L’homo georgicus, il più antico uomo europeo

Si trovano a Dmanisi, in Georgia, e risalgono a 1,8 milioni di anni fa i più antichi resti umani ritrovati all’infuori del continente africano. Si tratta dell’”homo georgicus", una specie ominide che, per evoluzione, pare collocarsi tra l’homo habilis e l’homo erectus. Una scoperta dovuta alla costanza dei ricercatori georgiani, oggetto di studio anche da parte di archeologi internazionali e italiani

09/11/2011, Maura Morandi - Dmanisi

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Il promontorio di Dmanisi (foto Maura Morandi)

Su un piccolo promontorio boscoso in Georgia, all’incrocio tra i fiumi Mashavera e Pineazouri, a pochi chilometri dal confine con l’Armenia, si trova uno dei siti archeologici più straordinari e importanti del mondo. È da Dmanisi – piccolo centro abitato situato a meno di cento chilometri a sud di Tbilisi – che sarebbero passati i primi uomini che lasciarono il continente africano per popolare il continente euroasiatico. Qui, infatti, secondo gli archeologici circa 1,8 milioni di anni fa si stabilì l’“homo georgicus”, una specie ominide che, per evoluzione, pare collocarsi tra l’homo habilis e l’homo ergaster, o homo erectus.

Da oltre dieci anni il Museo Nazionale della Georgia ha dato il via al coordinamento di un ampio progetto di ricerca internazionale che ad oggi vede la partecipazione, accanto a ricercatori georgiani, di studiosi provenienti da Stati Uniti, Francia, Spagna, Germania ed Italia. Al progetto internazionale “Dmanisi” collabora un gruppo di ricerca italiano, coordinato da Lorenzo Rook, palenteologo e docente presso l’Università di Firenze, e co-finanziato dal ministero degli Esteri italiano.

Il palenteologo italiano è arrivato in Georgia per la prima volta nel 1999 – in seguito ai primi ritrovamenti ominidi nel sito – insieme ad alcuni colleghi per esplorare eventuali possibilità di collaborazione con il Museo nazionale della Georgia. Il progetto è partito nel 2002 e da allora ogni estate un gruppo di archeologi italiani si reca a Dmanisi per studiare aspetti specifici del sito: il professor Lorenzo Rook si occupa dello studio della fauna, la dottoressa Laura Longo studia i manufatti e gli utensili, e il dottor Francesco Berna segue le analisi dei minerali e dei sedimenti.

Maia Bukhsianidze paleo-antropologa del Museo Nazionale della Georgia mi guida attraverso il sito e mi racconta che inizialmente l’area era oggetto di scavi archeologici mirati al Medioevo, non all’epoca preistorica. “Nel Medioevo quest’area era molto ben sviluppata”, spiega la paleo-antropologa georgiana, “e sono state trovate infrastrutture ed oggetti a sostegno di questa ipotesi. Da qui passava una delle tante ramificazioni della Via della seta. In passato, il promontorio sul quale giace il sito era un importante crocevia commerciale che conduceva verso Oriente”.

“Poi, nel 1963, con grande sorpresa degli archeologi,” continua la scienziata, “vi furono per caso i primi ritrovamenti paleontologici e da allora gli archeologi si sono dedicati anche alle ricerche relative al periodo preistorico”.

Lorenzo Rook racconta che “i resti antichi risalgono al paleolitico ed all’età del bronzo. È interessante e curioso che dal periodo paleolitico vi sia un insediamento in modo continuativo su questo piccolo promontorio. Questo a testimonianza dell’importante locazione geografica di quest’area”.

Il primo ritrovamento

Il primo importante ritrovamento di Dmanisi, una mandibola umana fossile, fu scoperta nel 1991 da un team di archeologi georgiani guidato da David Lordkipanidze, oggi direttore del Museo nazionale della Georgia. Laura Longo ricorda che “la grande scoperta della prima mandibola ominide fu presentata nello stesso anno dal professor Lordkipanidze ad una conferenza internazionale a Francoforte, un appuntamento importante nel mondo dell’archeologia. Il suo intervento provocò un vero e proprio terremoto nel mondo scientifico internazionale. I paleoantropologi, infatti, non ritenevano possibile una presenza umana fuori dal continente africano prima di un milione di anni fa. Questa scoperta andava a rivoluzionare le teorie dell’evoluzione umana e quindi inizialmente vi fu grande diffidenza nei confronti di tale rinvenimento”.

Ma gli archeologi georgiani non si scoraggiarono e continuarono gli scavi sul piccolo promontorio di Dmanisi. La loro costanza fu premiata nel 1999 con il ritrovamento di nuovi resti craniali. “Senza dubbio questi sono i resti ominidi più antichi fuori dall’Africa. Lo straordinario sito archeologico di Dmanisi riveste una notevole importanza per ricostruire la storia dell’umanità’”, conferma il professor Rook. Nel corso degli anni, altri importanti rinvenimenti di nuovi resti umani hanno portato il sito archeologico di Dmanisi sotto i riflettori della comunità scientifica internazionale. Ad oggi, infatti, sono stati ritrovati cinque crani, quattro mandibole, molti denti e molti resti di scheletro in buono stato di conservazione.

“I resti umani sono particolarmente abbondanti per un sito paleoantropologico come quello di Dmanisi”, spiega Lorenzo Rook. “Si pensi che nelle grandi vallate africane emergono pochi resti. Qui, invece, in pochissimi metri quadrati sono stati trovati cinque resti craniali e moltissime parti e frammenti di scheletri umani. Quindi la proporzione tra rinvenimenti ed estensione del sito è molto alta. Vi è un sito analogo – per tale proporzione – di ritrovamenti in Spagna ma è di un milione di anni più giovane”.

1,8 milioni di anni fa

La dottoressa Maia Bukhsianidze, mostrando parte dell’area in cui vengono fatti gli studi stratografici del terreno, spiega che tali studi hanno rivelato che “i sedimenti risalgono all’inizio del Pleistocene inferiore (circa 1,8 milioni di anni fa). I resti fossili del più antico uomo europeo, l’homo georgicus, appunto, e gli strumenti in pietra usati dagli uomini dell’epoca ritrovati in questo sito sono di quel periodo”. Anche la scienziata georgiana conferma che “questi sono gli utensili ed i manufatti più antichi ritrovati fuori dall’Africa”.

Altra particolarità del sito georgiano è che Dmanisi rappresenta una piccola popolazione. I resti umani ritrovati appartengono, infatti, a persone di genere ed età diversi e questo permetterà agli scienziati di aggiungere tasselli alla teoria dell’evoluzione dell’umanità. Oltre ai reperti ominidi, inoltre, nel sito è stata anche rinvenuta una ricca fauna fossile con resti di animali quali la tigre dai denti a sciabola (estintasi circa 10,000 anni fa), giraffe ed elefanti, e sono stati ritrovati gioielli in oro.

Oggi l’area di scavo di Dmanisi è ben protetta da un museo all’aperto che permette ai visitatori di assistere ai lavori di scavo condotti dagli archeologi nei mesi di luglio e agosto. Il sito, inoltre, ogni estate ospita una scuola estiva alla quale partecipano giovani studenti di archeologia da tutto il mondo che così possono iniziare la pratica di scavo e lavoro sul campo.

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