Grecia: lotta per l’anima del fiume Acheloos
Un progetto faraonico, e per molti semplicemente folle: deviare il corso del fiume Acheloos, e farlo sfociare nell’Egeo, invece che nello Ionio, con l’obiettivo di irrigare le coltivazioni di mais e cotone della Tessaglia. Dopo le resistenze di Consiglio di Stato greco, UE e ambientalisti, sembrava messo definitivamente nel cassetto. Ora, invece, complice la crisi, torna di grande attualità
Il dio fiume si era messo il cuore in pace. I mortali avevano messo da parte il folle progetto di dirottare il suo corso, uguale da millenni fra le balze montuose del Pindo, giù giù a galoppare per 280 chilometri fra antichi tempietti sacri agli dei dell’Olimpo, fra chiesette bizantine, ponti di pietra ottomani e paesini di poche anime strette intorno al platano della piazza centrale. Ora invece, con la scusa di uscire dalla crisi economica, questi blasfemi pronipoti degli antichi greci hanno ritirato fuori quel piano sacrilego.
Provate a immaginare. E’ come se il fiume italiano Po, all’altezza di Cremona, cambiasse strada e, invece di scorrere come sempre verso l’Adriatico, si inabissasse in un tunnel sotto l’Appennino. Destinazione: mare Tirreno. Fantascienza? No, è quello che sta succedendo al maggiore fiume ellenico, l’Acheloos, che da quando, secondo la leggenda, è nato dal padre Oceano e dalla ninfa Teti, corre giù dalle montagne del Pindo fino alla laguna di Messolonghi, nel mare Ionio. Bene: da decenni lo vogliono dirottare nella pianura di Tessaglia, per irrigare i campi di mais e di cotone, e farlo sfociare nell’Egeo.
Per intenderci, finora l’Acheloos si è riversato sulla costa che guarda l’Italia, a lavori finiti il suo delta popolato da oltre 30 mila fra fenicotteri, aquile di mare, beccacce, anatre, pellicani, rane, tartarughe e avvoltoi monaci della laguna di Messolonghi, iperprotetta dall’Unione europea con il progetto Natura 2000 e dal trattato di Ramsat (che riguarda le zone umide) sarà prosciugato, mentre sul versante opposto l’acqua sommergerà interi paesini, ponti ottomani, rovine classiche e chiesette bizantine affrescate.
Un giro di 180° gradi su se stesso, grazie a una galleria di 18 chilometri già ultimata sotto la catena del Pindo, spina dorsale della Grecia, e una serie di dighe e laghi artificiali. Risultato? La deviazione farà morire di sete fenicotteri e compagni della laguna di Messolonghi sullo Ionio, e farà crollare l’agriturismo, il trekking e il cicloturismo che negli ultimi anni avevano ammaliato i vacanzieri in cerca di tranquillità, lontano dal solito binomio spiagge assolate-mare blu…
Fiume cambia strada
In questi giorni il dio fiume è preoccupato perché, nonostante sei divieti in fila del Consiglio di Stato ellenico, e la proibizione di continuare i lavori a rischio “disastro ambientale e del patrimonio storico-culturale” incassata dall’Unione europea negli anni Novanta, e ribadita in un parere del 2010 richiesto dal Consiglio di Stato stesso, ora i sostenitori a oltranza del progetto “fiume cambia strada”, complice la crisi economica, si sono fatti di nuovo sentire.
“Vogliono un settimo pronunciamento del Consiglio di Stato, questa volta estorto sotto il ricatto dell’emergenza generale”, spiega ad OBC Theodora Nantsu, direttrice del WWF Grecia e da anni oppositrice del progetto. “Come se distruggere due biotopi, quello di Messolonghi ma anche quello della Tessaglia, che non si riduce alla coltivazioni intensive, ma che comprende a sua volta un’altra regione protetta da Natura 2000, potesse risolvere i problemi drammatici della Grecia”.
I divieti degli anni Novanta emessi dall’Unione europea sono stati da allora raggirati spacciando la deviazione del fiume non come “opera idraulica finalizzata all’irrigazione” ma come “opera energetica”. In effetti tutte le dighe sono progettate per produrre in parte anche energia elettrica. Così i lavori sono continuati in sordina fino a due anni fa, quando la crisi ha imposto lo stop finale.
Già, ma ora con quale denaro il governo greco vorrebbe riprenderli? Servirebbero ben 452 milioni. “L’Europa ha già detto che si rifiuta di co-finanziare il progetto”, precisa il WWF “ e quindi saranno tutti fondi nazionali. Non è chiaro da dove proverranno: da un’ennesima manovra su stipendi e pensioni? Da investitori stranieri, visto che ora il Fondo monetario internazionale pretende le svendite di beni pubblici?”
Padre Senofonte: "Ci affidiamo alla Divina Provvidenza"
Intanto padre Senofonte, 62 anni, è l’unico sacerdote rimasto a guardia del venerabile monastero di San Giorgio a Myrofillo, paesino di 105 anime (e 200 capre) a 550 metri di altezza sul livello del mare e a pochi metri dall’attuale livello del fiume. Vicino, troppo vicino alla diga in costruzione a Sykia, alta 150 metri: da questo bacino artificiale l’Acheloos entrerà nel megatunnel sotto il Pindo per uscire allo scoperto a Drakoporta (“La porta del drago”), primo paese della pianura tessala. Quando i due bacini di Mesochora e di Sykia saranno pieni d”acqua, il comprensorio fra le due dighe sarà travolto: “Per anni abbiamo vissuto sotto assedio” ci racconta padre Senofonte, pronto a sfidare impavido la Grande Onda, “le ruspe fino a due anni fa ci assordavano. Poi il silenzio. Dice davvero che ora c’è il rischio che riprendano i lavori? Proprio adesso che dopo decenni di solitudine e di crisi delle vocazioni, nel monastero inglobato nella chiesetta, abbiamo aggiunto due nuove celle ed è arrivato un nuovo monaco! I politici, allora, ci avevano assicurato che intorno al nostro cenobio si sarebbe eretta una barriera di terra-cemento alta 30 metri, altrimenti saremo completamente sommersi. Ma già la diga che hanno costruito 35 chilometri più a nord, a Mesochora, mostra le prime crepe, prima ancora di essere riempita d’acqua. Cosa ne sarà di noi? E del ciclo di affreschi sulla Nascita della Vergine, del Seicento, restaurati nel 2000 insieme a tre celle del monastero, con un finanziamento dell’Unione europea equivalente a 50mila euro? Soldi buttati via? Io e mia moglie non ci muoviamo. Ci affidiamo alla Divina Provvidenza”.
Dimenticavamo di dirvi che padre Senofonte, avendo preso i voti a 35 anni quando era già sposato con la signora Maria, nove anni più di lui, per le regole della Chiesa cristiano-ortodossa ha potuto continuare a dormire nel talamo coniugale e a concepire un figlio dopo l’altro: tre ragazze e un ragazzo, per l’esattezza, che ora lavorano nel capoluogo della regione, Trikala. I novizi celibi invece non possono convolare a nozze. “Il monastero, che risale all’undicesimo secolo, ormai funziona solo per le messe dei fedeli, se non fosse per quell’unico monaco appena arrivato”, continua Padre Senofonte. “La crisi economica? Certo che ci ha colpiti anche qui. Il mio stipendio, pagato dallo Stato, da 1300 euro al mese è passato a 750 euro. Meno male che i miei figli sono già adulti e lavorano. Per il riscaldamento andiamo avanti con la stufa a legna, come la maggior parte degli abitanti della regione. Il gasolio da riscaldamento e la benzina costano ormai troppo: pensi che per Natale di solito tornavano gli emigrati da Atene al paesello natio, accoglievamo fino a 200 persone alla messa di fine anno. In questi giorni di feste è già tanto se, oltre ai nostri 20 fedeli fissi, se ne aggiungeranno altri 40 da Trikala, da Arta e pochissimi da Atene. Viaggiare costa. Se poi ricominceranno con quel folle progetto di deviare il fiume, sarà una tragedia”.
In pericolo un angolo di Grecia lontano dal turismo di massa
Ma la chiesa di San Giorgio non è l’unico monumento a rischiare di finire sott’acqua: “Sul torrente Arentio, che sfocia nell’Acheloos, abbiamo un antico ponte che i viandanti attraversano dall’anno di grazia 1240”, ci fa la lista Giorgio Raptis, presidente della comunità di Myrofillo, 1400 abitanti sparsi in cinque frazioni. Poi, nella località Varghiània, in riva al fiume, ci sono le rovine di un tempio del quinto secolo avanti Cristo, e tombe del decimo secolo a.C. Pochi chilometri più in là, a Diaselo, gli archeologi hanno trovato case e monete del tempo di Alessandro Magno. Per non contare i paesini che saranno spazzati via, interamente o in parte. Dai nomi suggestivi: Milotopos (il Posto delle mele), San Giorgio, Fteri (“Ala”), Platania, Neraida (“Ninfa”).
Qui non siamo nella Grecia assalita e sfregiata dal turismo di massa, qui al massimo si pratica il trekking nei boschi e il rafting nell’Acheloos dove nuotano le trote. Resistono paesini abbarbicati intorno a una piazza con al centro un platano o un castagno millenario, con i vecchietti a giocare a tavli, (una specie di backgammon) davanti a un bicchiere di acqua e ouzo. Nella piazza di Mesochora, per esempio, vicino alla prima diga già completata (alta 135 metri), vediamo disegnata una linea rossa sopra l’insegna dell’unico caffè, con la scritta ‘metri 785’: “Lì arriverà il livello del nuovo Acheloos quando riempiranno il bacino artificiale” ci spiega Raptis. Insieme al caffè, saranno inghiottiti l’ufficio postale e un terzo delle 400 case disseminate sul fianco della montagna fra i 600 e i 900 metri d’altitudine. Sul municipio gli abitanti inferociti hanno appeso uno striscione: “Mesochora vivrà”.
In gioco i voti degli agricoltori di Tessaglia
In attesa della grande Onda che sembrava scongiurata, sulle cime a picco sulla stretta valle, alte fino a 2000 metri, orsi, lupi, falchi e caprioli stanno a guardare. Il livello dell’Acheloos si innalzerà fra due anni, se i programmi saranno rispettati. Ma a che pro? Per irrigare dai 240mila attuali fino a 380mila ettari della pianura tessala, dicevamo. Il mais e il cotone, coltivato laggiù, sono una delle maggiori risorse dell’economia greca. ”Peccato che portarvi l’acqua servirà a ben poco”, spiega Vassilis Dorovinis, presidente della Hellenic Society for the Protection of the Environment and Cultural Heritage, che insieme al WWF greco, a Greenpeace e a BirdLife International lotta da anni contro il megaprogetto.
“L’Unione europea non vuole più sovvenzionare le coltivazioni intensive come il cotone, né aumentare la produzione agricola ellenica, a favore delle ‘quote’ di altri Stati. Inoltre gli sprechi d’acqua nel sistema d’irrigazione in Tessaglia sono enormi. Portarne altra peggiorerà solo il problema”. Gli ambientalisti hanno così trascinato il governo di Atene davanti al Consiglio di Stato per “catastrofe ambientale e spregio delle direttive UE sull’equilibrio idro-ecologico”: la massima Corte ellenica ha dato loro ragione per ben cinque volte dal 1994 a oggi, l’ultima nel gennaio 2006, bloccando ogni volta i cantieri. Tanto è vero che l’UE si rifiuta di finanziare la deviazione dell’Acheloos.
Già nel 2007, però, il ministro dell’Ambiente e dei Lavori pubblici (già accoppiare questi due dicasteri è tutto un programma) era tornato alla carica ordinando la ripresa dei lavori, con lievi modifiche al progetto iniziale: per esempio solo il 40 per cento delle acque del fiume saranno deviate, “salvo in casi di emergenza idrica delle città e degli insediamenti agricoli”. E visto che anche in Grecia il clima è cambiato e quest’anno ha piovuto l’80 per cento in meno rispetto alla media del passato, l’emergenza si preannuncia costante.
Non solo. “Hanno avuto la faccia tosta di dire che le acque dell’Acheloos serviranno a rendere meno inquinate quelle del fiume tessalo Pinaios, soffocato dalle sostanze chimiche usate per i campi!” segnala Elena Nantsu del WWF ateniese. “Il vero motivo di questa follia? La miniera di voti dei contadini e la lobby dell’edilizia”, continua Dorovinis “Per questo in Grecia sia il partito socialista sia quello di centro-destra, ora al governo, si sono sempre accordati su questo progetto sciagurato. Ci vorrebbe uno Zapatero anche da noi: lui sì che aveva bloccato la progettata deviazione del grande fiume Ebro, dal nord all’arido sud della Spagna. Spiegando che, con gli stessi soldi, si possono costruire 20 impianti di desalinizzazione del mare a scopo agricolo”. Gli ambientalisti ellenici vogliono portare avanti la loro battaglia. Ma le ruspe avanzano a pieno ritmo.
Per il ministero dei Lavori Pubblici "un’opera ecologica"
Ma perché insistere a violentare un fiume? “Questa grande opera è soprattutto ecologica”, ci hanno risposto al ministero dei Lavori Pubblici, “la diga di Sykia produrrà energia verde idroelettrica per 296 GWh l’anno. Lo stesso faranno anche le dighe più piccole previste all’ingresso in Tessaglia: a Pefkofyto (360 GWh l’anno), a Mouzaki (245 GWh) e a Mavromati (56 GWh). Il tutto costerà 220 milioni di euro, di cui 110 già spesi. Nel budget, sono compresi anche 40 milioni di euro per distribuire l’acqua nella pianura tessala, ma anche per costruire lo sbarramento a difesa del monastero di san Giorgio a Myrofillo”.
Proprio questa barriera è una delle pietre dello scandalo: “Non reggerà, sarebbe stato meglio spostare il cenobio più in alto sulla montagna”, precisa Velisarios Voutsas, architetto di fama. “A tutt’oggi al ministero non c’è traccia di un progetto su come verrà costruito il terrapieno”, aggiunge Dorovinis.
E mentre padre Senofonte a Myrofillo si affida alla Divina Provvidenza in attesa del Diluvio, più a sud, nel delta dell’Acheloos, uomini e animali aspettano la Grande sete: “Qui non piove da mesi, il livello del lago di Kremastì, attraversato dall’Acheloos, è già sceso di 4 metri”, racconta Dimitris Limburidis, medico nella cittadina di Agrinio. “Cosa succederà quando da noi arriveranno, se va bene, la metà delle acque del fiume? Il nostro biotopo, unico nel Mediterraneo, sarà distrutto. Perché la laguna di Messolonghi, protetta dal mare da isole di sabbia e canneti, diventerà molto più salata. Risultato? Le conchiglie, i microrganismi d’acqua dolce di cui si nutrono gli insetti moriranno. E gli uccelli che vengono a svernare, 200 specie di cui molte rarissime, non troveranno più cibo. Per non parlare dei danni economici: la nostra regione ha scommesso sull’ecoturismo. E secondo la Dei (l’Enel greca) avremo meno energia idroelettrica per un totale di tre milioni di euro l’anno”.
Il dio fiume saprà lottare ancora?
Proprio qui, a Messolonghi, nel 1821 c’è stato un importante assedio dei greci che lottavano per l’indipendenza dall’Impero ottomano: insieme a loro ha combattuto Lord Byron, che qui ha voluto fosse seppellito il suo cuore. “Non ci arrenderemo neanche adesso!” minaccia Lamburidis. Intanto, l’Acheloos continua ad attraversare la Grecia. Povero fiume: lo faranno scendere agli Inferi con un tunnel, lui che era rispettato dagli antichi come un dio.
Il dio fiume, figlio di Oceano si era innamorato della moglie di Ercole, Deianira, e per conquistarla aveva combattuto con il Rambo della mitologia greca, trasformandosi in toro e in serpente: per questo il suo alveo è così tortuoso. Saprà battersi anche questa volta?