Referendum Montenegro, manca l’intesa politica
Il governo e l’opposizione del Montenegro hanno raggiunto un accordo sulle questioni tecniche relative al referendum per l’indipendenza della repubblica rivierasca, necessaria però un’intesa politica sulle percentuali di maggioranza
Dopo alcuni round di trattative con i rappresentati del governo e dell’opposizione montenegrina, l’inviato speciale dell’UE, Miroslav Lajcak, ha formalizzato, il 15 febbraio scorso, nella capitale montenegrina Podgorica, la proposta dell’Unione Europea sul referendum montenegrino per l’indipendenza.
In base alla proposta dell’UE l’indipendenza dovrebbe essere proclamata solo con un minimo del 55% di voti a favore e non con il classico 50% più uno. Questa proposta mirerebbe a garantire un ampio margine di sicurezza alla consultazione, che secondo i sondaggi spacca a metà l’elettorato montenegrino.
Il presidente del Montenegro, Filip Vujanovic, ha subito rinunciato alla proposta dichiarando che "sarebbe una norma senza precedenti", che potrebbe causare una singolare vittoria dei no anche se a favore dell’indipendenza votasse il 54,9% dei partecipanti e contro meno del 46%. Sarebbe "una violazione dell’uguaglianza dei cittadini di fronte al voto e di un principio fondamentale dei diritti umani".
Miroslav Lajcak ha avvisato il presidente Vujanovic che questa è la posizione della comunità europea affinché il referendum possa essere ritenuto valido e che la proposta dell’UE verrà ufficialmente approvata dal Consiglio dei ministri dell’UE il 27 febbraio prossimo.
Dal canto suo il presidente montenegrino ha specificato che le decisioni finali sulle regole del referendum saranno fissate, tra una decina di giorni, dal parlamento montenegrino e dal consiglio dei ministri, cui aspetterà anche stabilire la data del referendum, annunciata per il prossimo aprile, ma che Lajcak ha chiesto di spostare al 14 maggio.
Inoltre, Lajcak ha proposto che il quesito referendario dovrebbe essere: "Siete d’accordo che il Montenegro diventi uno stato indipendente con piena soggettività internazionale?".
L’opposizione montenegrina, contraria all’idea dell’indipendenza, non ha ancora preso una ferma posizione sulla proposta dell’UE sulla maggioranza qualificata del referendum.
Per il momento i partiti dell’opposizione, chiedono che il voto venga considerato valido solo in presenza di un quorum di partecipazione del 50% più uno degli aventi diritto al voto, mentre la leadership montenegrina insiste sulla norma locale attualmente in vigore che fissa un quorum minimo del 41%.
Il membro della Commissione di Venezia, organo consultivo sostenuto dall’UE, che ha discusso lo scorso dicembre gli standard applicabili al referendum sull’indipendenza del Montenegro, Srdjan Darmanovic, ha qualificato la proposta dell’UE come inaccettabile ed ha anche pronosticato che se la leadership montenegrina ottenesse l’indipendenza con il 41% dei votanti i membri dell’UE la riconoscerebbero (B92, 16 febbraio). Secondo Darmanovic, la prassi europea conosce il caso della Danimarca, come il più severo, con il quorum del 40% di voti, su tutti i votanti, a favore del referendum.
Dall’altra parte, l’esperto dell’Istituto parigino per gli studi sulla sicurezza dell’Unione europea, Judith Batt ha valutato che né per il governo né per l’opposizione in Montenegro "sarebbe prudente" rifiutare le raccomandazioni dell’Unione europea sulle condizioni per indire il referendum. La Batt per il quotidiano "Repubblica" del 17 febbraio ha dichiarato che, se non esiste accordo fra ambedue le parti "è difficile parlare di giusta soluzione". La Batt ha sottolineato infine che la proposta dell’Unione europea sulla maggioranza qualificata del 55% dei votanti è del tutto conforme con le raccomandazioni della Commissione di Venezia.
L’inviato speciale dell’Unione europea, Miroslav Lajcak spera che il governo e l’opposizione accettino l’offerta dell’Unione europea, valutata come giusta e corretta ed ha aggiunto che essa non discrimina nessuna delle opzioni.
Lajcak ha anche dichiarato che "L’Unione europea accetterebbe anche un’altra percentuale proposta dal presidente Vujanovic e sulla quale il governo e l’opposizione sarebbero d’accordo".
La settimana scorsa, l’Unione europea ha consegnato ai rappresentanti del governo e dell’opposizione montenegrina una legge speciale sul referendum, contenente le soluzioni sulle questioni tecniche, finora accordate, concernenti l’organizzazione del referendum.
Nella lex specialis non esistono questioni precise sulla maggioranza qualificata necessaria per convalidare il referendum, sulla data del referendum e sul quesito referendario. E’stato previsto che, se col referendum non verrà votata l’indipendenza, il referendum potrebbe essere ripetuto fra tre anni. La proposta di legge contempla le soluzioni accordate sul monitoraggio della campagna referendaria, sul finanziamento, sulle liste elettorali, sulla composizione delle commissioni del referendum e sulla copertura dei media. Miroslav Lajcak ha sottolineato che il testo accordato non è stato imposto, ma rappresenta il risultato del lavoro del gruppo di esperti di entrambe le parti. L’avanzamento dei negoziati tra governo e opposizione è stata la motivazione che ha spinto il presidente del Montenegro a rimandare la seduta del Parlamento, già fissata per il 7 febbraio, durante la quale si sarebbe dovuta mettere in questione la tenuta stessa del referendum.
L’accordo raggiunto verte sulle questioni tecniche riguardanti l’organizzazione del referendum montenegrino, ma va ancora trovato un accordo sulla questione cruciale, cioè sulla maggioranza qualificata affinché il referendum possa essere ritenuto valido. Per il momento nemmeno i leader dei partiti montenegrini a favore dello stato indipendente sono riusciti a trovare un accordo sulla proposta dell’UE che – come abbiamo detto – prevede che la maggioranza qualificata sia pari al 55% degli elettori. Ora Lajcak dovrà ottenere un accordo sulla parte politica dei negoziati, dove la questione principale sarà proprio la maggioranza qualificata.
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