, la ristorazione e l’ospitalità parlano apertamente della necessità di attrarre lavoratori da altri paesi. Questa "ricetta", già applicata nei paesi sviluppati, deve ancora dimostrarsi sostenibile per paesi come la Macedonia del Nord, con un salario minimo di 300 euro e uno medio di 500 euro.

I rappresentanti del governo affermano che è necessario importare lavoratori da altri paesi, ma anche investire nella riqualificazione, formazione e qualificazione dei lavoratori macedoni disoccupati e non qualificati.

Il vice primo ministro Fatmir Bitiqi ha dichiarato ai media locali che al paese mancano 10.000 lavoratori l’anno e che la soluzione è nell’attrazione di manodopera dall’estero e nella riqualificazione dei disoccupati.

“Dobbiamo fare queste due mosse, in modo che le nostre aziende rimangano competitive nei frequenti cambiamenti nello sviluppo tecnologico-industriale”, ha affermato Bitiqi.

Altri esperti, però, avvertono che l’apertura a manodopera da paesi extraeuropei può essere una soluzione a breve termine, ma rimane difficile.

“Portare forza lavoro dall’estero inizialmente costa 2.000 euro per lavoratore, per vitto, alloggio… Portare una persona dal Bangladesh con il biglietto aereo, tutti i permessi necessari e le visite mediche, costa più di 1.500 euro”, ha detto Zoran Kochoski, di un’agenzia di collocamento privata, durante un dibattito televisivo. “Bisogna fornire alloggio, trasporto, una forma di integrazione nel sistema sociale e sanitario della Macedonia del Nord. Ma questo non è ancora regolamentato nel nostro paese: mi spaventa pensare a quante cose non siano ancora regolamentate in questo campo”.

Inoltre, secondo Kochoski, l’importazione di forza lavoro potrebbe essere una soluzione effimera al problema, perché molti lavoratori potrebbero vedere la Macedonia del Nord solo come un paese di transito per raggiungere i paesi più ricchi dell’Unione europea. Ha sottolineato che nel recente passato l’Albania ha portato persone dall’Egitto, ma la maggior parte di loro si è spostata nell’UE che ha poi sanzionato il paese.

Per cambiare le cose, i sindacati e le organizzazioni per i diritti dei lavoratori chiedono salari più alti e migliori condizioni di lavoro.

Investire sulla manodopera locale o straniera?

“Per quanto riguarda l’attività di trasformazione nell’industria tessile, ad esempio, i lavoratori si trovano se sono pagati più del salario minimo, se sono pagati sopra la media si troveranno sicuramente”, ha detto a TV24 Biljana Jovanovska, ex direttrice dell’agenzia statale per il lavoro. Jovanovska sottolinea che la maggior parte dei posti di lavoro vacanti non richiede grandi qualifiche professionali e, con una piccola riqualificazione, un’ampia percentuale di disoccupati sarebbe in grado di partecipare al processo produttivo delle aziende nazionali.

Tuttavia, i sostenitori dell’importazione di forza lavoro sostengono che nuovi lavoratori più economici potrebbero arrivare, ad esempio, dal Bangladesh, dove il salario minimo è di 240 euro, rispetto ai 300 della Macedonia del Nord. Questi lavoratori potrebbero essere attratti dalle migliori infrastrutture e dalla maggiore protezione sociale presenti nel paese.

Secondo il docente universitario Lazar Jovevski, la combinazione demografica di invecchiamento della popolazione ed emigrazione di massa rimane un fattore: molti macedoni, insoddisfatti delle condizioni di lavoro, emigrano e incoraggiano i loro cari a fare lo stesso.

“Continuano a trasferirsi all’estero non solo i giovani, ma anche le persone alla fine del percorso lavorativo”, ha detto Jovevski in un’intervista a Channel 5 TV.

L’accordo "Balcani aperti", che offre ai lavoratori di Macedonia, Serbia e Albania la possibilità di lavorare senza restrizioni in tutti e tre i paesi, è presentato dal governo come un’opportunità per importare lavoratori, ma allo stesso tempo c’è il pericolo che i cittadini macedoni possano utilizzare l’accordo per trasferirsi in Serbia o in Albania.

I critici di questa idea dicono che c’è una carenza di manodopera anche in altri paesi dei Balcani occidentali, e che i lavoratori delle immediate vicinanze preferirebbero andare direttamente nei paesi più sviluppati, come la Germania che facilita l’accoglienza di nuovi lavoratori, anche con qualifiche inferiori.

“La soluzione alla carenza di lavoratori va cercata nella nostra forza lavoro. I datori di lavoro dovranno rivolgersi alla manodopera domestica, aumentare i salari e offrire migliori condizioni di lavoro. In Serbia e Croazia, alcune aziende offrono condizioni migliori per attrarre lavoratori dalle aree meno sviluppate del paese, come vitto e alloggio”, ha affermato Trpe Deanovski, dell’Unione dei lavoratori dell’amministrazione, degli organi giudiziari e delle associazioni di cittadini (UPOZ), in un’intervista a Radio Free Europe.

Alcuni dati

Secondo i dati dell’Ufficio statistico statale macedone, al 2022 la popolazione attiva in Macedonia contava 808.328 persone, di cui 693.062 occupate e 115.266 disoccupate: l’attuale tasso di disoccupazione è del 14,3%, fra i più bassi degli ultimi 10 anni.

Secondo l’Ufficio, nel 2022 a richiedere la maggior parte dei lavoratori è stata l’industria manifatturiera (2953), seguita dal commercio all’ingrosso e al dettaglio per la riparazione di autoveicoli (1735). 996 i posti vacanti nei trasporti e nella logistica, seguiti dalle costruzioni con 730 e IT e comunicazioni con 580, 377 i posti vacanti nell’istruzione, 481 nella sanità e protezione sociale e 803 nell’amministrazione e nei servizi ausiliari.

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