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Serbia: migranti indiani alla mercé dei trafficanti
Su pressione dell’UE, la Serbia ha cambiato le regole sui visti per impedire ai cittadini indiani di utilizzarla come paese di transito. Lungi dal fermare i migranti, avvertono però gli esperti, questo non farà altro che alimentare il traffico di esseri umani
(Originariamente pubblicato da Balkan Insight , il 2 agosto 2023)
Veer [nome di fantasia] controllava nervosamente il telefono, in attesa dei messaggi WhatsApp del suo "agente" Lala. Era l’ottobre del 2022 e Lala stava organizzando un viaggio per Veer e altri indiani dallo stato del Punjab alla Serbia via Dubai, Arabia Saudita e Armenia.
L’idea, spiegava Veer all’epoca, era “creare una cronologia di viaggio nei nostri passaporti” per ingannare gli agenti dell’immigrazione all’aeroporto di Belgrado e passare per veri turisti.
In quel momento, gli indiani potevano entrare in Serbia senza prima chiedere il visto. Migliaia di persone hanno colto l’occasione l’anno scorso, e molti di loro si sono diretti verso i confini della Serbia con l’Ungheria e la Croazia, unendosi ad afgani, siriani, iracheni e altri sulla rotta dei migranti e dei rifugiati dei Balcani cercando di oltrepassare la frontiera esterna dell’Unione Europea.
Veer aveva investito molto nel suo sogno di raggiungere il Portogallo, trovare lavoro e infine farsi raggiungere da sua moglie e i due figli. Aveva venduto tre acri di terra nel suo villaggio di Gurdaspur, circa 450 chilometri a nord della capitale Delhi, vicino al confine con il Pakistan, aveva chiesto prestiti a usurai e parenti e aveva consegnato il suo passaporto a Lala fino alla conferma della partenza.
Veer era già in volo: tuttavia, quando la Serbia, sotto la pressione dell’UE, ha deciso a fine ottobre di sospendere il regime senza visti per una serie di paesi, tra cui India, Tunisia e Burundi.
Sebbene la decisione sarebbe entrata in vigore solo a partire dal gennaio successivo, l’impatto si è fatto sentire immediatamente alla frontiera nei mesi di novembre e dicembre. Veer ha intrapreso un’odissea di sei mesi che l’ha portato infine in Sud America, dove a marzo ha detto a BIRN di essere bloccato. Ha detto di aver speso 60.000 Euro in “agenti” e di essere senza soldi. E non era l’unico.
“Centinaia di noi [indiani] sono in El Salvador a causa della nuova regola dei visti della Serbia, tutti bloccati senza soldi da pagare ai nostri agenti”, ha detto Veer all’epoca. "Ma non tornerò a casa".
BIRN ha cambiato i nomi dei migranti citati in questa storia per proteggerne l’identità.
Uno stile di vita
La migrazione è diventata uno stile di vita nello stato del Punjab, noto da tempo per la sua ricca storia e cultura, nonché per la sua vasta diaspora.
La migrazione punjabi può essere fatta risalire alla seconda metà del XIX secolo, quando migranti provenienti dallo stato furono assunti come manovali per l’esercito britannico. Dopo la spartizione dell’India nel 1947, gran parte della manodopera qualificata partì per i paesi sviluppati, dove si registravano carenze in seguito alla seconda guerra mondiale.
Nella maggior parte delle famiglie punjabi, almeno un membro si è stabilito all’estero. Molti giovani punjabi crescono sognando una vita all’estero e studiano molto per ottenere le certificazioni di lingua inglese. Le destinazioni più ambite sono Stati uniti, Canada, Australia, Gran Bretagna, Italia e Portogallo.
Il desiderio di emigrare è alimentato dalla disoccupazione e dalla disintegrazione delle proprietà terriere a causa delle leggi sull’eredità in piccoli appezzamenti non coltivabili. La disperata voglia di andarsene spinge molti tra le braccia dei trafficanti; alcuni diventano vittime della schiavitù moderna.
I gruppi di trafficanti di esseri umani cercano attivamente “clienti” nei villaggi del Punjab; nel 1996, ben prima della "crisi" migratoria e dei rifugiati iniziata nel 2015, 283 persone, la maggior parte delle quali provenienti dallo stato del Punjab, morirono quando la barca sovraffollata su cui si trovavano si capovolse nel Mediterraneo vicino all’Italia.
Il professor Suneel Kumar del Dipartimento di studi strategici e regionali dell’Università di Jammu, spiega che, mentre prima la maggior parte dei punjabi migrava da Doaba, uno dei tre territori dello stato, “ora le persone stanno migrando da tutto lo stato, e soprattutto dalle zone rurali”.
Nel 2009, un rapporto sul contrabbando dal Punjab verso l’Europa, redatto dall’Ufficio contro la droga e il crimine delle Nazioni unite , citava, oltre all’attrazione economica della migrazione, il ruolo degli "intermediari" che sfruttano le aspirazioni dei punjabi, spesso giovani e poveri, incoraggiandoli a correre rischi mortali, spesso utilizzando documenti di viaggio contraffatti.
Nella maggior parte dei casi, quando partono i migranti sanno già che dovranno infrangere le leggi per raggiungere la loro destinazione, ma alcuni ne sono ancora inconsapevoli, essendo stati indotti con l’inganno dagli “agenti” a credere che, una volta pagato, l’accesso legale sia una formalità.
Drastico calo dei numeri
Un agente di viaggio a Delhi, che ha parlato a condizione di rimanere anonimo, ha detto che, prima del cambiamento della politica dei visti in Serbia, veniva spesso contattato da intermediari nel Punjab con domande e richieste riguardanti i viaggi in Serbia.
Da marzo 2022, le richieste di prenotare "voli lunghi e indiretti attraverso altre destinazioni verso la Serbia" sono aumentate da una al mese a due o tre prenotazioni di gruppo per 15-20 persone, ha detto l’agente. "Questi intermediari ci chiedono di aggiungere destinazioni come Nepal, Dubai, Arabia saudita nell’itinerario di viaggio in modo da dare l’impressione ai funzionari dell’immigrazione serbi che questo viaggiatore è un turista e non un migrante".
All’arrivo in Serbia, gli agenti collegavano i migranti ai cosiddetti "donkers", trafficanti di esseri umani che, a un prezzo considerevole, li indirizzavano attraverso terreni spesso accidentati, con poco cibo e acqua, al fine di entrare illegalmente nell’UE. Gli indiani che hanno parlato con BIRN hanno detto che dovevano consegnare i loro passaporti agli agenti; alcuni hanno affermato di non avere idea che avrebbero dovuto attraversare i confini illegalmente.
Nel 2022, secondo il Commissariato statale per i rifugiati e le migrazioni della Serbia, poco più di 5.000 indiani sono arrivati nei campi statali per migranti e rifugiati, e ogni mese nei campi c’era una popolazione stabile di circa 120-160 persone.
L’effetto del cambiamento nella politica dei visti della Serbia è stato immediato. Tra gennaio-marzo 2022 e gennaio-marzo 2023, la popolazione indiana nei campi gestiti dallo stato è diminuita dell’84%; nell’aprile di quest’anno c’erano solo 31 indiani. Il 99% sono uomini, ha affermato il Commissariato, che hanno trascorso ciascuno in media 21 giorni nei campi nel 2022.
"Secondo quello che dicono, il loro obiettivo è quello di proseguire il viaggio verso i paesi dell’Europa occidentale", ha riferito a BIRN.
Nel frattempo, secondo i dati del ministero degli Interni ottenuti tramite una richiesta sulla libertà d’informazione, nell’autunno del 2022, dopo la modifica della politica dei visti, il numero degli indiani a cui è stato rifiutato l’ingresso in Serbia è aumentato vertiginosamente. Il motivo più comune citato dalla polizia è stato “lo scopo dell’arrivo non chiaro”, poiché le autorità hanno ristretto il passaggio del confine prima ancora che la modifica della regola entrasse in vigore il 1° gennaio di quest’anno.
Radoš Djurović, direttore del Centro per la protezione dell’asilo in Serbia , ha affermato che gli indiani sono meno visibili di molti altri migranti e rifugiati in Serbia. L’accesso ai campi di transito dove solitamente soggiornano è limitato, ha dichiarato a BIRN. “È letteralmente impossibile avvicinarsi ai luoghi in cui si trovano quelle persone”. Questo è preoccupante, ha aggiunto Djurović, perché significa che anche il loro accesso all’assistenza legale gratuita sarà limitato.
Djurović sostiene che cercare di bloccare fisicamente l’ingresso di migranti e rifugiati nell’UE (ad esempio con recinzioni) non fa altro che alimentare la criminalità. “La politica della recinzione non porta a fermare l’immigrazione, ma a rafforzare il traffico”, ha affermato. “Fa solo guadagnare tempo, ma rallenta solo la migrazione”. “Non hanno modo di tornare nel loro paese di origine e l’unica cosa che possono fare è provarne un altro”.
Né il governo serbo né quello indiano hanno risposto alle richieste di commento su questa storia. Nemmeno l’ambasciata indiana a Belgrado ha fornito alcuna risposta.
Destini diversi
Amar, 22 anni, è partito per la Serbia nell’ottobre 2021, sperando di raggiungere il Portogallo e lavorare in un cantiere edile. Per finanziare il viaggio, i genitori di Amar hanno venduto la loro casa per 27.000 Euro e si sono rifugiati in un santuario sikh nella loro città natale di Ludhiana, la più popolosa dello stato del Punjab.
Amar era tra i circa 200 indiani del Punjab che si sono messi in viaggio nonostante le restrizioni imposte dalla pandemia di COVID-19 in quel momento e l’avvicinarsi dell’inverno. “I punjabi non sono abituati a camminare quando fa freddo o nevica”, ha detto Amar.
Quando BIRN lo ha contattato per la prima volta, Amar era rimasto bloccato in Grecia per cinque mesi senza alcun reddito. Giunto in Serbia nell’ottobre 2021, si è visto sequestrare il passaporto da un “agente” serbo; si è diretto a sud, verso la Macedonia del Nord e la Grecia, ma senza documenti ha faticato a trovare lavoro. Nel giugno dello scorso anno, stufo della situazione, Amar è tornato in Serbia con l’intenzione di raggiungere il Portogallo e documentare il suo viaggio sul suo smartphone, cercando di mostrare i “veri ostacoli e il dolore”.
Questa volta il viaggio lo ha portato dalla Serbia alla Romania, poi all’Ungheria. Una volta in Austria, Amar e gli altri con cui viaggiava decisero di fermarsi per qualche tempo prima di imbarcarsi per il Portogallo. Nei video sugli smartphone visti da BIRN, Amar e altri giovani lottano per crearsi un riparo contro l’inverno all’aperto, accendono fuochi e scavalcano le recinzioni al confine rumeno mentre altri tengono d’occhio la polizia di frontiera.
È interessante notare che Amar ha detto che i “donker” avevano “consigliato” loro di farsi arrestare al confine austriaco in modo da essere portati nei campi profughi e dotati di una carta del rifugiato che avrebbe permesso loro di lavorare temporaneamente. "Si trattava sostanzialmente di rimanere in Austria e guadagnare i soldi che avevamo speso pagando gli agenti prima di trasferirci in Portogallo", ha detto Amar a BIRN.
Dopo aver risparmiato denaro in Austria vendendo giornali, Amar è arrivato in Portogallo il 15 febbraio 2023. Spera di ottenere un permesso di soggiorno temporaneo e poi di portare i suoi genitori e la sorella dall’India.
Vicky, del Punjab, è passato dalla Romania nel 2020.
"Sono entrato in contatto con un agente in Punjab tramite un amico", ha detto a BIRN. “Quest’uomo mi ha assicurato che avrebbe organizzato il mio visto per l’Italia”.
Vicky ha raggiunto Belgrado, dove è rimasto per 15 giorni, e poi ha attraversato di notte la Romania. Dopo un mese, l’“agente” gli ha detto che sarebbe stato portato in macchina fino al confine ungherese. A metà strada, tuttavia, Vicky è stato trasferito su un camion della DHL e gli è stato detto di nascondersi in una piccola scatola.
"Le persone vengono generalmente nascoste in queste scatole per evitare di essere scoperte ai controlli di sicurezza", ha dichiarato. "Due dei miei passeggeri nel camion hanno iniziato ad ansimare e abbiamo dovuto portarli fuori per evitare spiacevoli incidenti".
Dopo aver attraversato Serbia, Romania, Ungheria e Austria, Vicky è arrivato in Italia, dove ha lavorato per nove mesi mungendo mucche in una fattoria, un lavoro che non aveva mai svolto nel suo paese. Non avendo trovato il lavoro meglio retribuito come elettricista che gli era stato promesso dal suo agente e per il quale era stato formato, Vicky è tornato in India, ma se ne avesse avuto la possibilità avrebbe accettato di nuovo di lavorare in Europa. Solo che la prossima volta, ha detto, vorrebbe arrivarci legalmente, tramite una “lettera di offerta di lavoro valida e un visto”.
Vicky aveva anche programmato di fare causa al suo agente, ma poi ha desistito perché pensava che tutti nella sua famiglia e nel suo villaggio avrebbero scoperto cosa gli era successo e lui si sarebbe sentito umiliato e un fallimento. Non ha mai raccontato alla moglie come era arrivato in Italia.
Veer, nel frattempo, ha raggiunto la California, dove ha deciso di restare. Lontano dal Portogallo, ora spera di trovare lavoro, ma sa che non sarà facile visto che “la percentuale di migranti indiani in cerca di lavoro va ben oltre le opportunità a disposizione”.
La lezione, ha commentato Djurovic, è che non esistono soluzioni rapide.
“La politica vuole soluzioni rapide e belle”, ha dichiarato a BIRN. “Si può far sembrare che la migrazione si sia fermata, ma si creano problemi a lungo termine”.
Questa inchiesta è stata condotta tra India e Serbia con il sostegno del Journalism Fund, nell’ambito del programma Modern Slavery Grant Unveiled.