In Georgia un centro per la pace tra Armenia e Azerbaijan

L’iniziativa di un pacifista armeno per promuovere il dialogo con l’Azerbaijan, mentre l’International Crisis Group parla di rischi di una nuova guerra per il Nagorno Karabakh. La speranza di Tekalo, villaggio georgiano a pochi chilometri dal confine con i due Stati

22/02/2011, Onnik James Krikorian - Yerevan

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Il confine tra Armenia e Azerbaijan a Tekalo, Georgia (Foto © Onnik Krikorian 2011)

Quest’anno ricorre il diciassettesimo anniversario dell’accordo di cessate il fuoco che, nel 1994, sospese il conflitto fra Armenia e Azerbaijan per il territorio del Nagorno Karabakh. Da allora la ricerca di una soluzione pacifica e duratura al conflitto, che ha causato circa 25.000 vittime e un milione di sfollati, non ha portato risultati. Anzi, dopo i discorsi non esattamente concilianti tenuti nel dicembre scorso dai presidenti di entrambi i paesi al summit OSCE in Kazakistan, e visto che la spesa militare di Baku si prepara a toccare i 3,1 miliardi di dollari nel 2011, analisti e osservatori internazionali parlano sempre più di prevenzione anziché di risoluzione del conflitto.

L’ultimo campanello d’allarme è suonato in un rapporto sul conflitto del Nagorno Karabakh pubblicato l’8 febbraio scorso dall’International Crisis Group (ICG). “La corsa agli armamenti, l’intensificarsi degli scontri sulla linea di contatto, la retorica al vetriolo e la sostanziale interruzione dei negoziati di pace aumentano il rischio di un ritorno alla guerra in Nagorno-Karabakh”, vi si legge. “[…] Le accresciute capacità militari da entrambe le parti renderebbero un nuovo conflitto armato nel Caucaso del sud di gran lunga più letale rispetto a quello del 1992-1994, che si concluse con una tregua perennemente traballante. A livello regionale potrebbero essere coinvolti gli alleati Russia, Turchia e Iran. […] Le parti dovrebbero avviare un’inversione di tendenza firmando un documento e concordando dei principi di base per la risoluzione pacifica del conflitto, la riduzione della tensione e per scongiurare una nuova guerra”.

Il rapporto non è stato apprezzato né da Yerevan né da Baku, che l’hanno accusato di parzialità. Fra i critici si annoverano anche giornalisti locali e perfino la società civile, malgrado le crescenti paure di un’altra guerra esistano eccome. Alcuni non sono rimasti sorpresi da questo atteggiamento. Fra loro c’è Georgi Vanyan, 47 anni, regista e attore teatrale armeno divenuto attivista per la pace nel movimento South Caucasus Integration: Alternative Start: “Spesso chi è coinvolto nelle iniziative di pace non ha interesse nella reale risoluzione del conflitto, perché perderebbe la propria visibilità”, dice. “Questo riguarda anche i mass media”.

Georgi Vanyan, il "traditore"

Vanyan non è nuovo alle polemiche. Alla fine del 2007, ad esempio, la sua organizzazione ha tenuto un’iniziativa dal titolo “Giorni dell’Azerbaijan” in una scuola di Yerevan. L’evento, finanziato dall’ambasciata britannica, non aveva precedenti nel paese imprigionato nell’eterno rancore per il vicino, ed era stato momentaneamente interrotto da un piccolo gruppo di blogger nazionalisti. "Questi eventi sono una fonte di reddito per Vanyan”, disse un sostenitore del governo, noto soprattutto per le sue campagne contro Azerbaijan, Georgia e Turchia e perfino contro le associazioni di donne in Armenia, che si spinse anche oltre: “Elementi come lui dovrebbero essere fatti sparire dalla circolazione”.

Commenti di questo tipo e minacce di morte non proprio velate non sono una novità per Vanyan. Si sono riproposti ad esempio lo scorso novembre, quando ha tentato di organizzare un festival di cinema non politico azero a Yerevan. L’evento è stato rimandato in seguito a minacce diffuse su Facebook e pressioni sui proprietari dei locali. Alla campagna hanno preso parte anche i media locali, che hanno efficacemente etichettato Vanyan come ‘traditore’. Gli sono state rinfacciate perfino le regolari interviste sui media azeri, nonostante non sia l’unico attivista armeno a parlare con i giornalisti della parte avversa. È però l’unico ad essere preso di mira. E nel 2010, quando la sola ambasciata britannica ha finanziato tre progetti [sul dialogo armeno-azero] per oltre 200.000 dollari l’uno, Vanyan non è stato fra gli assegnatari.

Forse quello che rende Vanyan diverso dagli altri attivisti è che, invece di accontentarsi di portare avanti le sue attività in villaggi vacanze od hotel a 5 stelle in terreno neutrale (come ad esempio in Georgia), si rivolge al pubblico generale. “Un approccio di chiusura porta conseguenze molto gravi”, spiega. “Armeni e azeri sono prima di tutto esseri umani e hanno un fondamentale desiderio di pace. Ciò che dobbiamo fare è rendere pubblico questo desiderio e dare inizio ad una discussione aperta. Invece di organizzare seminari, parliamo alle persone al mercato o nei centri culturali. Per questo speriamo che eventi come il nostro festival del cinema possano avviare una discussione nella società”.

Tekalo, villaggio per la pace

Il suo ultimo progetto, probabilmente il più interessante, è sostenuto da un piccolo gruppo di attivisti, intellettuali e giornalisti in Azerbaijan e Georgia. Ruota attorno a Tekalo, un piccolo villaggio georgiano a 29 chilometri dal confine tra Georgia e Armenia e a 10 chilometri dal confine con l’Azerbaijan. Popolato da azeri (la più consistente minoranza etnica in Georgia), vede però gruppi di armeni vivere nei villaggi e nelle città vicine. Ma c’è un problema: Tekalo, il vicino villaggio di Kachagan e la regione di Marneuli, sono aree impoverite che mancano delle infrastrutture necessarie per ospitare questo tipo di iniziative.

Georgi Vanyan (a destra) mentre incontra funzionari locali in una scuola di Tekalo, Georgia (Foto © Onnik Krikorian 2011)

Georgi Vanyan (a destra) mentre incontra funzionari locali in una scuola di Tekalo, Georgia (Foto © Onnik Krikorian 2011)

Vanyan risponde a questa obiezione sostenendo che proprio per questo è ancora più importante portare avanti questo progetto, di cui non beneficerebbe solo la popolazione azera in Georgia, ma anche i villaggi dove coabitano armeni e georgiani. Gli esempi di coesistenza pacifica nel Caucaso del sud sono citati raramente, e tanto meno promossi. Inoltre, non solo Tekalo è una meta facile ed economica da raggiungere, che riceve il segnale telefonico da tutti e tre i paesi coinvolti, ma potrebbe creare occupazione, cosa di cui c’è molto bisogno. Non stupisce, quindi, che le autorità locali (di etnia azera) siano orientate positivamente all’idea. Ad oggi, la popolazione di etnia azera e armena dell’area non ha altra scelta che cercare lavoro in Azerbaijan o in Russia.

“La creazione di un centro per la pace a Tekalo sarebbe il primo passo verso una zona di libera comunicazione per i cittadini dei tre paesi”, si legge in un comunicato stampa. “Questa proposta è basata sulla nostra ferma convinzione che il dialogo azero-armeno possa avvenire solo a condizione della rivitalizzazione della regione del Caucaso meridionale, del pensiero e dell’integrazione e sicurezza a livello regionale. La Georgia fa parte della regione e anzi ne è l’attore principale”, continua il comunicato, che invita anche altre organizzazioni della società civile a trasferire a Tekalo le proprie attività. Nel progetto rientrerebbe anche la riqualificazione delle infrastrutture locali come scuole, strade e centri culturali.

Vanyan sostiene anche che, per contrastare il pregiudizio dei media, Tekalo potrebbe anche diventare la base di una stazione radiofonica che trasmetta in tutti e tre i paesi. Nonostante nuovi media e social network offrano opportunità di comunicazione transfrontaliera, internet è infatti ancora poco diffuso, costoso e quindi inaccessibile per molte comunità rurali. Inoltre, l’idea di una “zona di pace” è stata realizzata in altre zone a rischio di conflitto nel mondo e promossa in conferenze internazionali. Così hanno fatto alcuni studenti armeni, azeri e georgiani in un simposio tenutosi alla George Mason University di Washington nel febbraio 2009.

Per il governo georgiano, il progetto potrebbe anche contribuire allo sviluppo regionale e all’integrazione delle minoranze nazionali. Tenendo conto di questo, Vanyan dice di aver già creato la ONG “Teqali Association” [Teqali è la denominazione armena di Tekalo, ndr)], con partner in Azerbaijan e Georgia e il sostegno di altri attivisti e organizzazioni della regione. L’iniziativa ha come obiettivo anche quello di incoraggiare la Georgia, in quanto attore centrale nella regione, a svolgere un ruolo più attivo nella risoluzione del conflitto fra Armenia e Azerbaijan. Rimane da vedere quante organizzazioni seguiranno, ma il primo evento è programmato per l’inizio di marzo.

Il coinvolgimento di partecipanti da Armenia, Azerbaijan e Georgia porterà probabilmente nuove critiche per Vanyan, soprattutto in Armenia, ma lui rimane impassibile. “La comunicazione non è tradimento”, ha detto a un giornale azero nel 2009. “Si tratta di un naturale bisogno umano”.

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