Elezioni politiche in Montenegro: una corsa populista

Dopo una campagna elettorale dai toni populisti, domenica 11 giugno i cittadini montenegrini sono chiamati alle urne per rinnovare il parlamento. E’ la terza votazione di seguito in soli nove mesi. Il partito favorito è Europa adesso, la prospettiva più probabile un governo di coalizione

07/06/2023, Radomir Kračković -

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Jakov Milatović e Milojko Spajić durante una conferenza stampa del partito (foto Evropa sad )

(Originariamente pubblicato dalla Deutsche Welle , 1 giugno 2023)

Il prossimo 11 giugno i cittadini del Montenegro saranno chiamati a votare per le elezioni politiche anticipate. Con il voto di domenica si concluderà un ciclo di ben tre appuntamenti elettorali in nove mesi. C’è da aspettarsi che alle imminenti elezioni venga riconfermato il nuovo quadro emerso dalle due tornate precedenti con il trionfo del movimento Evropa sad [Europa adesso, PES], che dopo le amministrative dell’ottobre 2022 ha preso le redini della capitale Podgorica, e Jakov Milatović, uno dei leader del PES, recentemente è diventato il nuovo presidente del Montenegro.

Delle quindici liste che si presentano alle politiche dell’11 giugno, solo metà dovrebbe riuscire a superare la soglia di sbarramento per entrare in parlamento. I sondaggi elettorali danno favorito il PES, guidato da Milojko Spajić, che punta a conquistare un terzo dei voti, seguito dalla coalizione Zajedno [Insieme] riunita attorno al Partito democratico dei socialisti (DPS) che da qualche mese, dopo l’uscita di scena di Đukanović, è guidato da Danijel Živković.

Il DPS ha dominato la scena politica montenegrina per oltre trent’anni, fino alle elezioni politiche dell’agosto 2020, dalle quali il partito di Đukanović è uscito duramente sconfitto, dando spazio all’emergere di una nuova realtà politica, ulteriormente consolidata con la débâcle di Đukanović alle ultime presidenziali.

Al terzo posto, sempre stando ai sondaggi, dovrebbe attestarsi la coalizione formata dai Democratici di Aleksa Bečić e dal movimento URA dell’attuale premier Dritan Abazović, seguita dall’alleanza dei partiti filoserbi Za budućnost Crne Gore (Per i futuro del Montenegro, ZBCG), guidata da Milan Knežević.

Il DPS resta all’opposizione?

L’analista politico Predrag Zenović spiega che il Montenegro sta entrando in una nuova fase di multipartitismo, più vicina all’autentico significato del termine, che implica la necessità di formare governi di coalizione.

“Il PES con ogni probabilità diventerà la colonna portante di un nuovo governo di coalizione. Dovrà però dimostrare di essere capace di portare a termine l’intero processo e formare un esecutivo stabile. Non vi è dubbio che il DPS rimarrà fuori dalla nuova compagine di governo, anche perché tutte le altre forze politiche sicuramente cercheranno di capitalizzare la propria avversione verso il partito che ha governato il paese per trent’anni”, spiega Predrag Zenović.

Anche Biljana Matijašević, giornalista del quotidiano Vijesti, parlando dei possibili scenari post-elettorali, ritiene che l’ipotesi più probabile sia quella di un governo di coalizione composto dal PES, dall’alleanza Democratici-URA e da alcuni partiti delle minoranze nazionali.

“I cittadini sono stanchi delle politiche, portate avanti ormai da decenni, che restano focalizzate su questioni identitarie e religiose, quindi su ciò che ci divide. Lo dimostrano anche i sondaggi dell’opinione pubblica. Inoltre, vogliono vedere volti nuovi sulla scena politica montenegrina, persone a cui dare l’opportunità di fare qualcosa per migliorare la qualità della vita, essendo profondamente consapevoli che in Montenegro il tenore di vita è ben al di sotto della media UE”, afferma la Matijašević.

I sondaggi d’opinione suggeriscono che dopo le imminenti elezioni parlamentari le forze politiche che finora hanno dominato la scena, ossia il DPS e la coalizione Per il futuro del Montenegro, inizialmente riunita attorno al Fronte democratico (DF) – uno dei partiti usciti vincitori dalle politiche del 2020 [recentemente disciolto] – potrebbero finire all’opposizione.

Le conseguenze dell’uscita di scena di Đukanović

“La decisione di Đukanović di lasciare, almeno formalmente, la guida del DPS e la sua sconfitta alle presidenziali hanno ulteriormente indebolito il partito dell’ex presidente. Questa dinamica, a quanto pare, ha avuto un impatto anche sul DF, il cui operato politico è sempre rimasto focalizzato sulla lotta contro il regime di Đukanović”, spiega ancora la Matijašević aggiungendo: “L’ormai ex Fronte democratico ha ben poco da offrire agli elettori, avendo incentrato la propria campagna elettorale principalmente sulla questione del Kosovo. Anche i più ferventi nazionalisti serbi sono ormai consapevoli che il Montenegro non può in alcun modo incidere sulla situazione in Kosovo”.

La Matijašević ritiene che alla tornata elettorale di domenica il DPS otterrà un risultato peggiore di quello ottenuto alle elezioni del 2020. “Quella parte dell’elettorato che per anni ha votato il DPS solo per Đukanović ora fa fatica ad accettare il fatto che Đukanović non è più il padre padrone del paese. Questi elettori, delusi, resteranno a casa”, sostiene la giornalista di Vijesti.

L’analista Predrag Zenović sottolinea invece che Đukanović per decenni ha rivestito un importante ruolo politico e istituzionale come simbolo di una "stabilocrazia", ma anche come una figura politica che l’Occidente, sin dal 1997, ha sempre visto come garante della sicurezza. “Con l’uscita di scena di Đukanović, i partner occidentali [del Montenegro] cercheranno un nuovo attore politico locale che goda della legittimità popolare e che sia disposto ad assumere un’inequivocabile posizione filo-occidentale. Đukanović è stato certamente la colonna portante del DPS, al contempo però, insistendo nel portare avanti una politica incentrata su divisioni e scontri identitari, ha indebolito il partito, privandolo della capacità di coalizzarsi. Credo che le dimissioni di Đukanović rischino di incidere negativamente sul risultato del DPS alle imminenti elezioni e che solo le riforme interne possano garantire la sopravvivenza del partito a lungo termine”, afferma Predrag Zenović.

I paesi occidentali – che, secondo Zenović, attraverso le azioni di soft power incidono in maniera tutt’altro che irrilevante sulla formazione degli organismi di potere in Montenegro – nutrono ancora una certa diffidenza nei confronti dei partiti filo-serbi membri dell’ex Fronte democratico. “Un eventuale governo di coalizione che escluda il DPS e il DF dovrà trovare nuovi elementi di coesione se vorrà rimanere in carica l’intera legislatura e raggiungere grandi traguardi”, spiega l’analista politico.

I partiti promettono mari e monti

Per la prima volta nella storia del Montenegro indipendente, il focus della campagna elettorale si è spostato da questioni identitarie a quelle economiche. I principali partiti fanno grandi promesse, annunciando la rinascita economica del paese, un aumento di stipendi, pensioni e assegni sociali, nuovi grandi investimenti e progetti infrastrutturali.

Predrag Zenović mette in guardia sul fatto che la campagna elettorale in corso assomiglia sempre più ad una competizione commerciale condita di promesse sensazionalistiche. “Allo stesso modo in cui in passato si insisteva su discorsi identitari, che si sono rivelati particolarmente pericolosi quando partivano da una logica esclusivista, così anche oggi si insiste su promesse infondate che rischiano di spingere lo stato e la società montenegrina in una situazione di incertezza e crisi. Per capire quanto certi progetti siano effettivamente realistici e credibili, dobbiamo sapere non solo cosa si sta pianificando, ma anche come. Altrimenti, le elezioni rischiano di trasformarsi in una corsa populista e a pagarne le spese, come al solito, saranno i cittadini”.

Biljana Matijašević concorda sul fatto che la campagna elettorale abbia assunto una dimensione populista. “I partiti continuano a fare promesse, senza pensare come le manterranno. Evidentemente ci penseranno solo quando arriveranno al potere. Ad ogni modo, il PES è in grande vantaggio perché i suoi leader, nel periodo in cui erano ministri nel governo Krivokapić, hanno aumentato gli stipendi, mantenendo così una delle promesse fatte. Gli altri partiti hanno deciso di seguire la stessa strada, promettendo un aumento di stipendi, pensioni e contributi sociali. Per quanto riguarda l’aumento dello stipendio medio, ci penserà il mercato, perché la carenza di manodopera, soprattutto di quella stagionale, porterà inevitabilmente ad un aumento dei salari. Quanto alle altre promesse, i partiti dovranno assicurare nuove risorse. A quanto mi risulta però, ad oggi nessuno ha presentato un piano finanziario dettagliato”, spiega la giornalista.

Serve un governo stabile

L’Unione europea e gli Stati Uniti si aspettano che dopo il voto di domenica prossima a Podgorica venga finalmente formato un esecutivo stabile capace di proseguire con le riforme interne, velocizzando così anche il processo di integrazione europea del Montenegro.

“La stabilità economica e la chiusura dei capitoli 23 e 24 dell’acquis comunitario dovrebbero essere la priorità del futuro governo. Mi aspetto che, dopo la nomina dei ministri, l’esecutivo si dimostri stabile e che su questioni di fondamentale importanza, come la magistratura e la riforma elettorale, venga appoggiato dai due terzi del parlamento”, afferma Biljana Matijašević.

Anche Predrag Zenović ritiene che il nuovo governo debba innanzitutto impegnarsi nell’accelerare il processo di adesione del Montenegro all’UE, al contempo portando avanti la riforma di tutti i segmenti della pubblica amministrazione e una tenace lotta contro la corruzione e la criminalità organizzata.

“Sono ormai decenni che i cittadini montenegrini aspettano che questi processi vengano portati a termine. Mi sembra però che con il passare del tempo questi impegni, queste ‘stalle di Augia’ della nostra realtà siano finite per essere sempre più trascurate. Quanto più durerà questa tendenza negativa, tanto più grande sarà la responsabilità delle nuove élite e dell’intera società”, conclude Zenović.

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