La Serbia guarda all’Italia
Lavora per uno dei quotidiani principali in Serbia, Politika. E’ esperta di allargamento Ue e cooperazione regionale ed economica. Un’intervista a Aleksandra Mijalkovic
Negli ultimi anni in Serbia la presenza internazionale legata all’attività di cooperazione si è notevolmente ridotta. Il caso italiano, per certi versi, sembra andare in controtendenza, molti Enti Locali e Regioni italiane hanno aperto uffici di rappresentanza a Belgrado e hanno avviato rapporti di cooperazione a vari livelli nel paese. Ci spiegheresti questo fenomeno?
Negli ultimi anni, diciamo negli ultimi tre anni, è notevolmente migliorata la collaborazione economica tra Italia e Serbia. Quella politica è sempre stata buona, ma adesso in particolare sono migliorati gli investimenti. Quasi tutte le banche italiane sono ormai presenti in Serbia. Inoltre il governo italiano ha messo a disposizione in due riprese crediti per la piccola e media impresa in Serbia, la prima tranche è sui 300 milioni di euro.
Le stesse regioni italiane hanno dimostrato interesse a investire in Serbia, ad aiutare la piccola e media impresa locale e aiutare le piccole e medie imprese italiane ad investire in Serbia. E’ molto significativo per la Serbia, perché questo settore è quello che più di tutti attira, oltre ovviamente ai grandi investimenti.
La collaborazione economica è andata molto avanti in questi anni, ricordo ad esempio le due manifestazioni di "Italia a Belgrado", dove sono stati avviati molti nuovi progetti. Poi occorre ricordare la collaborazione tra la FIAT e la Zastava e la nuova "Punto serba" che ha riscosso un certo successo tra il pubblico locale.
Mentre per quel che riguarda l’ambito culturale?
Per quanto riguarda la cultura si tratta di una cosa che per tutti questi anni non ha mai cessato di funzionare. L’Italia ha sempre avuto una certa influenza sulla cultura artistica serba, anche nei momenti più difficili è sempre esistita questa relazione. È sempre esistito un certo interesse che inizialmente era più che altro rivolto da parte nostra verso l’Italia ma che adesso è anche dell’Italia verso il nostro paese. Citerei il nuovo ambasciatore italiano a Belgrado, il signor Alessandro Merola che svariate volte si è rivolto ai nostri giornalisti dicendo di avere una missione personale nel cercare di rinforzare e migliorare le relazioni culturali tra i due paesi, di presentare al pubblico italiano gli artisti serbi, di presentare ovviamente l’arte moderna ma anche ciò che compone la tradizione e l’identità culturale della Serbia. Non solo: anche riportare in patria quegli artisti che sono andati via dalla Serbia e che hanno trovato successo in Italia, per far vedere all’opinione pubblica locale cosa sono stati in grado di fare i loro connazionali in giro per il mondo.
Come viene rappresentato dai media serbi questo rapporto privilegiato con l’Italia?
Io penso che ci siano pochi paesi come l’Italia ad aver ricevuto una tale pubblicità presso la nostra opinione pubblica. Innanzitutto perché sono molto buone le relazioni a livello governativo, per esempio l’ex ministro degli Esteri Gianfranco Fini è venuto due volte a Belgrado nell’arco di un anno, alla fine dello scorso anno è venuto il ministro D’Alema per inaugurare "Palazzo Italia". Quest’ultimo è un progetto che nessun altro paese ha a Belgrado. Palazzo Italia è un luogo che soprattutto è di bell’aspetto, che contribuisce alla bellezza di Belgrado, ma che allo stesso tempo è il luogo in cui si raccolgono tutte le istituzioni italiane presenti in Serbia, dove la gente può andare per incontrarsi, dove si può sapere cosa l’Italia rappresenta sul piano economico, culturale e politico, dove si possono trovare pubblicazioni, riviste ecc.
C’è quindi un grande interesse per l’Italia?
Sì, c’è un interesse molto forte. Ma questo ancora prima che l’Italia firmasse l’accordo per la liberalizzazione dei visti. Ci sono stati parecchi studenti che studiavano italiano e questo numero aumenta col passare degli anni. Per quanto ne so l’Italia non ha avuto una forte immigrazione dalla Serbia, direi che sono circa 100.000 i serbi in Italia. Quindi questo forte interessamento non riguarda qualche motivo particolare e non è solo dettato da motivi prettamente economici. La gente è interessata alla cultura, desidera conoscere la lingua, il paese, viaggiare in Italia.
Di recente l’Italia si è impegnata non solo per la liberalizzazione del regime dei visti ma anche nel cercare di promuovere la Serbia all’interno dell’Unione europea. Quale impatto ha tutto ciò sulla politica interna della Serbia?
Presso la nostra opinione pubblica ha avuto un grande impatto la proposta di Romano Prodi di ammorbidire la pressione sulla Serbia e di far ripartire i negoziati per l’Accordo di associazione e stabilizzazione, a prescindere dal rispetto della rigida condizione della consegna di Ratko Mladic all’Aja. L’idea dell’Italia era di consentire che la Serbia, nel momento in cui il governo serbo dimostri l’intenzione di collaborare, di continuare con l’Accordo di associazione e stabilizzazione e che alla Serbia si consenta formalmente la continuazione del suo avvicinamento all’Unione europea. Questa idea che è partita da Prodi e che poi è stata appoggiata anche da altri paesi è stata interpretata come un grande gesto di amicizia nei confronti della Serbia. Grazie a questa posizione si è potuto vedere che altri paesi, che erano piuttosto duri nei confronti della Serbia, si sono ammorbiditi, tanto che la Serbia è giunta all’ingresso della "Partnership for Peace".
Penso che comunque l’Italia a più riprese abbia dimostrato a livello politico e negli incontri di Prodi a Bruxelles che ha una grande fiducia in una Serbia democratica, che ha fiducia nell’orientamento europeo della Serbia. Per noi è molto importante che un paese così importante nell’Unione europea creda in noi, che esprima un sentimento di amicizia e che desidera appoggiarci.
Quindi come cittadina della Serbia potresti dire che l’Italia rappresenta quel fattore internazionale che è in grado di spingere la Serbia verso il suo percorso europeo?
Assolutamente sì. Proprio in questo modo noi vediamo il ruolo dell’Italia, come un paese amico che ci aiuta e ci sostiene nell’avvicinamento all’Unione europea. Innanzitutto con la collaborazione bilaterale ci aiuta a raggiungere gli standard europei e a capire i processi che si svolgono in Europa. Dall’altra parte a livello internazionale, a Bruxelles e fra gli altri membri dell’Unione europea, potremmo dire che fa un’azione di lobbying per la Serbia, e questa è un’ottima cosa.
Possiamo individuare una caratteristica comune e prevalente nel modo di fare cooperazione dell’Italia in Serbia? In cosa risiede la cooperazione maggiore tra i due paesi?
Diciamo che la cooperazione maggiore è sul versante economico. Nello scambio economico è uno dei partner più importanti. L’anno scorso era in cima alla lista dei paesi dell’Unione europea ai quali esportavamo. Quindi direi che come partner commerciale è al primo posto. Non è sempre stato così. Tempo fa era al quarto o quinto posto, dietro la Germania, la Russia, ecc. Un altro indicatore è che ci sono sempre più persone che viaggiano dalla Serbia all’Italia, non solo grazie alla liberalizzazione dei visti, anche se questo ha di sicuro contribuito. C’è un grande interesse per l’Italia, ci sono parecchi studenti serbi che studiano in Italia e che usufruiscono di brevi borse di studio.
Per quanto riguarda le associazioni, le organizzazioni e le regioni italiane, ti sembra che ci sia una strategia comune di cooperazione oppure ognuno segue una sua linea?
Io direi che esiste una qualche sorta di strategia comune di cooperazione verso la Serbia. Ovviamente ci sono alcune regioni che sono più presenti, come l’Emilia Romagna, il Veneto, ecc. che sono quelle che si vedono più di frequente e che sono più impegnate nel far vedere cosa possono offrire alle nostre aziende. Molte di queste regioni hanno organizzato seminari a Belgrado, molti dei rappresentanti delle nostre aziende hanno partecipato alle fiere. Inoltre è importante per i piccoli centri, dove la gente ha meno possibilità di viaggiare per vedere cosa offrono per esempio le industrie meccaniche italiane, o la meccanizzazione agricola italiana, ecc.
Quali sono i settori dell’economia serba che dovrebbero essere maggiormente sviluppati e che sono di maggiore interesse?
Direi la meccanizzazione agricola, il tessile, il settore automobilistico, ecc. Un’altra cosa che ha riscontrato un certo successo è il fatto che alcune regioni sono pronte a richiedere al governo italiano di ottenere una quota maggiore di lavoratori serbi per l’Italia. Lavoratori che lavoreranno con contratti stagionali in Italia. Ciò indica ancora una volta che l’Italia ha fiducia in noi, nel nostro modo di lavorare.
Questi sono tutti segnali che promuovono un’immagine positiva dell’Italia in Serbia?
Ovviamente. Ma non si tratta solo dell’immagine dell’Italia in Serbia, si tratta anche dell’immagine della Serbia in Italia. Che gli italiani finalmente riscoprano chi sono i serbi. Scoprire che i serbi non sono solo quelli che distruggono e fanno guerre ma che si ritorni all’immagine che c’era dei serbi, diciamo durante il periodo della ex Jugoslavia, di buoni lavoratori, di gente con cui si può collaborare e lavorare bene. Spero che questa immagine dei serbi ritorni tra l’opinione pubblica italiana.