Una sola Bosnia Erzegovina, sotto la neve

Una nevicata di grandi proporzioni si è abbattuta nei giorni scorsi sulla Bosnia Erzegovina. Dichiarato lo stato d’emergenza, ancora notevoli le difficoltà. Tre storie descrivono la situazione del Paese e le condizioni di vita dei cittadini

17/02/2012, Michele Biava - Sarajevo

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Sarajevo (Foto Michele Biava)

La mattina di sabato 4 febbraio le immagini di strade bloccate, linee elettriche interrotte e soccorsi in elicottero che, fino al giorno prima, descrivevano sui notiziari le condizioni di vita nei villaggi più isolati, sono diventate la realtà di tutti gli abitanti della Bosnia Erzegovina, cittadini della capitale compresi. Le principali caratteristiche dell’evento meteorologico che sta interessando il Paese sono la sorprendente intensità delle precipitazioni in un lasso di tempo molto breve, le temperature estremamente basse che impediscono lo scioglimento della neve (fino a meno 25 gradi di notte anche a Sarajevo città) e l’estensione del fenomeno a tutto il territorio del Paese, senza eccezione per le zone tradizionalmente con un clima più mite (incluse Mostar e Neum).

Alle 7 del mattino del 4 febbraio la neve aveva raggiunto i 217 cm a Bjelašnica, 101 a Sarajevo, 95 a Kupres, 58 a Bugojno, 54 a Livno, 52 a Mostar. Almeno 11 persone sono morte assiderate, mentre centinaia di località sono rimaste isolate e migliaia di abitazioni senz’acqua e senza corrente, sulle montagne come in diverse città. In tutto il Paese si sta ancora lavorando per stabilizzare la situazione e portare soccorso a chi ne abbia necessità. Anche se la situazione nelle grandi città migliora, l’emergenza non è passata. Le previsioni meteo dei prossimi giorni fanno preoccupare e ulteriori danni potrebbero verificarsi non solo per le nuove precipitazioni ma anche nel caso di un rapido scioglimento della neve. Tra le numerose storie che sono state raccontate dai media locali nella cronaca di questi giorni, ne emergono tre.

Cittadini di Mostar

Il 7 febbraio Mostar est è rimasta senza corrente elettrica per la caduta di un traliccio dell’alta tensione, sulla linea in carico alla Elektroprivreda BiH. I quartieri a ovest non sono stati interessati dal black-out in quanto serviti dalla Elektroprivreda HZ Herceg-Bosne. In una città in cui di rado cade la neve, e le temperature non scendono mai sensibilmente sotto lo zero, il sistema di riscaldamento più comune è a energia elettrica. Oltre 15.000 utenze sono rimaste senza corrente e dunque senza riscaldamento, con la bora che soffiava a 100 km/h. Mentre la principale via di comunicazione con Sarajevo era ancora difficilmente praticabile, e i lavoratori delle Ferrovie della Federazione liberavano i binari quasi interamente a mano, in città sono iniziati a scarseggiare i beni di prima necessità.

Il centro giovanile Abraševic ha offerto ospitalità a chi si trovava al freddo, mentre alcune decine di cittadini hanno risposto all’appello diramato dal quartier generale della protezione civile di Mostar, accorrendo in aiuto ai lavoratori della Elektroprivreda nella riparazione dell’elettrodotto. I volontari presentatisi all’appuntamento hanno trasportato a mano le travi di ferro necessarie alla riparazione dell’elettrodotto fin sulla collina di Opine, nonostante il freddo e la neve. L’operazione è stata portata a termine con successo il 9 febbraio.

Soccorsi all’elicottero

Per l’evacuazione di persone in condizioni critiche di salute, e la consegna di aiuti umanitari ai numerosi villaggi rimasti isolati, sono stati mobilitati gli elicotteri delle forze armate della BiH e dell’Eufor. L’11 febbraio, una troupe della Federalna Televizija (TV della Federazione) si è imbarcata su un Mi8 per documentare l’intervento nell’area di Kalinovik, in Republika Srpska (RS). Nella circostanza, Darjan Babić e Jasmin Šuvalija sono stati testimoni di un “atterraggio forzato”, come è stato definito dai portavoce dell’esercito. Nei fatti l’elicottero è precipitato al suolo in fase di atterraggio, spezzandosi in più parti, come documentato dallo stesso cameraman . A soccorrere l’equipaggio, fortunatamente illeso, gli abitanti di Bukovica, che aspettavano la consegna degli aiuti. Personaggio simbolo della vicenda, un’anziana donna che ha accolto in casa i superstiti rifocillandoli con zuppa calda, caffè e rakija. Invitata a dire qualcosa di fronte alla telecamera, ha commentato: “Si sono salvati, è la cosa più importante, quel che è stato è stato e non c’è altro, non è così?”.

Il crollo a Skenderija

Poco dopo le 15.00 di domenica 12 febbraio, infine, il tetto della sala da pattinaggio del complesso olimpico di Skenderija, a Sarajevo, è crollato. A causare il cedimento della struttura, già danneggiata durante la guerra, è stato il peso della neve. Il collasso della copertura di 3.226 metri quadri ha dato luogo ad uno spostamento d’aria che ha devastato un negozio di tappeti al piano terra, mentre la massa di neve e detriti ha schiacciato tutto ciò che si trovava all’interno della sala sfondando in alcuni punti la soletta del parcheggio sotterraneo. “E’ come se fosse caduta una granata, ecco come posso spiegartelo…”, ci ha detto un guardiano presente all’esterno dell’edificio al momento del crollo. Fortunatamente anche in questo caso non ci sono state vittime né feriti. Una prima verifica alla struttura ha rilevato, oltre alla completa distruzione della sala, lo slittamento di alcune travi portanti, mentre le coperture delle diverse botteghe presenti sul piazzale del complesso risultano danneggiate e pericolanti sotto il peso della neve. Ancora da stimare il danno materiale, indubbiamente ingente.

Neve di febbraio a Sarajevo

Il crollo a Skenderija è avvenuto pochi giorni dopo l’anniversario dell’inizio delle Olimpiadi invernali di Sarajevo, l’8 febbraio del 1984. Allora nevicò all’ultimo momento utile, alla vigilia della cerimonia di apertura. Il giorno successivo, la pattinatrice Sanda Dubravčić accendeva la fiamma olimpica allo stadio di Koševo, dando inizio ai giochi che videro in gara 1.272 atleti provenienti da 49 Paesi. Da diciotto anni a questa parte, il ricordo di quei giorni felici si contende le emozioni con una ricorrenza di segno opposto. Il 5 febbraio 1994, infatti, il sangue di 68 morti e 144 feriti macchiava la neve intorno al mercato di Markale, colpito da una granata sparata dalle postazioni dell’esercito della Republika Srpska contro la Sarajevo che da ventitré mesi resisteva all’assedio.

Il manto bianco di questi giorni copre ogni cosa, e l’emergenza unisce idealmente un Paese che la politica continua a far viaggiare su binari separati. Ad aprile la neve non ci sarà più. In quei giorni la Bosnia ricorderà un altro anniversario, il ventennale dell’inizio della guerra.

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