La Žitna lađa, tradizioni lungo la Kupa
Attraverso un’iniziativa imprenditoriale, Ana e Jasmina sono riuscite a riportare in vita una storia – quella della navigazione fluviale – che coinvolge diversi territori. L’ultima puntata del nostro reportage dedicato alla Kupa
(Vai alla prima, alla seconda e alla terza puntata del reportage dedicato alla Kupa)
Il giorno in cui decidiamo di salpare con la Žitna lađa – la storica imbarcazione del grano che nel XVIII e XIX secolo navigava regolarmente lungo la Kupa – un temporale estivo ci sorprende proprio al momento dell’imbarco. È una calda giornata d’inizio agosto a Brođani, un sobborgo di Karlovac ad una quindicina di chilometri dal centro, e la pioggia cade all’improvviso sulla riva e sul fiume, mentre il sole continua a splendere tra le nuvole. Ci affrettiamo a salire e prendiamo posto sotto al telo rosso che protegge gran parte della nave, battezzata Zora, una fedele riproduzione dell’iconica imbarcazione, rinata grazie all’ostinazione di due donne. Appena seduti, il cielo schiarisce e la navigazione comincia.
La storia di Jasmina e Ana
È passato più di un secolo da quando tra Karlovac e Sisak la Žitna lađa trasportava grano, sale, legname e altre merci lungo la Kupa. Il fiume permetteva di raggiungere la Sava e quindi il Danubio, collegando così i porti orientali della Serbia e della Romania a quelli situati ad ovest sulla costa adriatica. Tra Karlovac e Sisak l’imbarcazione in legno era trainata da persone (e successivamente da cavalli) lungo un sentiero tracciato sulla riva sinistra della Kupa, mentre Karlovac era uno snodo cruciale, il punto in cui il fiume smetteva di essere navigabile e le merci venivano trasferite sulle carrozze alla volta del mare.
Oggi il sentiero che affianca il fiume è coperto da una rigogliosa vegetazione e sulla Kupa passa solo qualche čamac di tanto in tanto, il piccolo scafo a fondo piatto tipico dei pescatori. Che ci facciamo allora noi su una Žitna lađa da 25 metri? La risposta è nella storia di Jasmina Cvetković e Ana Prepolec Padežanin, due amiche originarie della zona che dopo gli studi a Zagabria hanno deciso di tornare in paese e di inventarsi un lavoro per poter restare nei luoghi della propria infanzia. L’avventura comincia nel 2008, quando Jasmina e Ana decidono di ricostruire l’imbarcazione storica, sia per far rivivere il patrimonio culturale dell’area che per creare una nuova attrazione turistica tra Karlovac e Sisak. L’etnologa Nikolina Belančić Arki, curatrice al museo cittadino di Karlovac, aiuta fin da subito le due donne nell’identificare la nave da ricostruire. Si parte da una fotografia di inizio Novecento che ritrae una lađa in legno, ancorata a Karlovac nei pressi nel ponte di Banija.
"Ci sono voluti 9 anni per passare dall’idea alla realizzazione", ricorda Jasmina Cvetković. Inizialmente, le due amiche ricevono dal ministero del Turismo un finanziamento necessario a coprire la fase di progettazione, a cui si affianca in fretta anche un contributo del comune di Karlovac. Il progetto cresce e comincia a coinvolgere diversi partner, dal comune di Pokupsko (a metà strada tra Karlovac e Sisak, lungo la Kupa, come suggerisce il nome) all’Agenzia per lo sviluppo della Republika Srpska, passando per altre associazioni e enti locali. L’idea di Jasmina e Ana diventa infatti uno spunto per rivitalizzare una regione più ampia, quella della Kupa-Sava, riportando in vita una storia – quella della navigazione fluviale – che coinvolge diversi territori.
Ecco che qualche anno più tardi la ricostruzione della Žitna lađa s’iscrive in un progetto europeo: «La strada del grano, Kupa-Sava», il cui valore supera i 650mila euro e che sarà approvato e finanziato dal programma trasfrontaliero IPA Croazia–Bosnia Erzegovina nell’ambito del 2° bando di sovvenzioni. Avviato ufficialmente nel 2013, il progetto prevede non solo la realizzazione dell’imbarcazione, pensata per una cinquantina di visitatori, ma anche la costruzione di 2500 km di piste ciclabili, di diversi infopoint e infrastrutture turistiche, così come la stampa di mappe e la programmazione di un sito web dedicato. Insomma, la storia della Žitna lađa diventa un collante per la rinascita turistica della Croazia centrale e della Bosnia settentrionale.
Tuttavia, prima che la Zora solchi le acque della Kupa devono passare altri quattro anni. La costruzione non è facile, a partire dai 30 metri cubi di quercia necessari per l’operazione. Poi c’è il problema del trasporto: il cantiere navale in cui è nata la Zora si trova a Zagabria e bisogna portala a Sisak. L’operazione avviene nella primavera del 2017. "Il trasporto è avvenuto su strada, di notte ed è stato necessario rimuovere molti cartelli stradali per far passare il convoglio", prosegue Jasmina Cvetković. Da Sisak a Brođani, dove la nave è ancorata oggi, è stata un’altra avventura. "Abbiamo sfruttato l’ultima acqua alta di primavera. Il capitano ci ha chiamate di prima mattina e ha detto “venite a Sisak entro due ore, dobbiamo partire subito!”, e così è stato. Altrimenti avremmo perso quella prima stagione estiva", racconta Jasmina.
Di ritorno sulla Zora, il marinaio e animatore Dario Olrom interroga i viaggiatori sulla storia della Kupa, raccontando aneddoti, leggende e fatti storici. "A cosa serviva questo albero secondo voi?", ci chiede Dario, afferrando l’alto albero che si staglia in prossimità della prua della nave. I passeggeri si guardando, qualcuno azzarda ad una vela, ma la risposta è un’altra. "Qui erano legate le corde usate da chi trainava la lađa", spiega Dario, che punta poi il dito verso la riva, dove un tempo avremmo visto il sentiero percorso da questa ciurma di terra, ma che oggi è coperto dalla vegetazione. L’escursione prosegue così tra storie e degustazioni, finché ad un certo punto si inverte la rotta e si torna verso Karlovac.
Una regione terremotata
In più di 5 anni, la Zora ha realizzato finora più di 600 viaggi, portando migliaia di persone alla scoperta di un’area poco nota della Croazia. Karlovac e Sisak non condividono infatti solo la Kupa, ma anche una storia simile, fatta di crescita industriale nel Novecento, accompagnata poi dal coinvolgimento in prima linea nella guerra negli anni Novanta e dalla crisi economica che seguì le privatizzazioni e la chiusura di molti impianti. Da ultimo, a fine 2020 è arrivato anche il terremoto a scuotere queste terre, in particolare verso Sisak e Petrinja, una località quest’ultima lambita anch’essa dalla nostra Kupa. A più di due anni di distanza dal sisma, la ricostruzione stenta ancora a partire.
Ad oggi, infatti, appena una trentina di case sono state ricostruite nella regione più colpita dal terremoto: la Banovina, situata tra i fiumi Una, Kupa e Sava e dove si trovano tra le altre le città di Petrinja e Glina: trenta case ricostruite su un totale di oltre 2mila abitazioni considerate non più agibili all’indomani del sisma. Eppure la Croazia ha ottenuto dal Fondo europeo di Solidarietà circa un miliardo di euro di finanziamenti a fondo perduto, con l’impegno di spenderli nell’arco di un anno e mezzo. Quella scadenza è passata e Bruxelles ha concesso una proroga, fino al 30 giugno 2023. A inizio anno, un reportage di Al Jazeera Balkans notava che appena il 37% dei fondi erano stati spesi, oggi il governo assicura di essere a poco meno del 70%. Un’accelerata che però non cambia sostanzialmente il paesaggio della Banovina.
L’ultimo tratto della Kupa scorre infatti in una delle regioni meno sviluppate della Croazia , dove il PIL per abitante si aggira attorno agli 8.800 euro, contro i circa 12.500 euro per abitante nella Croazia nel suo insieme (o addirittura i 21.800 euro della sola città di Zagabria, non molto distante). Per quanto valgano i confronti basati sul Prodotto interno lordo, si consideri che le regioni italiane più povere misurano un PIL pro capite superiore ai 17mila euro. Ecco che in quest’area, i segni della recessione, della guerra e del terremoto sono evidenti, con una sensazione generale di abbandono da parte del governo centrale (proprio per rispondere ad accuse come questa, a inizio 2023 il premier Andrej Plenković ha sostituito il ministro Ivan Paladina, al portafoglio delle Costruzioni e responsabile della ricostruzione, con l’attuale ministro Branko Bačić).
Tra dolci colline, terreni agricoli e case dissestate, la Kupa arriva lentamente fino a Sisak, una cittadina di circa 50mila abitanti, ben più antica di Karlovac (fu un importante centro romano, ma con menzioni anche precedenti) e il cui centro abitato sorge proprio sulla lingua di terra che si trova tra la Kupa (a ovest) e la Sava (a est), che si uniscono poco a sud. Lontana dalle montagne del Gorski Kotar dov’è nato, il nostro fiume si appresta ora a continuare il suo viaggio nel bacino della Sava, attraverso quella che ormai diventa la grande pianura pannonica. La Sava segnerà il confine tra la Croazia e la Bosnia Erzegovina per più di 200 chilometri, prima di unirsi al Danubio a Belgrado, continuando così ancora più a Est, in una ramificazione azzurra che arriva fino al Mar Nero.
Questo reticolo idrografico è una realtà non solo geografica, ma anche culturale. Quando Jasmina Cvetković e Ana Prepolec Padežanin, spalleggiate dall’etnologa Nikolina Belančić Arki, hanno incontrato Nikola Brnardić – l’ingegnere navale che ha poi progettato la Zora – il suo primo disegno proponeva una lađa molto piccola. Le donne, stupite, hanno commentato: "Ma no, noi vogliamo una lađa più grande, lunga 25 metri e con una piccola cabina". "Oddio, voi volete un tumbas allora!", ha esclamato l’ingegnere, "Ma una nave così non c’è più sui fiumi da qui all’Ucraina!". L’imbarcazione in legno è poi diventata una realtà e la piccola Kupa ha dato così un grande contributo alla famiglia dei fiumi a cui appartiene. Oggi, chi vuole rivivere l’epopea del commercio fluviale può farlo sulla Zora .
Questo materiale è pubblicato nel contesto del progetto "Work4Future" cofinanziato dall’Unione europea (UE). L’Ue non è in alcun modo responsabile delle informazioni o dei punti di vista espressi nel quadro del progetto. La responsabilità sui contenuti è unicamente di OBC Transeuropa. Vai ai materiali "Work4Future"