Serbia: Bojana Savović e la conquista della libertà
La procuratrice di Belgrado Bojana Savović è la vincitrice dell’edizione 2023 del premio “La conquista della libertà”, riconoscimento che viene conferito ogni il 24 settembre, giorno in cui nel 2000 Slobodan Milošević fu sconfitto alle elezioni. Perché ha vinto il premio e perché è stata destituita dal suo incarico
(Originariamente pubblicato sul portale Peščanik , il 25 settembre 2023)
Questa è la ventitreesima volta che il premio “La conquista della libertà” istituito in onore di Maja Maršićević Tasić – donna politica, attivista e giornalista – viene conferito, come ogni anno, il 24 settembre, giorno in cui [nel 2000] Slobodan Milošević fu sconfitto alle elezioni.
Ormai da oltre un decennio viviamo in uno stato in cui i rappresentanti dell’oligarchia politica quotidianamente e senza alcun ritegno si fanno beffe della Costituzione e delle leggi da loro stessi approvate. Dall’inizio dell’anno il presidente della Repubblica si è rivolto alla nazione più di 190 volte, e quasi ogni volta ha approfittato dell’occasione per assumere il ruolo di procuratore, giudice o avvocato.
Lasciandosi trascinare dall’entusiasmo per aver conquistato un nuovo mandato presidenziale, ha affermato che sarà il secondo leader più longevo della storia serba dopo Nikola Pašić. E non è poco. Pašić ricoprì la carica di primo ministro per quasi due decenni e rimase alla guida del suo partito per quarantacinque anni. Una delle spiegazioni di tale lunghezza della carriera politica di Pašić, ma anche di quella Vučić, è da ricercare nella celebre frase di Baja [soprannome di Pašić]: “Le leggi valgono solo per gli avversari”.
Per mesi abbiamo guardato con invidia centinaia di migliaia di israeliani protestare per le strade di Gerusalemme contro una versione della riforma della giustizia voluta da Netanyahu che prevedeva la possibilità per la maggioranza della Knesset di ribaltare qualsiasi decisione della Corte suprema con una semplice alzata di mano. Credevamo fosse impossibile che anche i cittadini serbi si ribellassero contro una decisione del potere esecutivo che minacciava senza scrupoli quel poco che era rimasto della magistratura indipendente.
Poi però è arrivata la vincitrice di questa edizione del premio “La conquista della libertà”, la procuratrice Bojana Savović, naturalmente insieme alla sua collega, Jasmina Paunović. Le due procuratrici sono state rimosse da alcuni casi, per poi essere espulse dalla Sezione speciale per la lotta alla corruzione e assegnate ad altri incarichi. Quindi, il giorno in cui la procuratrice Savović ha emesso un mandato di cattura nei confronti di alcune persone accusate di aver danneggiato l’Azienda elettrica della Serbia (EPS) per svariati milioni di euro, fissando un’udienza per interrogare queste persone, le è stato comunicato di essere stata rimossa da quel caso.
Tuttavia, Bojana Savović “non se n’è andata docile in quella buona notte”, bensì ha rivelato pubblicamente, con schiettezza e ad alta voce, cos’è accaduto e qual era la posta in gioco. Ciò è bastato perché migliaia di persone si radunassero davanti al palazzo del governo di Belgrado chiedendo che alle due procuratrici venisse consentito di tornare ai loro incarichi e che invece venissero destituite alcune persone che avevano già conquistato un posto nella storia dell’infamia giudiziaria, nello specifico la famosa Zagorka Dolovac [la procuratrice generale della Serbia] e il sempre più famoso procuratore capo [della procura di Belgrado] Nenad Stefanović.
Per intenderci, non abbiamo deciso di assegnare il premio “La conquista della libertà” a Bojana Savović solo perché, avendo fatto il suo lavoro, è stata cacciata dalla Sezione speciale per la lotta alla corruzione – e la corruzione sta letteralmente distruggendo il suolo, l’acqua e l’aria di questo paese. A nostro avviso, Bojana Savović ha meritato il premio per tutto quello che ha fatto pubblicamente sia prima che dopo essere stata destituita.
In breve, quando più di due anni fa era stata avviata la riforma della Costituzione – una riforma richiesta dall’UE per garantire una maggiore indipendenza della magistratura – si era assistito a due processi paralleli. Il potere esecutivo aveva cercato in tutti i modi di impedire che le modifiche richieste mettessero in discussione la sua tendenza ad esercitare un controllo assoluto sulla procura e sulla magistratura. Allo stesso tempo, diversi giuristi indipendenti, professori di diritto, ong, ma anche alcuni giudici e procuratori moralmente integri avevano tentato di mettere in guardia l’opinione pubblica su tutte quelle modifiche finalizzate a evitare qualsiasi riforma sostanziale.
Mentre la procuratrice Savović, invocando il proprio diritto e dovere di partecipare alla discussione sulle modifiche proposte, cercava di spiegare perché i procuratori non erano in grado di gestire in modo adeguato i procedimenti penali e perché era importante creare un sistema automatico e trasparente di assegnazione dei fascicoli all’interno della procura così da porre fine alla prassi di affidare i casi delicati, legati alla corruzione ad alto livello, ai procuratori obbedienti, il potere conquistava rapidamente nuovi sostenitori. Oltre a Željana di Banatsko Novo Selo, diverse associazioni fantasma di calzolai, parrucchieri, fornai e fabbri si erano schierate apertamente dalla parte del governo.
Questa dinamica però si era rivelata troppo insensata anche per un paese come la Serbia, e quindi era emersa la necessità di promuovere tempestivamente la creazione di una nuova associazione di giudici e procuratori, anche perché le principali associazioni di categoria, all’epoca ancora esistenti, si erano dimostrate poco collaborative. A quel punto era entrato in scena l’attuale padrone della procura di Belgrado Nenad Stefanović, fondando l’associazione di giudici e procuratori GONGO. Questa associazione, di cui Stefanović si era autoproclamato presidente, aveva appoggiato ogni decisione, scritta o verbale che fosse, del ministero della Giustizia.
Così il potere aveva trovato un nuovo alleato che fingeva di essere interessato al dialogo e al pluralismo e per questo veniva ricompensato con una vertiginosa ascesa professionale. Subito dopo l’entrata in vigore delle leggi che, stando alle parole della ministra della Giustizia, Maja Popović, avevano introdotto cambiamenti strutturali nel nostro sistema giudiziario, Nenad Stefanović aveva intrapreso un’azione di rappresaglia contro le procuratrici disobbedienti, partendo dalla procuratrice che aveva osato esprimere pubblicamente la propria opinione sulle lacune riscontrate in alcune modifiche costituzionali e legislative.
Ovviamente, non è un caso che la nuova riforma della giustizia sia iniziata con la destituzione delle procuratrici della Sezione speciale per la lotta alla corruzione, poiché la corruzione, non il Kosovo, è il cuore della Serbia. I regimi autocratici e antidemocratici poggiano sulla corruzione e sulla presenza di procuratori e giudici obbedienti. Viktor Orbán preferisce rinunciare ad un finanziamento di 15 miliardi di dollari a fondo perduto e a diversi prestiti agevolati concessi dall’UE piuttosto che modificare le leggi che legano le mani ai magistrati indipendenti.
Varsavia ogni giorno perde mezzo milione di euro perché si rifiuta di sciogliere la Camera disciplinare della Corte suprema, nominata dalla maggioranza di governo, incaricata di eleggere e destituire i giudici e i procuratori. Tutti questi regimi, come anche l’attuale leadership serba, con modalità simili hanno cercato di ridicolizzare le richieste dell’UE riguardanti l’indipendenza della magistratura, e ci sono riusciti.
A dare un contributo originale a questo stratagemma vergognoso e desolante è stato il presidente della Turchia, un altro paese candidato all’adesione all’UE che qualche anno fa si era trovato a dover abolire la pena di morte. In quell’occasione Erdoğan aveva affermato: “Nessun problema, seguiremo le raccomandazioni”. Recentemente però in Turchia ad un predicatore televisivo è stato inflitta la pena di 6500 anni di carcere, e qualche giorno fa il re delle criptovalute turco è stato condannato a 11.196 anni di reclusione.
Tutti questi esempi dimostrano che i regimi autocratici non vogliono rinunciare al controllo della magistratura poiché tale controllo permette loro non tanto di arricchirsi quanto di rimandare eventuali sanzioni per gli illeciti commessi, ma anche di distruggere, appellandosi alle leggi, tutti quelli che considerano nemici. L’atteggiamento assunto dal presidente serbo e da praticamente tutti gli organismi della procura nei confronti di Bojana Savović dopo la sua espulsione dalla Sezione per la lotta alla corruzione dimostra che per loro la Savović è una nemica.
Del resto, anche loro – così come i cittadini che durante una manifestazione di protesta contro la destituzione di Bojana Savović e Jasmina Paunović sventolavano striscioni con la scritta “Le nostre Laure” (Kövesi) – sanno quanto sia pericoloso un pubblico ministero moralmente integro. La procuratrice Laura Kövesi, ormai ex capo della Direzione anti-corruzione della procura romena, prima di essere stata licenziata aveva avviato un’azione penale contro 14 ministri e 53 deputati romeni. Al momento della sua destituzione, 37 di questi politici erano già stati condannati.
Il governo romeno ha punito la sua procuratrice. La Romania però è uno stato membro dell’UE e questo ha permesso a Bruxelles di premiare la Kövesi affidandole la guida della procura europea. Bojana Savović e Jasmina Paunović invece non hanno un posto dove andare, possono solo continuare a lavorare nella procura serba – dove la maggior parte dei loro colleghi ogni volta che le incontra volge la testa dall’altra parte – e aspettare di essere nuovamente attaccate. E nuovi attacchi arriveranno perché Bojana Savović, anziché arrendersi, ha messo in moto tutti i meccanismi a sua disposizione per impugnare la decisione di espellerla dalla Sezione per la lotta alla corruzione.
Sapendo con chi ha a che fare, Bojana Savović di certo non crede che Nenad Stefanović e Zagorka Dolovac da un giorno all’altro diventeranno persone oneste. Sporgendo denuncia contro Stefanović e Brankica Marić, sostituta procuratrice per la lotta alla corruzione presso la procura di Belgrado, Savović ha dato all’opinione pubblica l’opportunità di rendersi conto di tutte le menzogne scellerate, la vigliaccheria e la meschinità dei più alti funzionari della procura.
Per questo verrà perseguitata e punita con ancora maggiore insistenza, su questo non vi è alcun dubbio. È altrettanto indubbio però che Savović sopporterà stoicamente tutti gli attacchi, come ha sempre fatto, senza mai pronunciare una parola di troppo, rifiutando di diventare la principale star dei reality show della procura serba.
Il fatto che Bojana Savović e Jasmina Paunović non lavorino più presso la Sezione per la lotta alla corruzione è una perdita per questo paese, così com’è una perdita anche l’assegnazione degli incarichi in precedenza svolti dalle due procuratrici a persone che si sono dimostrate disposte a esaudire ogni richiesta di vari ministri, sindaci e dirigenti. Da alcune ricerche condotte alla Facoltà di Giurisprudenza è emerso che i migliori studenti non vogliono diventare procuratori e giudici. Preferiscono lavorare come giuristi e avvocati nelle grandi aziende.
Così giungeremo al punto in cui ogni ladro e criminale avrà al suo fianco un avvocato competente, mentre lo stato, ossia l’ufficio del pubblico ministero avrà procuratori molto meno competenti. Ed è, ricordiamolo, il compito della procura perseguire chi commette crimini e altri atti illeciti e intraprendere misure per garantire il rispetto della costituzione e delle leggi.
Qui ho menzionato i peccati del potere esecutivo. Non dobbiamo però dimenticare, nemmeno per un attimo, che nella procura e nei tribunali serbi lavorano migliaia di persone, e quasi tutte queste persone tacciono o cercano di ripulirsi la coscienza sui social, spesso rimanendo nell’anonimato. L’opposto del coraggio della vincitrice di questa edizione del nostro premio non è tanto la vigliaccheria quanto il conformismo, il desiderio di mantenere un ufficio più bello, uno stipendio più alto e un parcheggio migliore.
Da decenni ormai osserviamo solo le porte che si chiudono. Per questo mi ha sempre dato fastidio quel detto secondo cui “quando una porta si chiude, se ne apre un’altra”. Il detto però prosegue con una frase più condivisibile: “Spesso osserviamo la porta chiusa così a lungo da non accorgerci nemmeno della porta che nel frattempo si è aperta”. Questo premio è la nostra piccola prova che una parte dell’opinione pubblica si è accorta che una porta si è aperta e che sulla sua soglia c’è Bojana Savović.
Quelle che seguono sono le parole pronunciate da Bojana Savović in occasione del ritiro del premio:
"Solo un uomo moralmente compiuto è completamente libero”, diceva Friedrich Schiller, e io sono assolutamente d’accordo.
L’unica vera libertà è dentro di noi, nessuno può portarcela via, e noi non ci rinunceremo mai.
Continuerò a battermi non solo per la mia libertà professionale, individuale e umana, ma per la libertà di tutti noi.
Vi ringrazio.