Il comico Zelensky e le elezioni in Ucraina
Dopo una lunga campagna elettorale si è svolto domenica scorsa il primo turno delle elezioni presidenziali in Ucraina. Nessuno dei candidati è riuscito a totalizzare più del 50% dei voti. Davanti è Volodymyr Zelensky. Un’analisi del voto
Nonostante molti dubbi sull’affidabilità dei sondaggi, questa volta non ci sono state sorprese clamorose nelle presidenziali tenutesi la scorsa domenica in Ucraina. Ora che tutti i voti sono stati conteggiati dalla Commissione elettorale , a guidare la corsa è, come previsto, il comico Volodymyr Zelensky con il 30,2% dei voti. Quasi il doppio rispetto al secondo candidato, il presidente uscente Petro Poroshenko che ha totalizzato il 15,95%. Sono loro, Zelensky e Poroshenko, ad uscire come vincitori, seppur parziali, del primo turno. E saranno loro a sfidarsi nel ballottaggio che si terrà il 21 aprile prossimo. Zelensky, nonostante la mancanza di esperienza in politica (o proprio grazie a questa mancanza) e ad un programma elettorale vago che potremmo definire populista, è riuscito a capitalizzare la crescente insoddisfazione dell’elettorato per una situazione economica precaria, per la mancanza di efficaci riforme del sistema e per la crescente corruzione nelle alte sfere della politica che coinvolge direttamente e indirettamente anche il presidente uscente.
Ad uscire sconfitta per l’ennesima e forse l’ultima volta è Yulia Tymoshenko, la passionaria della rivoluzione arancione e prigioniera politica durante il regime di Yanukovich. Lei, che ha guidato i sondaggi per buona parte della corsa elettorale, è riuscita a totalizzare solo il 13,4% dovendo arrendersi di fronte alla sorprendente crescita di Zelensky. Proprio di una possibile alleanza tra il comico e la passionaria in vista del secondo turno si vocifera ormai da giorni. Voci smentite dalla diretta interessata che durante una sua conferenza stampa ha sottolineato che non intende appoggiare nessun candidato. Data la natura della campagna e dell’elettorato di Yulia Tymoshenko, rimane difficile però credere che i suoi voti possano andare a rimpolpare il sostegno per Petro Poroshenko. Dopo la sconfitta la Tymoshenko ha scelto attentamente la sua nuova strada. Strada che porta direttamente alle elezioni parlamentari previste per fine ottobre.
Sconfitto, infine, anche Yuri Boyko, il candidato che è comunemente associato al Cremlino. Pur avendo vinto in molti distretti a Donetsk e Lugansk (cioè la parte delle due regioni che rimane sotto il controllo delle autorità di Kiev), Boyko ha totalizzato l’11,6% dei voti. Non abbastanza per impensierire la coppia in vetta, ma un risultato tutto sommato non del tutto negativo per un candidato che appena qualche giorno prima del voto era volato a Mosca per un consulto con Medvedev, il premier russo.
Cosa ci dice il primo turno
Anche se siamo solo a metà corsa, il primo turno offre numerosi spunti di riflessione. Il primo riguarda la regolarità del voto. Nonostante una campagna elettorale caratterizzata, soprattutto nella sua parte finale, da numerose irregolarità e tentativi di corruzione dell’elettorato, principalmente da parte di Poroshenko e Tymoshenko , il voto di domenica si è svolto in maniera trasparente, almeno per gli standard dei paesi dello spazio post-sovietico. A confermarlo non sono solo i report preliminari delle organizzazioni internazionali (Osce su tutte ), ma anche alcune analisi che guardano all’andamento del voto da un punto di vista statistico . Sì, ci sono stati alcuni problemi e rimangono dubbi sull’affluenza particolarmente alta nelle regioni di Donetsk e Lugansk. Tutto sommato però l’incidenza di questi fatti sul risultato finale sembra essere stata minima. Lo conferma, tra le righe, anche il comportamento di Yulia Tymoshenko che, dopo un primo tentativo di alzare i toni accusando di essere stata vittima di brogli, ha poi mestamente rinunciato a richiamare alla protesta i suoi elettori, accettando la propria sconfitta.
Secondo spunto, e più importante, il primo turno sembra confermare alcuni trend già emersi nel 2014, anno in cui però la situazione era molto più tesa con l’esistenza stessa del paese che sembrava sotto minaccia. La spaccatura tra l’elettorato ucrainofono e quello russofono, che ha storicamente caratterizzato la politica ucraina, sembra aver avuto meno incidenza che nel recente passato. Questo probabilmente grazie alla candidatura di Zelensky che, come dimostrano i risultati, con la sua retorica anti-establishment è riuscito ad attrarre consensi tanto a ovest quanto a est. Se è vero che il sostegno per il vincitore del primo turno è più forte nel sud-est, è altrettanto importante notare come sia riuscito a vincere anche nella maggioranza delle regioni occidentali del paese, considerate le roccaforti di Poroshenko e Tymoshenko. Anche se questo probabilmente non significa la scomparsa definitiva della divisione a livello regionale tra est e ovest del paese, la mappa elettorale sembra meno polarizzata rispetto alla vecchia dicotomia tra arancioni (filoeuropei) e azzurri (filorussi). La nuova linea di divisione è ora rappresentata dall’età. Forte è infatti il sostegno per Zelensky nell’elettorato più giovane, mentre i più anziani rimangono fedeli a Poroshenko
Il primato di Zelensky quindi non è solo la dimostrazione che l’idea di un paese mono-culturale e mono-linguistico, promossa con forza da Poroshenko negli ultimi anni, non abbia attecchito, ma anche del fallimento della divisiva campagna elettorale condotta dal presidente uscente. Poroshenko, infatti, con il suo motto ‘Lingua, Fede, Esercito’ si è presentato come il difensore dell’ucrainicità e come l’unico candidato pro-europeo, additando tutti gli altri come fantocci di Putin e del Cremlino. Strategia, tra l’altro, che ha continuato ad usare anche quando il risultato del primo turno era diventato chiaro nelle ore successive al voto, con i suoi sostenitori e ‘giornalisti’ fedeli (non solo in Ucraina!) che hanno continuato a spargere fango sugli elettori di Zelensky in televisione e sui social media .
Cosa aspettarsi per il secondo turno?
Le due settimane che ci separano dal secondo turno potrebbero di certo riservare sorprese. Zelensky, alle cui spalle sembra esserci il potente oligarca Igor Kolomoisky, sembra però il grande favorito. In parte per un dato puramente storico-statistico. Come affermano numerosi studiosi di elezioni, infatti, quando il candidato uscente perde il primo turno con circa la metà dei voti del vincitore, generalmente le possibilità di ribaltare il risultato nel secondo turno sono pressoché nulle . In Ucraina, inoltre, a dimostrazione di una grande volatilità elettorale, solo un presidente – Leonid Kuchma – era riuscito a farsi rieleggere per il secondo mandato (1994 e 1999).
Anche la situazione politica attuale non sembra però giocare in favore del presidente uscente. Poroshenko è il candidato con il più alto anti-rating (manifestazioni di ipotetico voto contrario) tra i principali protagonisti della campagna elettorale. Fattore che, considerando anche l’immagine di anti-establishment che si è costruito Zelensky, sembra difficilmente destinato a cambiare in pochi giorni.
Infine, anche la retorica polarizzante e divisiva adottata da Poroshenko sembra poter giocare ancora in favore di Zelensky. Nonostante i tentativi di presentare l’opponente come il ‘candidato di Putin’, Zelensky non è percepito come tale dalla maggioranza dell’elettorato. Semplicemente perché non lo è. Nonostante i non trasparenti legami con l’oligarcato, la retorica populista e la campagna elettorale vaga nei suoi contenuti, il comico Zelensky sembra poter continuare a cavalcare il malcontento generale nei confronti di Petro Poroshenko attraendo, con o senza accordi formali, anche l’elettorato di Yulia Tymoshenko.
Quello che sembrava solo uno scherzo qualche mese fa, il 21 aprile prossimo potrebbe diventare realtà. Un comico alla guida di un paese che rimane imprigionato nelle sue contraddizioni, con parte del territorio occupato dalla Russia e un conflitto che sembra ancora senza soluzione. Solo il tempo ci potrà dire se Zelensky rappresenta una vera novità, oppure solo un’altra puntata nella decennale guerra tra poteri forti, oligarchi e pressioni esterne.