Croazia, il nuovo disegno di legge sui media è pericoloso
“Io non so chi abbia scritto questo testo, ma sospetto che l’intenzione principale fosse quella di dividere i media croati, creando scompiglio nel settore”, così Hrvoje Zovko, il presidente dell’Associazione dei giornalisti croati (HND). Lo abbiamo incontrato a Zagabria
«Un attacco di Stato al giornalismo». Hrvoje Zovko, il presidente dell’Associazione dei giornalisti croati (HND), non usa mezzi termini per definire la nuova proposta di legge sulla stampa che il ministero della Cultura e dei Media ha condiviso a inizio luglio con l’HND. Tra le novità che preoccupano i reporter croati, figurano la proposta di introdurre un registro dei giornalisti, l’obbligo per i colleghi di svelare le proprie fonti o ancora la possibilità per gli editori di rifiutare la pubblicazione di un articolo senza dare spiegazioni. «È una provocazione inaccettabile», commenta Zovko, conscio che la posta in palio è molto alta: in Croazia, l’attuale legge che regola il funzionamento della stampa risale ai primi anni Duemila. «La nuova normativa deciderà il destino del giornalismo croato nei prossimi vent’anni», chiosa il presidente.
Hrvoje Zovko, il documento di lavoro del ministero ha colto di sorpresa i giornalisti croati. Ci puoi spiegare da dove arriva e in quale contesto si inserisce?
L’Associazione dei giornalisti croati fa parte del gruppo di lavoro che, in seno al ministero della Cultura e dei Media, sta discutendo della nuova legge. A fine 2021, su richiesta del ministero, abbiamo inviato le nostre proposte, ma da allora non abbiamo ricevuto più alcune notizie. Il gruppo di lavoro non è stato più convocato. Ora, dopo alcune preoccupanti dichiarazioni del Primo ministro croato, che a inizio anno ha promesso di mettere fine alle «fughe di informazioni», ecco che all’improvviso ci viene consegnato un testo increscioso. Lo abbiamo ricevuto il 5 luglio con la richiesta di inviare i nostri commenti entro due settimane. Abbiamo già scritto una lettera aperta alla ministra Nina Obuljen Koržinek e abbiamo avviato una campagna che vedrà uniti tutti i giornalisti e i media croati. Questo testo non passerà.
Cosa vi preoccupa maggiormente nel testo proposto dal ministero?
È un testo pericoloso fin dalle sue intenzioni. Non riconosce il giornalismo come un bene pubblico, promuove la censura, non nomina l’HND come istituzione giornalistica e cerca di dividere il mondo mediatico, mettendo gli uni contro gli altri. Se dovesse passare, sarebbe la fine del giornalismo in Croazia, andremmo verso una orbanizzazione dello spazio mediatico.
Una delle novità che hanno fatto più discutere è l’introduzione di un registro dei giornalisti e dei foto-giornalisti…
È proposta la creazione di un Consiglio dei media, formato da cinque persone: un rappresentante di una facoltà di giornalismo, un esponente di una facoltà di legge, due rappresentanti degli editori e uno a nome delle organizzazioni dei giornalisti. Quel consiglio – già squilibrato nella sua composizione – dovrebbe approvare l’iscrizione dei colleghi nel nuovo registro. Prendiamo ad esempio Drago Hedl, un’istituzione del giornalismo croato. Drago fa domanda di iscrizione e il Consiglio non approva. Su che basi? E cosa succede una volta che a un giornalista è rifiutata l’iscrizione nel registro? Deve cambiare mestiere? E non è tutto. Il Consiglio decide anche dei finanziamenti pubblici ai media. Ma come possono due rappresentanti degli editori decidere su come dividersi i soldi? C’è un conflitto di interessi grande come una casa.
Nella vostra lettera aperta alla ministra della Cultura, Nina Obuljen Koržinek, accusate il testo governativo di «promuovere la censura». A cosa fate riferimento?
Nel testo viene data la possibilità agli editori di rifiutare la pubblicazione di un articolo senza l’obbligo di fornire delle spiegazioni. È inaccettabile. Questo soffocherebbe il giornalismo critico, così come l’obbligo per i giornalisti di svelare le proprie fonti. È una misura, quest’ultima, che è contenuta anche nella normativa attuale, ma che andrebbe tolta. Dobbiamo andare verso una maggiore protezione delle fonti, non il contrario.
Veniamo alla questione dei finanziamenti pubblici alla stampa. È qui che secondo voi il governo cerca di dividere il mondo del giornalismo croato.
Sì. Qui c’è una grande confusione. Si propone ad esempio di fornire agli studenti degli abbonamenti sovvenzionati alle testate giornalistiche. Un’iniziativa lodevole, ma si precisa che possono essere selezionate solo quelle testate, che, oltre alla versione digitale, hanno anche un’edizione cartacea. È chiaro che è sbagliato. Tutti devono poter ricevere gli stessi finanziamenti. Su questo tema bisognerà intervenire nel dettaglio, stabilire dei criteri chiari. Per questo penso che ci vorranno sei mesi o un anno per arrivare ad una buona legge.
Ci sono anche elementi positivi nel testo?
Sì, c’è del potenziale. La legge attualmente in vigore è stata scritta vent’anni fa, con in mente soprattutto la carta stampata. Ora ci sono nuove sfide e il testo ne menziona alcune, proponendo ad esempio di tassare Facebook e Google, come già fatto in altri paesi, e di redistribuire quei fondi alle testate giornalistiche. Anche qui però mancano le proiezioni di incasso, manca una spiegazione su come e perché vengono divisi quei soldi… insomma c’è molto lavoro da fare.
Inoltre, direi che il governo sbaglia approccio. Invece di proporre una strategia generale sui media che stabilisca quali sono gli obiettivi e le sfide, procede con leggi ad hoc: per esempio si è fatta prima la legge sui media elettronici e adesso si propone questa. Si crea confusione e manca una visione di insieme.
Quali sono le vostre prossime azioni?
Io non so chi abbia scritto questo testo, ma sospetto che l’intenzione principale fosse quella di dividere i media croati, creando scompiglio nel settore. Il solito dividi et impera. Questa strategia, però, non ha funzionato. Nessun giornalista e nessuna testata con cui mi sono confrontato è soddisfatto di questo testo ed è importante che il fronte dei media croati resti unito. Per quanto ci riguarda, bisogna rifare il lavoro dall’inizio, perché questa legge è fondamentale per i prossimi vent’anni. Quindi noi restiamo nel gruppo di lavoro e parleremo in questi giorni con la ministra che ha chiesto di incontrarci, ma non arretriamo di un millimetro e intanto cerchiamo sostegno al di fuori della Croazia. Il governo può anche forzare questa legge in parlamento, ma senza il coinvolgimento dell’Associazione dei giornalisti croati, senza il consenso della professione, la nuova normativa avrà ben poco valore.