Serbia e Montenegro, a che punto siamo?
Come procede l’Unione Serbia e Montenegro a distanza di alcuni mesi dell’approvazione dello Studio di fattibilità, che ha portato l’Unione statale alle trattative per la conclusione dell’Accordo di associazione e stabilizzazione? Il resoconto della nostra corrispondente
Il 29 settembre scorso è stato raggiunto l’accordo dai ministri degli esteri dei 25 a Bruxelles per dare il via libera all’avvio dei negoziati per l’Accordo di stabilizzazione e associazione con la Serbia e Montenegro (SM), primo passo ufficiale sulla lunga strada verso l’UE.
Il 3 ottobre scorso il procuratore generale del Tribunale penale internazionale dell’Aia, Carla Del Ponte, ha riferito ai ministri degli esteri dell’UE sullo stato della cooperazione della Serbia e Montenegro col TPI, sulla base del quale i ministri hanno confermato l’accordo già anticipato il 29 settembre scorso a Bruxelles. Il Commissario dell’UE per allargamento Olli Rehn, ha accolto l’approvazione definitiva con molto favore ed ha annunciato che intende recarsi a Belgrado il prossimo 10 ottobre, quando i negoziati cominceranno ufficialmente. "Questo accordo approfondirà le nostre relazioni economiche e politiche, e creerà un legame ufficiale tra l’UE e la Serbia e Montenegro" ha commentato il commissario al quotidiano montenegrino "Vijesti".
Tuttavia, uno degli ostacoli maggiori della Serbia e Montenegro sulla strada verso l’UE è l’indeterminatezza riguardante le questioni costituzionali. La Carta costituzionale dell’Unione prevede la possibilità di organizzare il referendum per l’indipendenza del Montenegro nel febbraio 2006.
Secondo quanto riporta il quotidiano "Vijesti" nell’edizione del 29 settembre scorso, il ministro degli esteri Miodrag Vlahovic ha dichiarato che le autorità montenegrine non sono pronte a rimandare il referendum, nonostante le richieste dell’UE e degli Stati Uniti, al 13 luglio del 2006, giorno in cui ricorre la festa della repubblica del Montenegro. Secondo il ministro Vlahovic il referendum sarà organizzato nel mese di aprile del 2006 e le autorità montenegrine possono limitarsi ad aspettare l’ufficializzazione dei risultati fino al 13 luglio del 2006.
Secondo il quotidiano "Vijesti" i rappresentanti dell’amministrazione americana hanno proposto al presidente della SM, Svetozar Marovic, di rimandare il referendum montenegrino, con l’intento di poter negoziare senza interferenze, il dicembre prossimo, lo status del Kosovo, un’altra questione costituzionale ancora irrisolta.
Vlahovic ha aggiunto che per il Montenegro è inaccettabile porre il suo diritto al referendum in correlazione con lo status del Kosovo e che il Montenegro non accetta di essere ostaggio di nessuna questiona regionale irrisolta.
Inoltre, il presidente della SM, Svetozar Marovic, commenta così il recente incontro a Bruxelles con l’Alto rappresentante per la politica estera e la sicurezza dell’UE, Javier Solana: "Né la questione del referendum per l’indipendenza del Montenegro né lo status del Kosovo, possono mettere in pericolo la priorità europea e queste questioni devono essere risolte in modo europeo. Prima d’ora non ho mai avuto una così ferma certezza da parte di Solana che l’UE farà il possibile per aiutare la SM a portare avanti le riforme e velocizzare la sua integrazione nelle strutture europee. La SM farà di tutto affinché le trattative sull’Accordo di associazione e stabilizzazione siano efficienti e che niente le interferisca".
Il presidente Marovic ha voluto precisare anche la questione del referendum montenegrino: "Dobbiamo prendere atto di ciò è scritto nella Carta costituzionale dell’Unione e che lo stato costituzionale dell’unione statale ha il diritto di organizzare il referendum rispettando i principi internazionali e gli standard democratici".
Sul referendum si è espresso anche il premier montenegrino Milo Djukanovic, dichiarando, come riporta "Vijesti", che ultimamente si sta cercando di imporre al Montenegro la scelta tra il diritto allo stato e la strada verso l’UE. "Sto cercando di spiegare a tutti che questi sono obiettivi complementari, e che noi vogliamo rinnovare lo stato e assumere la piena responsabilità per poter raggiungere il prima possibile i nostri obiettivi europei ed euroatlantici".
Di conseguenza, il presidente del Montenegro, Filip Vujanovic, ha annunciato che proporrà al parlamento montenegrino, all’inizio di dicembre, la data ufficiale del referendum.
Dall’altra parte l’opposizione montenegrina, appoggiata dalla Serbia ufficiale, è contraria al referendum e tenta di convincere il pubblico montenegrino che la strada verso l’UE sarà più veloce all’interno dell’Unione statale.
Ad ogni modo, i disaccordi tra le due repubbliche continuano e lo conferma il recente scandalo su un controverso contratto di rifornimenti alle forze armate, che ha provocato forti tensioni dentro l’Unione e le dimissioni del ministro della difesa Prvoslav Davinic.
Secondo quanto riporta il settimanale montenegrino "Monitor"(9 e 23 settembre), la vicenda è legata ad un contratto del valore di circa 300 milioni di euro per equipaggiamenti destinati ai soldati, firmato lo scorso agosto con Mile Dragic, un discusso uomo d’affari serbo. Il ministro Davinic aveva inizialmente rifiutato di dimettersi, forte dell’appoggio della parte montenegrina, ma alla fine ha dovuto cedere ed i durissimi toni dello scontro tra Davinic e Dinkic, il ministro delle finanze serbo, non avevano risparmiato neanche il presidente dell’Unione SM, Svetozar Marovic, che come capo del blando governo dell’Unione è – almeno giuridicamente – il diretto superiore dell’oramai ex ministro Davinic.
Ma, a parte il discusso contratto sulle forniture all’esercito, è in corso una battaglia per la privatizzazione di immobili delle forze armate, per un valore calcolato fra i 3 e i 5 miliardi di euro. Una privatizzazione che stando al ministro delle finanze serbo Mladjan Dinkic rischia di privilegiare senza motivo il Montenegro, che partecipa solo per il 4.5% alle spese della difesa comune e possiede assetti ben più consistenti sul suo territorio. La battaglia iniziata tra Davinic e Dinkic si è spostata rapidamente sul piano delle relazioni fra le due repubbliche, ed ha rischiato di provocare una crisi costituzionale, perché il Montenegro aveva annunciato il ritiro dei suoi rappresentanti a Belgrado. La crisi si è risolta, perché il ministro Dinkic ha dovuto accontentarsi delle dimissioni del ministro della difesa Davinic.
Di conseguenza, il primo ministro serbo, Vojislav Kostunica, ha proposto l’incarico di ministro della Difesa all’ex direttore dell’ospedale militare di Belgrado Zoran Stankovic. La sua proposta ha provocato reazioni contrastanti a causa dell’amicizia di Stankovic con Ratko Mladic, ricercato eccellente del Tribunale dell’Aia per crimini di guerra, che risale al 1994, quando il medico militare eseguì l’autopsia sul cadavere della figlia dell’ex comandante militare dei serbi di Bosnia, morta suicida.
"Monitor" inoltre interpreta la mossa di Kostunica come uno strumento indiretto di pressione per la consegna volontaria di Mladic, ma anche come una possibile conferma delle tendenze nazionaliste, dell’attuale dirigenza serba.
Ad ogni modo, il sì di Bruxelles ha coinciso con il quinto anniversario della caduta del governo dell’ex presidente Slobodan Milosevic. In base alle conclusioni adottate a Bruxelles, la durata e il ritmo dei negoziati, che possono anche essere sospesi, dipenderanno dall’applicazione da parte della Serbia e Montenegro delle riforme necessarie, prima tra tutte "la piena cooperazione con il TPI per la ex Jugoslavia." Ma, i disaccordi continui tra le due repubbliche, sulla costituzione dello stato, non provocano altro che il rallentamento del cammino verso l’UE.