Azerbaijan, continua la violenza contro le persone LGBT+

Il recente arresto di alcuni attivisti riaccende le preoccupazioni per le narrazioni anti LGBT+ che circolano in Azerbaijan, paese che occupa l’ultimo posto del Rainbow index, classifica stilata dall’ONG ILGA Europe che rileva il rispetto dei diritti LGBT+

07/06/2023, Arzu Geybullayeva -

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© Jacob Lund/Shutterstock

(Pubblicato originariamente su Global Voice  il 27 maggio 2023)

 

Nel febbraio 2022, dopo che è divenuta pubblica  la notizia del brutale omicidio del giornalista e attivista queer Avaz Hafizli, la comunità LGBT+ dell’Azerbaijan è rimasta profondamente scossa. La morte di Hafizli ha scatenato una protesta pubblica sulle piattaforme dei social media, sulle quali molti attivisti hanno criticato la storica inazione da parte dell’Azerbaijan nel contrastare i crimini di odio, specialmente quelli che colpiscono i gruppi marginalizzati. Ai giorni nostri, questo trend continua imperterrito.

Il 23 maggio la polizia ha arrestato alcune donne transgender nella capitale Baku, per quello che all’inizio era sembrata un’aggressione verbale, ma che poi si è trasformata in uno scontro tra le donne e la polizia, quando gli agenti hanno attaccato fisicamente una delle donne trans. In risposta, un gruppo di attivisti LGBTQ+ si è riunito fuori dalla stazione di polizia dove erano state portate le donne.

Secondo il racconto degli attivisti, la polizia ha provocato il gruppo scatenando la rissa. In seguito sono state trattenute sette persone tra cui due attivisti di spicco: Javid Nabiyev e Ali Malikov. In un’intervista a Global Voices, Malikov ha detto che erano andati alla polizia per esprimere solidarietà e per ottenere maggiori informazioni su quello che stava succedendo, visto che nessun media aveva riportato l’incidente. Nel frattempo entrambi sono stati rilasciati, ma sono stati multati e accusati di vandalismo e possesso di droga. Gli altri attivisti arrestati sono stati condannati alla detenzione amministrativa. Dopo il loro rilascio, entrambi hanno condiviso il proprio racconto di abusi, violenze e umiliazione pubblica da parte delle forze dell’ordine.  

Dimenticati e ignorati

Secondo ILGA Europe , organizzazione internazionale non governativa che difende la libertà e i diritti LGBT+, nel Rainbow Index  prodotto dall’organizzazione stessa l’Azerbaijan occupa l’ultimo posto su 49 paesi per il terzo anno consecutivo.

Negli ultimi anni il governo dell’Azerbaijan ha intensificato la repressione contro la comunità LGBT+. Nel 2017 , almeno 83 persone sono state arrestate dalla polizia e hanno dichiarato di essere state torturate e ricattate. Lo stesso anno, almeno 4 cittadini azerbaigiani che si identificavano come appartenenti alla comunità LGBT+ si sono suicidat i. 

Nel 2018, il giornale israeliano Haaretz ha riportato che il governo dell’Azerbaijan stava usando l’attrezzatura e il software del sistema di sorveglianza israeliano Verint per identificare l’orientamento sessuale dei cittadini tramite Facebook.

Nel 2019 sono state arrestate decine di persone LGBT+, molte delle quali sex worker transgender che, secondo il racconto di Meydan TV e Minority Magazine , prima sono state adescate e poi arrestate.

Nel marzo 2021, Minority Magazine ha segnalato un nuovo movimento, che si è auto proclamato con il nome di “Sangue Puro", che si è mobilitato via Telegram per colpire le persone LGBT+ in Azerbaijan.

Successivamente, nell’estate del 2021, durante il mese del Pride, Minority Magazine ha documentato un aumento degli attacchi contro le persone LGBT+.

In generale, molti individui appartenenti alla comunità LGBT+ che subiscono discriminazioni e violenze fanno poco ricorso alla polizia o a qualche altro canale giudiziario ufficiale. Per esempio, nel novembre 2022, una donna transgender e il suo partner sono stati aggrediti nelle strade della capitale Baku. Conoscendo la scarsa attenzione della polizia verso i cittadini queer, hanno deciso di non sporgere una denuncia ufficiale per il timore di rappresaglie o di potenziali violazioni della privacy.

L’esempio più spudorato della riluttanza dello stato ad aiutare la comunità queer è stato quando la famosa blogger Sevinc Huseynova ha incitato in pubblico alla violenza contro la comunità LGBT+ sui social media. Nonostante le numerose prove, la blogger non è mai stata ripresa per le proprie azioni. In uno dei suoi video Huseynova ha chiesto alle forze dell’ordine locali di voltarsi dall’altra parte nei casi di crimini d’odio. “Un segno è abbastanza per noi, basta dircelo e noi, le persone, le sbatteremo lentamente fuori” ha detto la blogger. In un altro video ha invitato gli uomini azeri ad uccidere le donne trans. A quel tempo, il ministro dell’Interno aveva dichiarato di essere a conoscenza di questi video e che stava investigando, ma nessuna misura è stata mai presa.

Tuttavia, Huseynova non è un esempio isolato. I discorsi anti LGBT+ in Azerbaijan sono diffusi  tra politici, celebrità e anche  gli attivisti dell’opposizione. Più recentemente Tofig Yagublu, un membro del partito di opposizione, ha affermato in una chat room che le persone queer sono persone biologicamente disabili. In generale, i rappresentanti della società civile del paese restano spesso in silenzio quando si parla di difendere i diritti della comunità LGBT+. Come  ha evidenziato su Twitter l’attivista queer Vahid Aliyed: “È profondamente demoralizzante assistere all’aberrante silenzio della società civile di fronte ai recenti eventi che coinvolgono gli attivisti per i diritti LGBT+ a Baku, Azerbaijan”.

La situazione è aggravata dalla mancanza di strumenti legali per denunciare. Ad oggi, la legislazione esistente in Azerbaijan non tratta i crimini d’odio riguardanti l’identità di genere o orientamento sessuale. Secondo il report dell’Istituto danese per i diritti umani, l’Azerbaijan non ha nessuna politica a tutela dei diritti LGBT+. Non ci sono nemmeno delle istituzioni specifiche che combattono la discriminazione sulla base dell’orientamento sessuale o identità di genere.

L’articolo 109 del Codice penale stabilisce sanzioni per la persecuzione di gruppi o organizzazioni per motivi politici, razziali, nazionali, etnici, culturali, religiosi, di genere o altri vietati dal diritto internazionale. La persecuzione è concepita come “crimine contro l’umanità” nei casi per esempio di tortura o deprivazione delle libertà in violazione del diritto internazionale. I crimini di odio non sono considerati persecuzione con questa normativa. 

Quest’anno i legislatori azerbaigiani si sono dichiarati favorevoli  ad adottare una legge anti-LGBT+ simile a quella adottata in Russia nel dicembre 2022 e simile alla legge russa sulla “propaganda anti-gay ” del 2012.

Anche se l’Azerbaijan non adottasse una legge così repressiva, nella pratica esiste già, come ha sottolineato l’attivista Miray Daniz in un’intervista a Chai Khana Media. “La non approvazione della legge è puramente per preservare l’immagine [dell’Azerbaijan] all’estero", ha detto Daniz, aggiungendo “Noi viviamo come se questa legge esistesse. Siamo continuamente sotto sorveglianza da parte della polizia e altre agenzie governative, siamo sempre sotto pressione. Non c’è nessuna istituzione statale con cui ci sentiamo sicuri, che ci protegge e che pensa a noi”. 

In assenza di tali protezioni basilari e dato l’ambiente politico e sociale azerbaigiano, il lavoro degli attivisti LGBT+ è limitato nell’impatto e nelle possibilità. Nel frattempo le vittime di abusi e molestie, lasciate a loro stesse, vivono nella paura per la propria vita e soggette a continue umiliazioni. In un’intervista ai media locali, Nabiyev e Malikov hanno dichiarato di essere stati sottoposti a esami del sangue senza un mandato del tribunale e a perquisizioni forzate alla ricerca di rasoi, come se tutti i membri della comunità portassero delle lamette sotto la lingua. In più sono stati umiliati e insultati, e in un caso gli attivisti hanno notato come gli ufficiali di polizia usassero dei fazzoletti di carta per toccare le porte che gli stessi attivisti avevano toccato in precedenza.

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