Un nome, un problema

Neo-Macedonia, Macedonia del Nord, Upper Macedonia (Macedonia di sopra), Slavo macedonia o semplicemente Macedonia? Sulla Macedonia continua il toto-nome, con la Grecia a porre veti in vista del summit Nato di Bucarest

17/03/2008, Gilda Lyghounis -

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Alessandro Magno in battaglia

Neo-Macedonia, Macedonia del Nord, Upper Macedonia (Macedonia di sopra), Slavo macedonia o semplicemente Macedonia? Il toto-nome tra Atene e Skopje si fa sempre più serrato, a mano a mano che si avvicina la riunione Nato del 6 aprile a Bucarest, che deciderà l’ingresso (certo) di Albania e Croazia nell’Alleanza Atlantica e quello (molto incerto) della "Repubblica di Macedonia" come viene ormai chiamato da tutti a livello internazionale il piccolo stato balcanico.

Da tutti, esclusa la Grecia, che per eliminare questo appellativo dalla terminologia diplomatica sta dando battaglia. Primo passo: il veto lanciato il 6 marzo contro il semplice invito alla "ex repubblica jugoslava di Macedonia" (Fyrom, questo il suo nome ufficiale all’Onu) a partecipare al summit di Bucarest, a meno che non si trovi una soluzione prima. Secondo passo, il 13 marzo a Bruxelles, nell’incontro fra i primi ministri dei due Paesi e l’ambasciatrice americana alla Nato Victoria Noolan.

"Vogliamo trovare una soluzione condivisa" ha ribadito la ministra degli Esteri ellenica Dora Bakojannis ai suoi colleghi membri della Nato. "Ossia un nome con connotazione geografica, che rispetti le sensibilità di entrambi i nostri popoli". E lo ribadirà all’ultimo round diplomatico fra i due stati contendenti che si incontreranno oggi 17 marzo sempre a Bruxelles, sotto l’egida dei mediatori americani. "E’ una questione fra uno Stato membro dell’alleanza e un non membro" ha finora commentato la segretaria di Stato Usa Condoleeza Rice.

Ma cosa significa "un nome a connotazione geografica, che rispetti le sensibilità di entrambi i Paesi"? Questione intricata, quasi quanto è complesso il puzzle di etnie che abitano Skopje e dintorni: non a caso battezzata una "Macedonia" di popoli da secoli.

"Slavo-macedonia", per distinguerla dalla greca "Macedonia dell’Egeo", non garberebbe certo alla minoranza albanese del piccolo stato. E neppure a quella bulgara, che ha alle spalle l’appoggio fagocitante della "madre patria" Sofia.

"Macedonia del Nord non sarebbe male" – riflette un editoriale del quotidiano conservatore ateniese "Kathimerini" – "ma ha lo svantaggio di evocare nazioni divise e sofferenti come la Corea (del nord e del sud, appunto) e il Vietnam: Upper Macedonia, invece, è accettato anche dai partiti di opposizione al governo greco (a parte i nazionalisti del Laos) e metterebbe Skopje di fronte al dilemma fra insistere nei suoi sogni di una ‘Grande Macedonia’ e fra i concreti vantaggi di diventare subito membro della Nato".

Traduzione per i profani: il sogno di una "grande Macedonia" si riferisce al fatto che, dopo lo sfascio della Jugoslavia, nel 1992 il nuovo governo di Skopje aveva stampato carte geografiche che comprendevano la grecissima Macedonia dell’Egeo nella loro neonata nazione, per di più battendo cartamoneta dove svettava la Torre bianca, emblema di Salonicco, seconda città greca. Iniziative bollate come mire espansionistiche dall’allora governo di Atene.

Proprio a Salonicco il 6 marzo sono scesi in piazza i difensori della grecità macedone. Solo che si sono divisi in due, poco riuscite, manifestazioni: la prima nel Palais du Sport, con 5.500 per lo più giovani delle organizzazioni ecclesiastiche, la seconda sul lungomare vicino alla statua di Alessandro Magno: un corteo di 5.000 persone circa a gridare gli slogan del partito nazionalista Laos (popolo).

Perché così pochi, rispetto alla marea furiosa che attraversava in lungo e in largo Atene e la Grecia tutta 16 anni fa? L’abbiamo chiesto a Nikos Kalampalikis, docente di psicologia sociale all’università di Lyon, che all’argomento ha dedicato di recente "Les grecs et le mythe d’Alexande" (edizioni Harmattan). "La popolazione ellenica continua a nutrire una profonda delusione e un certo fatalismo verso il modo in cui la questione macedone è stata gestita finora dalla classe al potere, sia di destra sia di sinistra" risponde Kalampalikis all’Osservatorio sui Balcani.

"Se ne vengono solo ora fuori con la minaccia del veto, dopo 16 anni, quando ormai tutto il mondo chiama gli skopjani ‘macedoni’. Di qui il fallimento dei cortei di Salonicco: in più c’è una generale ignoranza dei parametri storici e geografici in ballo, e sicuramente un’incomprensione verso le ragioni socio-politiche che ci hanno portato a questa impasse".

Infatti, i giornali ateniesi si affannano a spiegare perché anche la scelta di "Nuova Macedonia" (proposta fra l’altro dal mediatore Usa Nimits) rischia di essere esplosiva. Perché il nome "Nuova Macedonia" avrebbe l’intento di distinguere il neo-stato con capitale Skopje dall’antica Macedonia di Alessandro Magno, il cui copyright i greci difendono furiosamente. "In realtà questo suffisso ‘Nuova’ dà l’idea di una continuità storica, piuttosto che di una netta contrapposizione", sottolinea il quotidiano "Kathimerini".

Sottigliezze? Forse, ma le sensibilità secolari ed etniche nei Balcani contano moltissimo. E di sicuro la strada verso Bucarest è irta di ostacoli di questo tipo. Le autorità di Skopje non si pongono il problema. Non vogliono sentire parlare di suffissi geografici o di qualunque genere: hanno comprato paginate sui maggiori quotidiani mondiali dal "New York Times" al "Financial Times" fino all’"Herald Tribune" e a "Le Monde" con lo slogan "La repubblica di Macedonia merita di essere membro della Nato". E poi, per smorzare i toni : "Grecia-Macedonia alleati nella Nato".

Quanto alla sacra eredità di Alessandro Magno, Mimis Suliotis, docente di Filologia greca all’università della Macedonia occidentale (parliamo della regione ellenica, a scanso di equivoci) ci scherza sopra sul settimanale "Vima": "L’antica Macedonia e in generale l’eredità culturale della Grecia classica sono patrimonio dell’umanità intera, e non sono l’orticello del nonno tale da farcela considerare una nostra proprietà esclusiva: se Filippo (padre di Alessandro Magno, ndr) sapesse che qualche nazionalista esagitato vuole raccogliere la sua eredità in toto, si rivolterebbe nella tomba. Direbbe: "Se almeno questi politicanti che si agitano in mio nome fossero in grado di proteggere l’antica Olimpia dagli incendi…".

Conclude amaro Kalampalikis: "L’unica novità positiva è che, da parte greca, ci si è aperti ad accettare un nome composito, a connotazione geografica. E non a rivendicare solo per la regione di Salonicco il nome di ‘Macedonia’ tout court. Così si aprono nuove chance. Purtroppo tardive: perché ora questa battaglia diplomatica si svolge nel disinteresse (o quasi) internazionale. E questa indifferenza potrebbe sfociare in un due appellativi: uno, composito, per le relazioni bilaterali fra Atene e Skopje, l’altro "Macedonia" e basta, per il resto del mondo".

In effetti ad Atene le folle sfilano per la riforma delle pensioni, e non per Alessandro Magno. A Skopje hanno altri problemi: la crisi di governo. Quanto alla battaglia del nome, il prossimo round è oggi, lunedì 17 marzo, poi l’ultima sfida: il summit di Bucarest.

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