Trattative di pace, ed intanto violenza

C’è chi, visti i continui scontri armati tra i contendenti, stenta a definirlo un ”conflitto congelato”. E’ quello tra Armenia e Azerbaijan, che si contendono il Nagorno Karabakh. Cinque i soldati uccisi nell’episodio di violenza più recente. Ma nonostante tutto, le trattative per raggiungere una pace duratura continuano

02/07/2010, Onnik James Krikorian - Yerevan

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Nagorno Karabakh (Flickr-Radio Nederland Wereldomroep )

Si è diffuso il panico all’inizio della settimana scorsa a Yerevan, capitale dell’Armenia, quando i media locali hanno dato notizia di uno scontro tra militari armeni e azeri lungo la “linea di contatto” tra i due paesi. Si tratterebbe della schermaglia più grave degli ultimi due anni. Quattro soldati armeni sono rimasti uccisi in quello che sembra essere stato un raid azero oltre le linee nemiche, nel nord-est del Karabakh. Il ministro della Difesa azero ha inoltre confermato che un proprio soldato è rimasto ucciso in territorio controllato dalle forze armene.

I due paesi sono coinvolti sin dai primi anni ’90 in un conflitto per il controllo del Nagorno Karabakh, territorio abitato in maggioranza da armeni. 25mila persone sono morte e oltre un milione sono state obbligate a lasciare le loro case sino a quando, nel 1994, un cessate il fuoco ha posto fine alle ostilità, lasciando il 16,8% del territorio dell’Azebaijan sotto controllo armeno, incluso il Karabakh. Schermaglie lungo la “linea di contatto” sono all’ordine del giorno, tanto che molti analisti internazionali faticano a considerarlo un “conflitto congelato”, in particolare dopo la guerra tra Georgia e Russia del 2008.

Paradossalmente la violazione del cessate il fuoco è avvenuta all’indomani dell’incontro – avvenuto a San Pietroburgo il 17 giugno scorso sotto l’egida russa – tra il presidente armeno Serge Sargsyan e la sua controparte azera, Ilham Aliyev. Le prime notizie dal vertice sottolineavano come i due presidenti avessero diminuito le distanze tra le loro posizioni negoziali, e che si apriva lo spazio per raggiungere un compromesso ed una pace duratura. Ma ora l’Armenia accusa l’Azerbaijan dell’incidente, incolpando Baku di voler far deragliare i negoziati di pace.

I rappresentanti dell’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (OSCE) e l’Unione europea hanno deplorato quanto accaduto e la perdita di vite umane, pur evitando di accusare una delle parti per l’accaduto. “E’ chiaro che è stata un’azione pianificata”, ha affermato invece il ministro degli Esteri armeno Eduard Nalbandyan in un comunicato scritto. “Viene dimostrata ancora una volta la vera faccia di Baku, che sta facendo di tutto per far naufragare i negoziati”.

Nagorno Karabakh

Nagorno Karabakh – mappa OBC

In verde è indicato il territorio che la regione autonoma del Nagorno Karabakh occupava in epoca sovietica, in giallo i territori occupati dalle autoritàde facto di Stepanakert al di fuori di quell’area

Altra preoccupazione da parte armena è arrivata a seguito di informazioni su esercitazioni militari su larga scala da parte dell’esercito azero avvenute tra il 21 e il 24 giugno, ed in contemporanea funzionari di Baku sottolineavano come una guerra su larga scala non fosse ancora scongiurata. Sui media locali vengono citate in merito le parole del presidente dell’Azerbaijan Ilham Aliyev: “L’obiettivo principale di queste esercitazioni è di renderci pronti per liberare le nostre terre dagli occupanti. Tutte le nostre unità militarizzate verranno mobilitate a tale scopo”.

Nel frattempo il presidente armeno ha effettuato una visita non programmata in Nagorno Karabakh, prima che le esercitazioni terminassero, mentre altri rappresentanti del governo armeno si prodigavano a depotenziare le paure di una nuova guerra. “Siamo pronti per qualsiasi scenario, ma non concordiamo assolutamente con le voci che sostengono che la guerra sia imminente”, ha chiarito durante una conferenza stampa Artur Baghdasaryan, Segretario del Consiglio nazionale sulla sicurezza dell’Armenia.

Mentre i rappresentanti di Yerevan e Baku erano impegnati in questa guerra di dichiarazioni incrociate, altri non perdevano fiducia nelle prospettive di pace, nonostante i recenti incidenti di confine. Il 26 giugno, al G8 tenutosi in Canada, il presidente degli Stati uniti Barack Obama, quello russo Dimitry Medvedev e quello francese Nicolas Sarkozy hanno accolto positivamente i progressi fatti dai negoziati per superare lo stallo del conflitto.

Nonostante i dettagli siano ancora sconosciuti, si ritiene che il piano di pace attualmente in discussione preveda il ritorno all’Azerbaijan di gran parte del territorio che circonda il Nagorno Karabakh, uno status transitorio per il territorio conteso garantito da forze internazionali ed un corridoio che colleghi quest’ultimo all’Armenia. Verrebbe inoltre garantita la possibilità a sfollati e rifugiati di rientrare nelle loro case e lo status finale del Karabakh verrebbe deciso in futuro da un referendum.

Yerevan ha ben accolto la dichiarazione dei tre presidenti, mentre l’ufficio di Radio Free Europe in Armenia ha annunciato che il ministro degli Esteri armeno incontrerà la sua controparte azera, Elmar Mammadyarov, a margine di un incontro ministeriale dell’OSCE che si terrà in Kazakistan a luglio. RFE ha inoltre riportato che la dichiarazione del G8 era volta a sostenere direttamente questi ulteriori sviluppi.

Intanto, a conferma che l’interesse internazionale nel favorire una svolta nel conflitto stia aumentando, il Segretario di Stato Usa Hillary Clinton ai primi dello stesso mese visiterà sia Armenia che Azerbaijan. Ciononostante molti osservatori internazionali rimangono scettici dopo che in passato molti tentativi simili sono falliti. L’ostacolo principale, sostengono gli analisti, è la recalcitranza di entrambe le parti a raggiungere compromessi impopolari e a preparare le proprie società alla pace.

A questo si aggiunge che ad entrambi i presidenti viene contestata una mancanza di “legittimità” e la situazione è divenuta particolarmente sensibile in Armenia dopo le contestate elezioni presidenziali del 2008 che hanno portato al potere Sargsyan. Una questione simile è stata sollevata anche in merito agli sforzi dell’ultimo anno per ristabilire relazioni diplomatiche con la Turchia e aprire un passaggio di confine con l’Armenia, chiuso da Ankara nel 1993 a sostegno dell’Azerbaijan durante la guerra in Nagorno Karabakh.

Le proteste nei confronti di quell’accordo da parte azera, e le resistenze interne alla Turchia, hanno finora impedito la riapertura dei confini turco-armeni. La questione del Karabakh, inoltre, continua ad essere utilizzata dalle forze politiche armene nel dibattito interno al Paese per mantenere il potere. Le preoccupazioni per la situazione regionale, dunque, rimangono più concrete che mai.

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