Nuova costituzione in Serbia: la democrazia a ritroso
L’International Crisis Group interviene nel dibattito sulla nuova costituzione serba. Dopo le denunce sulla validità del referendum, il centro studi basato a Washington lancia l’allarme sul rischio di un ritorno all’autoritarismo. Nostra traduzione
International Crisis Group, 8 novembre 2006 (tit.orig. Serbia’s New Constitution: Democracy Going Backwards)
Traduzione di Osservatorio sui Balcani
Il premier Vojislav Kostunica ha vinto una difficile scommessa con il passaggio della proposta di bozza costituzionale al referendum dello scorso 28 e 29 ottobre. Cionostante, secondo numerose fonti attendibili, l’intero processo sarebbe stato profondamente condizionato ed il risultato falsificato. Non si può definire questo referendum né libero né giusto. La nuova costituzione potrebbe portare ad un allontanamento dai valori europei. Apre le porte ad un’ulteriore centralizzazione dei poteri, ad un indebolimento della tutela dei diritti umani e delle minoranze, alla distruzione dell’indipendenza giudiziaria sino ad una eventuale dittatura parlamentare. Il processo attraverso il quale si è arrivati all’approvazione della costituzione dimostra come Kostunica stia trasformando la Serbia sempre più in un autoritarismo illiberale piuttosto che in una democrazia liberale. Ciononostante il referendum è stato benvenuto dal Consiglio d’Europa, dall’Unione europea e dagli Stati uniti.
L’obiettivo primario della nuova costituzione era di dimostrare l’ostilità della Serbia rispetto all’indipendenza del Kosovo, e porre delle barriere giuridiche contro quest’ultima. E’ stata una vittoria del Partito democratico serbo (DSS) di Kostunica e dei suoi alleati, il Partito socialista serbo (SPS) di Milosevic e il Partito radicale serbo (SRS) di Voijslav Seselj, imputato per crimini di guerra. I principali sconfitti sono il Presidente serbo Boris Tadic e il G17+. Il Partito liberaldemocratico (LDP) di Cedomir Jovanovic riuscirà probabilmente ad approfittare della situazione alle spese del Partito democratico di Tadic (DS).
Belgrado continua a perseguire tre obiettivi sul Kosovo: innanzitutto posporre a tempi indefiniti la soluzione della questione dello status, sperando di provocare in questo modo la violenza albanese e rafforzare la posizione della Serbia al tavolo delle trattative; in secondo luogo, la divisione del Kosovo, ndr; in terzo luogo impedire che il Kosovo ottenga riconoscimento diplomatico internazionale e divenga membro delle Nazioni unite.
La nuova costituzione rende legalmente impossibile – senza ulteriori emendamenti costituzionali – alla Serbia riconoscere l’indipendenza del Kosovo. Potrebbe inoltre contribuire ad un’instabilità politica di lungo periodo se avesse come conseguenza sanzioni della Serbia nei confronti dei paesi vicini che decidessero di riconoscere il Kosovo. Questo non farebbe che confermare la tradizione della Serbia quale fonte di instabilità nella regione, anche se non sembra che Belgrado sarebbe pronta ad utilizzare le proprie forze di sicurezza per garantire le proprie rivendicazioni territoriali su qualsiasi zona del Kosovo a sud del fiume Ibar.
Vi è una pressione politica interna sempre maggiore contro le elezioni parlamentari anticipate, in particolare da parte di SPS, SRS e DSS, ma è sempre più probabile che vengano organizzate entro i prossimi tre mesi. Probabilmente non includeranno anche le elezioni presidenziali. Il governo comunque vorrebbe posticipare il più possibile il momento delle elezioni, in parte con la speranza che questo potrebbe spingere la comunità internazionale a ritardare eventuali decisioni sullo status del Kosovo temendo che l’indipendenza di quest’ultimo possa portare l’SRS al potere. Esiste il rischio concreto che la nuova costituzione possa essere forzata per imporre uno stato temporaneao d’emergenza durante il quale il governo possa occuparsi dei propri avversari politici.
La comunità internazionale ha due obiettivi in Serbia. Il primo è rafforzare la democrazia e promuovere l’integrazione europea e la transizione ad un’economia di mercato. Il secondo – irrealistico – di fare in modo che la Serbia accetti l’indipendenza del Kosovo. Molti ritengono questi due obiettivi siano contraddittori temendo che un riconoscimento troppo prematuro dell’indipendenza del Kosovo potrebbe danneggiare le forze politiche democratiche in Serbia ed allontanare quest’ultima ulteriormente dall’Europa. Ne è risultata una politica di messaggi non univoci.
Di fatto la democrazia della Serbia è messa in pericolo dagli stessi politici democratici. Kostunica riabilita politiche e personalità dell’era-Milosevic, cercando di scalzare i Radicali con temi nazionalisti. Il suo rifiuto di arrestare Mladic e la conseguente sospensione dei colloqui con l’Ue riflette le sue priorità politiche. La collaborazione con l’SPS e l’SRS gli risulta più facile che non con i filo-occidentali DS di Tadic. Anche il G17+ non ha messo l’agenda europea prima delle politiche nazionaliste.
Nel breve e medio periodo può esserci poco che l’Occidente possa fare per salvare la democrazia serba. Kostunica, e la maggor parte dei partiti della coalizione governativa, ed i suoi sostenitori in seno a SRS e SPS, sembrano indelogicamente più inclini ad un autoritarismo paternalistico ed illiberale piuttosto che alla democrazia liberale occidentale. Questo continuerà a creare tensioni non solo nella politica interna serba ma anche in seno all’Ue, mentre Bruxelles si trova ad affrontare la realtà di élite politiche che mostrano poco entusiasmo e interesse nelle riforme necessarie all’integrazione europea.
Vai al rapporto dell’International Crisis Group (in inglese)