I prodigi della città di N.

Ciò che poteva diventare fredda cronaca della transizione dal regime socialista al libero mercato o una semplice storia di spionaggio industriale, diventa con la penna di Robert Perišić una narrazione intensamente ironica e poetica. Recensione

08/11/2021, Franco Ungaro -

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In una città della ex Jugoslavia - foto di Gughi Fassino

"Questa vicenda racconta le persone vissute nel socialismo e quelle nel capitalismo, le vicissitudini di una piccola cittadina tra l’Oriente e l’Occidente". È raro trovare in modo così esplicito nel corpo stesso di un romanzo l’esplicitazione del tema o della trama. Con I prodigi della città di N. dello scrittore croato Robert Perišić pubblicato da La Bottega Errante ciò succede verso la fine del romanzo, quando si racconta il fallimento del progetto dei due cugini, Nikola e Oleg ex trafficante di armi, i quali avevano deciso di rimettere in piedi una vecchia fabbrica di turbine.

Ciò avviene in una città di confine della ex Jugoslavia e con le modalità dell’autogestione come ai tempi del socialismo, quando si organizzavano addirittura residenze artistiche per gli operai. "Vogliamo una classe operaia sorridente, come su un manifesto socialista". Tuttavia l’unica commissione di due sole turbine venuta da un Colonnello africano non va a buon fine e non va a buon fine l’operazione di collocare sul mercato dell’arte la turbina, venduta come installazione artistica in forma di merce e come ultimo artefatto del realismo socialista.

Ciò che poteva diventare fredda cronaca della transizione dal regime socialista al libero mercato o una semplice storia di spionaggio industriale, diventa con la penna di Robert Perišić una narrazione intensamente ironica e poetica che trasforma pensieri in emozioni, analisi del reale in racconto intimo e dramma interiore, dove passato e presente di una città e di una società, nel cambio di ideologie e tra una fede e l’altra, non assicurano quella felicità e quel benessere cui tutti aspirano.

Nella città di N. si muove una fitta schiera di perdenti e di assenti a se stessi, di sradicati e intrappolati, si ritrovano nel Blue Lagoon, un bar buio e vintage, in preda allo "shock postsocialista" e al tormento alla Nick Cave. Sono perdenti e sradicati l’ingegnere Sobotka abbandonato da moglie e figlie, Branoš ed Erol entrambi coinvolti in alcuni affari sporchi durante la guerra, l’ex operaio Slavko prigioniero della sua follia, le tante donne, quelle in fuga e quelle in cerca di amore, l’americano Michael con i suoi "sentimenti impossibili, privi di prospettiva, morti". Quel mondo e quel tempo passato era evaporato con la guerra eppure nessuno immaginava di poter essere diverso.

Il lavoro non è più gratificante di prima, il sesso, l’alcol, la coca e il cibo procurano l’euforia del momento ma non garantiscono la durata delle relazioni, il denaro non è mai abbastanza e l’alienazione trionfa, "l’amore non è tutto e la poesia non sopravvive quando due perdenti si agganciano". Soprattutto scorre a gonfie vele l’amletico dubbio che tiene i protagonisti avvinti fra di loro ma in bilico tra essere e apparire, tra verità e finzione, tra dimenticanza del passato e paura del futuro, tra il pensiero del reale e il reale-reale, tra maschera e autenticità, tra il mondo com’è e come lo vorremmo, tra illusione e realtà.

Il romanzo di Perišić traduce in straordinaria scrittura colta e raffinata (perfetta la traduzione italiana di Elvira Mujčić), quel sentimento di intangibilità, inevitabilità e immodificabilità del sistema che Realismocapitalista (2009) di Mark Fisher aveva così bene demistificato nelle sue tecniche di occultamento e che produce quel vuoto esistenziale che nessuno riesce a colmare, con le valvole di sicurezza che saltano. Ma è soprattutto la mancanza di sguardi e di slanci utopici che connota i non eroi di Perišić, consapevoli che "il futuro non esiste". "Tutti noi siamo impazziti per quel che è stato e che non è mai passato, perché ciò che è stato non significa che è passato. Il tempo passa, dicono, ma che ci può fare il tempo se alcune cose si sono incastrate e bloccate, e non si muovono, noi ce ne andiamo, ci allontaniamo nel tempo, ma loro rimangono là incastrate e devi andare nel passato, come in sogno, per poterle toccare, per poterle sbloccare come i macchinari della fabbrica".

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