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Kosovo: la memoria violata
Dopo anni di attesa hanno finalmente ritrovato i resti dei propri cari. Però incompleti. Alcune ossa sarebbero state inviate dal dipartimento ONU che is occupa di persone scomparse in università europee per ricerche scientifiche. Senza che nessuno ne sapesse niente
Sadri Kokollari, due settimane fa si è rifiutato di accettare i resti di suo figlio, conservati presso l’obitorio di Rahovec. Li aveva cercati per sei anni. Non riusciva infatti ad accettare che senza il suo consenso qualcuno avesse sottratto una clavicola. Un cugino lo ha però aiutato a superare questo momento si sconforto ed alla fine Sadri, seppur sconsolato, ha accettato di seppellire il figlio.
Non è l’unico ad aver dovuto affrontare questa brutta sorpresa. Clavicole sono state asportate dai resti di almeno 600 corpi di persone vittime della recente guerra in Kosovo. Il responsabile è José Pablo Baraybar, a capo dell’Ufficio ONU in Kosovo per gli scomparsi. Quando la notizia è venuta alla luce sono state molte le famiglie che da anni cercano i propri cari a rimanere sconvolte.
Secondo la stampa kosovara le ossa dai cadaveri sarebbero state sottratte per effettuare ricerche scientifiche. Baraybar non lo ha però mai confermato e si è reso irreperibile. Secondo la sua segretaria non sarebbe attualmente in Kosovo e resterebbe all’estero per un "periodo indefinito".
Altre vittime di questa storia sono due medici, Tefik Gashi e Shpresa Ahmetaj. Lavoravano nell’ufficio che Baraybar dirigeva. Sono stati licenziati due mesi fa, ma già da un anno erano stati sospesi con una motivazione del tutto particolare: "Rivelazione di segreti d’ufficio".
"Abbiamo collaborato con Baraybar senza sapere esattamente cosa stavamo facendo" ha dichiarato Shprea Ahmetaj ad Osservatorio. Ha poi aggiunto che tra il mese di ottobre e dicembre 2003 hanno sottratto dai resti conservati nell’obitorio numerose clavicole, nonostante si solito per effettuare il riconoscimento tramite la tecnica AND servisse solo un campione del femore.
"Poi dopo aver letto in articoli pubblicati sulla stampa locale ma soprattutto su quella internazionale di ricerche sull’età delle popolazioni che abitano i Balcani fatte grazie a reperti ossei provenienti dalla Bosnia e dal Kosovo abbiamo iniziato a sospettare che quelle clavicole che avevamo sottratto fossero state utilizzate poi per quello scopo, senza che ne venisse informato lo staff locale".
L’archeologo peruviano José Pablo Baraybar, in quell’occasione, si giustificò affermando che quanto aveva fatto era dovuto ad una richiesta specifica del Tribunale internazionale dell’Aja. "Ma quando abbiamo chiesto a Baraybar perchè avevamo dovuto separare le clavicole dagli altri resti che dovevano essere indentificati ci ha risposto con un arrogante ‘non lo saprete mai’", afferma Tefik Gashi.
Anche la risposta data loro dal direttore del Dipartimento giustizia della missione ONU in Kosovo, Thomas Monaghan, non è stata più delicata. Ad una richiesta esplicita dei due medici risalente al dicembre 2004 ha ribattuto con un secco: "Non sono cose che mi riguardano".
Dopo questo tipo di reazioni per i due medici è iniziata una vera e propria odissea. Sono stati sospesi ed è stato loro intimato di non parlare con nessuno, soprattutto non con la stampa. "Ma non siamo stati zitti e ci siamo rivolti alle istituzioni kosovare ed alle associazioni che rappresentano le famiglie degli scomparsi", racconta Shpresa. Lo hanno fatto perchè sentivano una responsabilità troppo pesante e come obbligo morale nei confronti di chi ancora non sapeva il destino dei familiari scomparsi.
Molte famiglie hano reagito sporgendo denuncia nei confronti di Baraybar.
Neraj Singh, portavoce UNMIK, pur non negando che vi sia un procedimento giudiziario in corso in merito alla vicenda ha ribadito che "le ossa sono state sottratte per fare delle autopsie e che le accuse di aver ‘rubato’ le ossa sono infondate".
"Nel periodo che va dall’ottobre al dicembre 2003 sono state fatte autopsie su un gran numero di resti storici. I campioni prelevati da quei resti sono stati stoccati presso un apposito obitorio. Sono lì tutt’ora e tutto è stato fatto rispettando le procedure", ha affermato Singh.
In ogni caso è partita anche un’inchiesta interna all’UNMIK che, dopo 9 mesi, ha sottolineato come le argomentazioni rilasciate da Baraybar fossero infondate.
Tome Gashi, avocato dell’ "Associazione per le persone scomparse" ritiene che ora vi sarebbero prove a sufficenza per dimostrare la colpevolezza di Baraybar che, nota Gashi, sta lavorando ancora e nei confronti del quale l’UNMIK non ha preso alcuna misura.
"Le prove principali sono le testimonianze dello staff e degli esperti locali che hanno lavorato alla raccolta delle ossa", ha affermato l’avvocato "Baraybar si è appropriato di quelle ossa senza chiedere l’autorizzazione nè alla magistratura kosovara, nè ad altre istituzioni giudiziarie internazionali e senza rendere conto al governo kosovaro o all’UNMIK".
Attualmente il caso è in mano alla procura di un tribunale locale ma José Pablo Baraybar gode dell’immunità diplomatica e per far sì che arrivi davanti ad un giudice quest’ultima gli deve essere revocata.
"In merito a questo non posso commentare perchè spetta alla procura ed al tribunale verificare l’esistenza o meno dell’immunità" ha affermato Singh.
Per il codice penale kosovaro ci si troverebbe di fronte ad accuse di danneggiamento di tombe e corpi di defunti, con una pena che può arrivare a tre anni di reclusione.
"Alla fine alle nostre continue richieste Baraybar ha ricoonsciuto che quei reperti ossei sono stati utilizzati per determinare standard d’età ma non ha mai ammesso che si sia trattato di mera ricerca scientifica", hanno affermato i due medici. Un dipendente dell’obitorio dellUfficio per le persone scomparse dell’UNMIK ha affermato che le scatole contenenti le ossa sono state inviate all’Università "Louis Pasteur" di Strasburgo.
Ragip Zegolli, a capo della commissione governativa sulle persone scomparse ha dichiarato ad Osservatorio che hanno ricevuto una richiesta da quest’università per l’utilizzo delle clavicole per le loro ricerche "ma non l’abbiamo approvata".
Per le fmaiglie degli scomparsi quanto accaduto non è nè etico e neppure legale. Hysni Berisha, di Suhareka, guida l’ONG "Speranze" ed ha dichiarato che già la Serbia ha giocato abbastanza con i resti delle vittime della guerra del ’98 – ’99 e che non si può tollerare che lo stesso facciano Baraybar e l’UNMIK. Inoltre Baraybar è stato criticato dalle famiglie degli scomparsi per non fare abbastanza per accelerare le procedure di reimpatrio dei resti dei loro cari dalla Serbia.
Vi sono ancora 2500 persone scomparse dal Kosovo e di cui non si sa ancora niente. I resti di centinaia di questi sono probabilmente ancora in Serbia, altri si suppone siano stati inceneriti e scomparsi per sempre. E la questione di questi scomparsi è una delle questioni più sensibili nelle relazioni tra Pristina e Belgrado.