Turchia: la lingua vietata
Nella Giornata internazionale della lingua madre, un reportage di viaggio dalla regione a maggioranza curda della Turchia, dove sono vietati i nomi che contengono le lettere Q, W, X poichè esistono nell’alfabeto curdo ma non in quello turco. Riceviamo e volentieri pubblichiamo
A Kahta si è già nella regione sud orientale a maggioranza curda della Turchia. Qui, il çay (tè) è curdo così come curdo è il tabacco delle sigarette, entrambi esistono molto prima dei confini geografici e mentali ma vengono utilizzati come simboli della battaglia per esprimere la propria identità nazionale e culturale. Se chiedi dov’è la capitale ti viene indicata Diyarbakır – la capitale non ufficiale della regione a maggioranza curda del sudest della Turchia. Ankara è lontana, non solo geograficamente.
Kahta, nella provincia di Adıyaman, è una piccola città polverosa che sarebbe dimenticata dai viaggiatori se non si trovasse ai piedi del Monte Nemrut sulla cui vetta re Antioco I di Commagene – regno ellenistico del I secolo a. C. – fece costruire la sua tomba composta da gigantesche statue di pietra raffiguranti se stesso e alcune divinità greche – sito dichiarato patrimonio dell’umanità dall’Unesco.
La lingua curda
Civan è il “manager”, lo chiamano tutti così, di una pensione di Kahta. Bruno, minuto, voce abbassata dal fumo. Decisamente carismatico, qualcosa a metà tra un leader locale e un uomo d’affari un po’ misterioso. La sua pensione è la mia porta d’ingresso, parziale ma efficace, nel sud est della Turchia. Nel fumoso salone la tv è costantemente sintonizzata su TRT6, primo canale pubblico – nato appena nel 2009 – che trasmette 24 ore su 24 in curdo, soprattutto musica. Ferat il ragazzino tutto fare della pensione mi dà la mia prima lezione di curdo. Sipas dikim/grazie, basim/ bene, roj baş/buongiorno.
Dopo il colpo di stato del 1980 l’uso della lingua curda venne proibito e nel 1983 il governo militare emanò una legge – abolita nel 1991 – che proibiva “la circolazione e la pubblicazione di idee in una lingua che non fosse la prima lingua ufficiale di uno stato riconosciuto da parte della Turchia”. In questo modo si vietavano le pubblicazioni in curdo. Ancora oggi rimane vietato utilizzare la lingua curda in Parlamento.
Nell’ultimo periodo la battaglia dei curdi della Turchia si è concentrata sui diritti linguistici e lo scorso settembre i curdi hanno boicottato per una settimana le scuole del sud est del paese per rivendicare il diritto all’istruzione nella propria lingua madre. Al termine del boicottaggio il Primo Ministro Recep Tayyip Erdoğan del partito per la Giustizia e lo Sviluppo – AKP, aveva seccamente risposto: “Nessuna istruzione nella lingua madre. La lingua ufficiale in Turchia è il turco”. Erdoğan con il piglio dell’uomo pragmatico aveva inoltre sottolineato che in Turchia esiste la possibilità di tenere e seguire corsi privati di lingua curda.
Le lettere vietate
Civan mi dà il suo biglietto da visita. Leggo un altro nome: Irfan. “Questo – dice Civan con un ghigno – è il mio nome ufficiale turco”. Anche i nomi propri per i curdi possono essere un problema. Dal 1991 diverse modifiche legislative hanno allentato le restrizioni che proibivano ai genitori di dare ai propri bambini nomi che “non fossero appropriati alla cultura nazionale turca”. Tuttavia non c’è ancora una totale libertà. Il 6 dicembre 2009, all’ufficio anagrafe di Şanlı Urfa, nel sud est dell’Anatolia, una madre curda propose di registrare sua figlia appena nata con il nome “Sewin” che in curdo significa “Venerdì pomeriggio”. Il funzionario rispose che la legge vieta di dare dei nomi che contengano le lettere Q, W, X poichè esistono nell’alfabeto curdo ma non in quello turco. Ci sono sempre però delle sottili forme di resistenza: la bambina venne chiamata Sevvin, semplicemente sostituendo la w a due v accostate. Penso alle alte bandiere turche che sventolano in ogni dove ad Ankara, e nel resto del paese, piantate forse proprio nel caso qualcuno potesse incappare nel rischio di dimenticarsi di trovarsi in Turchia, lingua ufficiale il turco, parola d’ordine: uniformità. Il rapporto tra identità diverse è dinamico e dipende in larga misura dalle scelte politiche, alcune delle quali rischiano di esacerbare il conflitto dipingendolo in bianco e nero, confinando la questione curda entro i termini di sicurezza, ordine pubblico, t[]ismo. Mi chiedo quale sia l’identità possibile per un curdo in Turchia.