Trieste: incontro con Damjan Kozole

È uno dei più noti cineasti sloveni, attivo già dalla fine degli anni ’80 quando giovanissimo realizzò il primo lungometraggio indipendente del suo Paese. Il suo ultimo lavoro riguarda il tema della disoccupazione. Una tragicommedia dove alla fine "risplende il sole". Un’intervista

15/02/2006, Nicola Falcinella -

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Dal film "Il lavoro rende liberi"

Damjan Kozole ha presentato recentemente al Trieste Film Festival il suo ultimo lungometraggio, "Delo osvobaja – Il lavoro rende liberi" (già al Festival di Locarno e a Sarajevo, dove il protagonista Peter Musevski si è aggiudicato il premio per la migliore interpretazione maschile) realizzato per la Tv nazionale slovena.

Una storia molto attuale – la perdita del posto di lavoro di un padre di famiglia e la conseguente perdita di fiducia in sé stesso e la crisi d’identità – che fa seguito al tema dell’immigrazione raccontato da Kozole in "Rezervni deli – Pezzi di ricambio" del 2003.

"Delo Osvobaja" è una tragicommedia – racconta il regista – dove la tristezza si mescola all’umorismo e dove l’ottimismo della vita vince il pessimismo, dimostrando ancora una volta che alla fine risplende sempre il sole".

Perché trova spesso ispirazione nella situazione sociale del suo Paese?

I miei film sono ispirati all’attualità, alla vita e alle vicende che contribuiscono a farci diventare ciò che siamo. La disoccupazione del mio protagonista, è una delle conseguenze dovute all’indipendenza, e la recente entrata nell’Ue non ci sarà certo d’aiuto in questo senso. Lo schiaffo finale lo subiremo tra un anno, quando ci convertiremo anche all’euro. Basti pensare allo scossone subito della classe media in Italia, per poter presagire ciò che succederà in Slovenia, dove lo standard è decisamente più basso.

Nonostante affronti un tema triste, ha avuto successo…

Bisogna premettere che il film è nato come una produzione televisiva, rivolta a una platea molto diversa. In seguito abbiamo ricevuto offerte da alcuni festival e ci siamo decisi ad ampliarlo e trasferirlo in pellicola. L’accoglienza è stata molto buona e il film è stato particolarmente apprezzato negli Stati Uniti, dove gli spettatori hanno vissuto la vicenda del protagonista, che dopo aver perso il lavoro ha perduto anche la moglie e tutti gli affetti, molto da vicino. Sfortunatamente questa storia di disoccupazione è abbastanza comune. È ambientata in Slovenia ma potrebbe essere ambientata anche in Italia. E’ un film sulla paura di perdere il lavoro e il proprio status sociale ma anche sulla dignità delle persone.

A differenza di alcuni dei suoi colleghi, ha optato per un finale ottimistico.

A dire la verità desidererei sempre vedere la bottiglia mezza piena, ma mi rendo conto che ciò non è possibile. Sono però convinto che in questi tempi non certo ottimistici, siamo proprio noi autori chiamati a offrire una via d’uscita e un’opportunità di salvezza.
Un’opportunità anche per il cinema sloveno?
La cinematografia slovena negli ultimi dieci anni ha fatto dei passi da gigante. Basti pensare che fino a qualche anno fa, nessuno sapeva della nostra esistenza. Oggi siamo presenti quasi in tutti i festival e il pubblico sembra interessato alla nostra produzione. Il cambiamento è avvenuto nel momento in cui ci siamo resi conto che non ha senso produrre dei film destinati soltanto al pubblico nazionale, bensì concentrarci su quello internazionale, offrendogli l’opportunità di conoscere attraverso la settima arte la realtà slovena. La Slovenia purtroppo è troppo piccola e la produzione cinematografica dispone di pochissimo denaro, ma sono convinto che, con il tempo, il talento degli autori verrà premiato.
Il merito è anche degli attori.
Sì, ho lavorato con i migliori attori che ci sono in Slovenia, sono fortunato. Ed è la mia quarta collaborazione con Peter Musevsky che è molto molto bravo. Questo film era una piccola produzione per la televisione però ho preso i nostri migliori attori. Quando hai poco denaro puoi solo prendere bravi attori per fare un bel lavoro.
Prossimi progetti?
Da più di due anni sto cercando di mettere insieme una coproduzione fra Gran Bretagna, Slovenia e Bosnia per un film. Dovremmo avercela fatta e cominciare a girare a Sarajevo ad agosto e poi a settembre a Capodistria. Se tutto va bene sarò qui ad Alpe Adria fra due anni.

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